Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023
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Il linfoma non-Hodgkin (LNH) è un tumore che ha origine dai linfociti B o dai linfociti T presenti nel sistema linfatico. Questo sistema è costituito dagli organi linfoidi primari e secondari, dalla rete dei vasi linfatici, e dalla linfa. Gli organi linfoidi primari sono timo e midollo osseo, mentre gli organi linfoidi secondari sono milza e linfonodi. La principale funzione del sistema linfatico è la difesa dell’organismo dagli agenti esterni e dalle infezioni.
Il LNH, così chiamato per distinguerlo dal linfoma di Hodgkin, si sviluppa nei linfonodi o in altri organi e sistemi, tra cui stomaco, intestino, fegato, osso e, più raramente, cute e sistema nervoso centrale.
I LNH sono un gruppo eterogeneo di tumori che colpiscono in genere la popolazione adulta e anziana: oltre la metà dei LNH riguarda persone con più di 65 anni.
In Italia rappresentano circa il 3 per cento di tutte le neoplasie. Le stime dei registri tumori AIRTUM per il 2022 parlano di 8.100 nuovi casi tra gli uomini e di 6.300 tra le donne. L’incidenza è pressoché stabile e le possibilità di guarire sono del 24 per cento circa per gli uomini e del 30 per cento per le donne.
I fattori di rischio per questa malattia sono noti solo in parte. Tra quelli non modificabili ci sono l’età e il sesso: il LNH è infatti più comune tra gli adulti, in particolare dopo i 65 anni, e gli uomini sono in genere più a rischio delle donne (anche se alcuni tipi di LNH sono più frequenti nelle donne).
Il rischio di LNH aumenta con l’esposizione a radiazioni ionizzanti (per esempio per trattamenti medici precedenti) o a sostanze chimiche come erbicidi e insetticidi e in tutti i casi in cui il sistema immunitario è compromesso (es. infezione da HIV, AIDS, malattie autoimmuni, terapie con farmaci antirigetto dopo un trapianto ecc.).
L’infezione da virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi infettiva, può aumentare il rischio di LNH e lo stesso vale per l’infezione da Helicobacter pylori, da virus dell’epatite C e da altri microorganismi a causa dei quali il sistema immunitario è costantemente stimolato.
Esistono molti tipi diversi di LNH. In passato sono stati sviluppati numerosi sistemi di classificazione basati soprattutto sull’aspetto che le cellule tumorali presentano quando vengono osservate al microscopio. In anni recenti, con l'avvento di metodi d’indagine più sofisticati, sono state proposte nuove classificazioni, come quella suggerita dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che individua oltre 70 sottotipi di LNH.
La prima distinzione dei LNH viene fatta tra i linfomi che derivano dai linfociti B (80-85 per cento dei casi), quelli che derivano dai linfociti T (15-20 per centro) e quelli che derivano dalle cellule NK (rari). Ogni categoria è ulteriormente suddivisa in numerosi sottogruppi che tengono conto, tra le altre cose, della velocità di crescita delle cellule tumorali (aggressività della malattia), del loro aspetto al microscopio, delle molecole che esprimono e delle caratteristiche genetiche.
I LNH vengono distinti in linfomi indolenti, che crescono lentamente, e in aggressivi, che progrediscono rapidamente. Il LNH indolente più frequente è il linfoma follicolare (FL), mentre il linfoma aggressivo più comune è il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL).
Molto spesso il LNH si presenta con un ingrossamento dei linfonodi (nel collo, all’inguine o in altre sedi). È importante ricordare che nella maggior parte dei casi l’ingrossamento dei linfonodi non è causato dal linfoma, ma da infezioni che vengono combattute dal sistema immunitario, poiché è proprio l’attività antinfettiva a provocarne l’ingrossamento. Quando si presenta a livello addominale, il linfoma può causare gonfiore e ingrossamento degli organi coinvolti, come per esempio la milza o lo stomaco, di conseguenza possono insorgere nausea o senso di pressione e di pienezza anche dopo aver mangiato poco. Se la malattia riguarda il torace si possono manifestare tosse, dolore al petto e difficoltà a respirare. I linfomi cerebrali causano spesso mal di testa, debolezza di alcune parti dell’organismo e disturbi neurologici come la difficoltà di parola. Altri sintomi meno specifici del LNH sono febbre, sudorazioni notturne, perdita di peso, prurito, stanchezza e mancanza di appetito.
Non è possibile prevenire l’insorgenza dei linfomi, se non evitando l’esposizione ai pochi fattori di rischio noti, tra cui il virus di Epstein-Barr, HIV, sostanze chimiche, radiazioni e in generale ai fattori di rischio comuni a diversi i tipi di cancro come obesità e sovrappeso.
In presenza di sintomi che possono far pensare a un LNH, è fondamentale rivolgersi al medico che, dopo una serie di domande per conoscere la storia clinica personale e familiare, eseguirà anche una visita accurata per verificare la presenza di segni tipici della malattia. Se lo riterrà opportuno prescriverà esami di approfondimento.
La biopsia dei linfonodi, e cioè il prelievo di tessuto dai linfonodi che verrà successivamente analizzato al microscopio, è l’esame fondamentale per arrivare a una diagnosi di LNH. Oggi, oltre al classico esame al microscopio, i campioni prelevati con la biopsia vengono utilizzati per test molecolari che permettono di caratterizzare in modo estremamente preciso il tipo di malattia. A volte viene richiesta anche una puntura lombare per vedere se ci sono cellule di linfoma nel fluido cerebrospinale.
Anche l’esame del sangue può aiutare a completare la diagnosi, dal momento che in caso di LNH si possono riscontrare livelli anomali di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine, oltre che un aumento dei livelli di lattato deidrogenasi (LDH). Per studiare l’estensione della malattia e per seguire nel tempo la sua evoluzione e l’efficacia della terapia, si utilizzano esami di diagnostica per immagini: radiografie, ecografia, tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica e tomografia a emissione di positroni (PET).
La stadiazione del tumore è il processo che permette di definire quanto la malattia è diffusa nell’organismo ed è fondamentale per scegliere i trattamenti più indicati.
Per la stadiazione del LNH si utilizza in genere il sistema di classificazione di Ann-Arbor/Cotswolds che distingue quattro stadi di malattia (indicati con i numeri romani I, II, III e IV) sulla base di diversi parametri, tra cui il numero di linfonodi coinvolti, le sedi di malattia e la presenza o assenza di segni generali come la febbre, la perdita di peso e le sudorazioni notturne.
È molto utilizzato anche l’indice prognostico internazionale (IPI), un metodo di classificazione basato su cinque criteri: età, stadio della malattia, estensione della malattia al di fuori del sistema linfatico, performance status (capacità di svolgere le attività quotidiane) e livello di lattato deidrogenasi.
La scelta del trattamento dipende da diversi fattori, tra cui il tipo e lo stadio del LNH, l'età dei pazienti e le condizioni di salute generali. La terapia dei LNH si basa sulla polichemioterapia, la radioterapia e l’immunoterapia. Proprio quest’ultima con anticorpi monoclonali anti-CD20, come il rituximab, riveste un ruolo sempre più importante nel trattamento dei LNH che hanno origine dai linfociti B. Questi anticorpi riconoscono in modo selettivo una molecola presente sulla superficie delle cellule (CD20) e ne inducono la distruzione. La combinazione di un regime polichemioterapico con l’immunoterapia con anticorpi anti-CD20 è una strategia molto utilizzata.
Se la malattia non risponde al trattamento o se si ripresenta dopo una fase iniziale durante la quale scompare, è possibile ricorrere al trapianto di cellule staminali autologo (con cellule prelevate dallo stesso paziente) o allogenico (con cellule provenienti da un donatore compatibile). Prima del trapianto si utilizza una dose molto elevata di chemioterapia che distrugge le cellule del linfoma, ma anche quelle sane del midollo, che verranno poi sostituite da quelle trapiantate.
Nel caso di alcuni sottotipi di LNH a cellule B, tra cui DLBCL e linfoma follicolare, se il tumore non è sensibile ai trattamenti standard o si ripresenta dopo la terapia standard, da pochi anni è possibile ricorrere all’immunoterapia con cellule CAR-T. Le CAR-T sono prodotte dai linfociti T dei pazienti e, grazie all’ingegneria genetica, vengono equipaggiate con la proteina CAR (recettore chimerico antigenico). Tale molecola induce il riconoscimento specifico delle cellule tumorali da uccidere, una volta che le cellule così modificate vengono iniettate nel paziente.
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Agenzia Zoe