Ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2024
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Il melanoma cutaneo è un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti, alcune delle cellule che formano la pelle.
La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo ed è formata da 3 strati: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo o grasso. I melanociti fanno parte, insieme ai cheratinociti, dell’epidermide e hanno il compito di produrre melanina, un pigmento che protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari e che permette alla pelle di abbronzarsi quando ci si espone al sole. In condizioni normali i melanociti possono dar luogo ad agglomerati scuri visibili sulla superficie della pelle e noti come nei (nevi è il termine medico).
L'oncologo medico Licia Rivoltini parla del melanoma cutaneo e dei progressi della ricerca su questa malattia.
Il melanoma cutaneo è piuttosto raro nei bambini e colpisce maggiormente con l’avanzare dell’età, anche se l’età media alla diagnosi si è abbassata negli ultimi decenni. Rappresenta, infatti, uno dei tumori più comuni tra i giovani adulti con meno di 30 anni.
In Italia è il terzo tumore più frequente al di sotto dei 50 anni in entrambi i sessi e nel 2023 sono state stimate circa 12.700 nuove diagnosi, di cui 7.000 tra gli uomini e 5.700 tra le donne.
È opportuno ricordare che il melanoma cutaneo rappresenta solo una piccola percentuale (circa il 5 per cento) di tutti i tumori che colpiscono la pelle ma è certamente il più aggressivo.
Il principale fattore di rischio per il melanoma cutaneo è l’esposizione eccessiva e ripetuta alla luce ultravioletta (UV), che arriva fino a noi sotto forma di raggi UVA e UVB, ed è principalmente veicolata dai raggi del sole. Esporsi troppo al sole, soprattutto in età precoce, rappresenta un pericolo, perché può danneggiare il DNA delle cellule della pelle e innescare la trasformazione tumorale, il che molti anni dopo può portare all’insorgenza del melanoma. È importante ricordare che anche le lampade e i lettini solari sono sorgenti di raggi ultravioletti e devono quindi essere utilizzati il meno possibile, possibilmente mai, comunque con creme solari.
Altri fattori di rischio noti sono l’insufficienza funzionale del sistema immunitario (dovuta, per esempio, ad alcune malattie, a precedenti chemioterapie o a trapianti) e alcune malattie ereditarie (per esempio lo xeroderma pigmentoso, nel quale non si riesce a riparare i danni al DNA causati dalle radiazioni). Il rischio è maggiore negli individui caucasici (di pelle bianca) e aumenta anche nelle persone con lentiggini o con molti nei, in quelle con occhi, capelli e pelle chiara, che hanno riportato molte scottature solari soprattutto se in età pediatrica. Altri fattori di rischio importanti sono avere un parente stretto colpito da questo tumore o avere avuto un precedente melanoma cutaneo o un diverso tipo di tumore della pelle, come il carcinoma a cellule squamose e il carcinoma basocellulare. Esiste inoltre la possibilità, anche se rara, di aver ereditato da un genitore alterazioni in alcuni geni che possono predisporre allo sviluppo del melanoma.
I melanomi cutanei originano sia su una cute integra sia da nevi preesistenti, quindi che sono presenti fin dalla nascita (congeniti) o dalla prima infanzia; o possono svilupparsi da nevi che compaiono durante il corso della vita (acquisiti).
Dal punto di vista clinico, si distinguono 4 tipi di melanoma cutaneo: melanoma a diffusione superficiale (il più comune, rappresenta circa il 70 per cento di tutti i melanomi cutanei), lentigo maligna melanoma, melanoma lentigginoso acrale e melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta circa il 10-15 per cento dei melanomi cutanei). A differenza dei primi 3 tipi, che hanno inizialmente una crescita superficiale, il melanoma nodulare invade il tessuto in profondità sin dalle sue prime fasi.
Il segno principale del melanoma cutaneo è il cambiamento nell’aspetto di un neo o la comparsa di uno nuovo. Le caratteristiche di un neo che possono indicare l’insorgenza di un melanoma sono riassunte nella sigla ABCDE:
Tra gli altri campanelli d’allarme che devono essere valutati da un medico vi sono un neo che sanguina anche minimamente, che prude o che è circondato da un nodulo o da un’area arrossata.
Alcuni comportamenti possono ridurre il rischio di sviluppare tumori della pelle. È fondamentale innanzitutto esporsi al sole in maniera moderata fin dall’età infantile, evitando le ustioni. In generale bisogna proteggere la pelle non esponendosi direttamente al sole durante le ore più calde (tra le 10 e le 16) ed evitando o riducendo al minimo l’uso di lampade o lettini abbronzanti. Sotto il sole è consigliabile indossare indumenti che proteggono dai raggi ultravioletti, cappelli e occhiali da sole e usare creme protettive contro i raggi UVA e UVB con un alto fattore di protezione solare (detto SPF), da applicare nella quantità raccomandata, più volte e a intervalli regolari e dopo essersi bagnati, in modo da assicurare una copertura continua.
Queste attenzioni vanno riservate soprattutto ai bambini, molto sensibili alle scottature: il processo di trasformazione tumorale è molto lungo e spesso può derivare da un’alterazione che è avvenuta in età pediatrica.
È inoltre necessario controllare periodicamente l’aspetto dei propri nei, sia consultando il dermatologo, sia autonomamente guardandosi allo specchio e facendosi guardare da un familiare nei punti non raggiungibili col proprio sguardo.
La diagnosi precoce del melanoma cutaneo non dipende solo dal medico: un auto-esame periodico della pelle permette in molti casi di identificare cambiamenti dei nei e di rivolgersi per tempo al dermatologo.
Lo specialista effettua, in primo luogo, una visita completa nella quale valuta la storia familiare e la presenza di segni e sintomi tipici del melanoma cutaneo. L’esame visivo della pelle è reso più accurato grazie all’uso dell’epiluminescenza, una speciale tecnica di ingrandimento e illuminazione della pelle. La diagnosi certa di melanoma cutaneo richiede, però, una biopsia, in cui la lesione sospetta viene prelevata e poi analizzata al microscopio.
Inoltre, grazie a specifiche analisi sul campione di tessuto, è possibile identificare la presenza di mutazioni molecolari tipiche di alcune forme di melanoma cutaneo utili a definire prognosi e trattamento. Esami di diagnostica per immagini come radiografia del torace, TAC, PET e risonanza magnetica sono utili a stabilire se e dove la malattia si è estesa.
I melanomi cutanei sono in genere classificati in 4 stadi: da I a IV, mentre lo stadio 0 indica il melanoma in situ, che interessa solo lo strato superiore della pelle. Questi vengono definiti sulla base del sistema per la stadiazione dei tumori chiamato classificazione TNM, che tiene conto delle caratteristiche del tumore come lo spessore, la velocità di replicazione delle cellule tumorali, la presenza di ulcerazioni (T), il coinvolgimento dei linfonodi (N) e la presenza di eventuali metastasi (M).
È importante ricordare che la prognosi può essere molto diversa in base allo spessore della lesione: è ottima per melanomi di dimensioni inferiori a 1 millimetro e peggiora progressivamente con l’aumentare dello spessore.
Sono molte le opzioni di trattamento per il melanoma cutaneo.
La prima scelta è in genere la chirurgia, che spesso riesce a curare definitivamente la malattia in fase iniziale. L’entità dell’intervento dipende dallo stadio del melanoma: in genere si asporta anche una parte di tessuto sano attorno a quello malato, in modo da essere sicuri di eliminare tutte le cellule tumorali (si parla di margini operatori liberi). Dopo l’asportazione si analizza al microscopio il tessuto circostante e nel caso in cui si osservi la presenza di cellule tumorali in queste aree si procede con un nuovo intervento per rimuovere altro tessuto. In alcuni casi vengono rimossi chirurgicamente anche i linfonodi “sentinella”, ovvero i primi a ricevere linfa direttamente dal tumore. Se questi contengono cellule tumorali, vengono asportati tutti quelli dell’area interessata o in alternativa può essere instaurato un trattamento medico preventivo. La chirurgia, inoltre, può essere utile a rimuovere eventuali metastasi.
Negli ultimi anni lo sviluppo dell’immunoterapia e della terapia a bersaglio molecolare ha praticamente azzerato l’utilizzo della chemioterapia nella malattia avanzata e aperto nuove prospettive di cura in uno scenario articolato e sempre più personalizzato per ogni paziente. Sono in corso studi che valutano la combinazione delle terapie, la loro sequenza o l’integrazione con altri trattamenti disponibili (per esempio chirurgia e radioterapia).
Nella pratica clinica la scelta del trattamento dipende dall’estensione della malattia, dalla necessità o meno di una rapida risposta, dalla possibilità di ottenere risposte durevoli, da eventuali patologie concomitanti nonché dalle preferenze dei pazienti.
Nell’ambito dell’immunoterapia, i farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento del melanoma sono i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunologici, in grado in alcuni casi di ripristinare la risposta immunitaria dell’organismo contro le cellule tumorali.
In caso di terapie mirate che utilizzano farmaci diretti contro mutazioni specifiche nel DNA (per esempio quelle nei geni BRAF, MEK o c-KIT), la scelta dipende dalla presenza di tali mutazioni nelle cellule tumorali.
La radioterapia è utilizzata in alcuni casi specifici, per esempio in presenza di metastasi ossee oppure cerebrali sintomatiche, a scopo terapeutico integrato con altri trattamenti, oppure come palliativo dei sintomi.
Esistono anche terapie dette loco-regionali che consistono nel somministrare farmaci in dosi particolarmente elevate in aree che è possibile isolare dal resto dell’organismo, per esempio gli arti. Nel caso del melanoma le più usate sono la perfusione isolata dell’arto e l’elettro-chemioterapia.
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe