Ultimo aggiornamento: 4 dicembre 2023
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Il coriocarcinoma di origine gestazionale è un tumore maligno raro che può svilupparsi nell’utero dopo qualsiasi gravidanza, ossia dopo una gravidanza normale o ectopica (gravidanza extrauterina), un aborto spontaneo o volontario oppure una gravidanza molare.
La gravidanza molare o mola vescicolare (chiamata anche mola idatiforme) è una forma benigna di tumore del trofoblasto, il tessuto da cui l’embrione trae nutrimento e che dà origine alla placenta. La mola vescicolare è il risultato di una fecondazione anomala in cui la placenta cresce in modo abnorme, con la formazione di vescicole piene di liquido, e ostacola la formazione dell’embrione. In rari casi la mola vescicolare può evolvere in coriocarcinoma.
Le forme maligne di tumori del trofoblasto comprendono, oltre al coriocarcinoma, il tumore trofoblastico del sito placentare e il tumore trofoblastico epitelioide.
Il coriocarcinoma di origine gestazionale è stato il primo tumore solido a essere curato con la chemioterapia e oggi la maggior parte delle pazienti guarisce anche quando la malattia ha già dato delle metastasi.
Il coriocarcinoma di origine gestazionale è un tumore raro: le stime parlano di un caso ogni 25.000-45.000 gravidanze. La mola vescicolare invece è più frequente: in Italia si verifica circa un caso ogni 1.200-1.500 gravidanze.
Le malattie del trofoblasto sono più comuni nei Paesi asiatici piuttosto che in Europa o negli Stati Uniti d’America.
Tra i fattori che predispongono a una mola vescicolare, che a sua volta è un fattore di rischio per il coriocarcinoma, i più significativi sono l’età, dato che questo tipo di patologia è più comune prima dei 20 anni e dopo i 40, e una precedente gravidanza molare. I risultati di alcuni studi, per esempio quelli pubblicati sulla rivista Lancet nel 2010, indicano che il rischio di tumori del trofoblasto sia più alto per le donne che hanno il menarca (le prime mestruazioni) dopo i 12 anni, che hanno flussi mestruali scarsi e che hanno usato contraccettivi orali.
Non bisogna confondere il coriocarcinoma di origine gestazionale con il coriocarcinoma dell’ovaio (un tumore a cellule germinali): sono malattie diverse che richiedono trattamenti differenti.
La mola vescicolare è spesso asintomatica e viene diagnosticata solo grazie all’esame istologico di un aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza oppure nel corso di una ecografia di controllo durante le prime settimane di gravidanza. Qualora vi siano sintomi, il più frequente è la perdita ematica, manifestazione tipica della minaccia d’aborto. Altri sintomi, molto frequenti anni fa e rari oggi, sono nausea e vomito molto accentuati, la presenza di cisti ovariche e le dimensioni dell’utero più grandi rispetto a quelle tipiche della settimana di gestazione.
Uno dei sintomi più comuni del coriocarcinoma gestazionale è rappresentato da perdite di sangue anomale a livello uterino, non legate al ciclo mestruale o che proseguono a lungo dopo una gravidanza.
In un terzo dei casi i sintomi di un coriocarcinoma che insorge dopo una gravidanza non molare sono determinati dalla sede delle metastasi. Se la neoplasia si estende oltre l’utero e ha dato origine a metastasi, si possono osservare anche sintomi legati all’organo colpito: tosse, dolore al torace e difficoltà a respirare se la malattia ha raggiunto i polmoni; mal di testa, vomito, convulsioni e paralisi in alcune aree del corpo se la malattia ha interessato anche il cervello.
Non esistono strategie di prevenzione efficaci per questo tipo di tumore particolarmente raro.
Le patologie del trofoblasto sono caratterizzate dalla produzione di gonadotropina corionica umana (hCG), l’ormone della gravidanza che, sia in caso di mola vescicolare sia di coriocarcinoma, può raggiungere livelli molto alti.
Spesso la mola vescicolare viene diagnosticata quando una gravidanza si interrompe al primo trimestre e si analizza il materiale recuperato con lo svuotamento dell’utero. Più raramente è identificata durante le prime ecografie di routine. Dopo la diagnosi di mola vescicolare e la rimozione del materiale molare dall’utero è importante monitorare le pazienti attraverso dosaggi ripetuti di hCG. Se il livello scende fino a rientrare nella norma, come accade in più dell’80 per cento dei casi, non sono necessari ulteriori trattamenti. Se il monitoraggio della beta HCG mostra invece valori in aumento o costanti (plateau), è necessario un trattamento chemioterapico.
In caso di gravidanza non molare, la diagnosi del coriocarcinoma è spesso difficile e tardiva. Il coriocarcinoma, infatti, si può sviluppare anche dopo anni dalla maternità e diffondersi rapidamente.
Nelle donne in età fertile con perdite ematiche dai genitali andrebbe effettuato un dosaggio della beta hCG. Se l’ormone è elevato in assenza di una gravidanza attiva, deve essere sospettato un coriocarcinoma di origine gestazionale. Bisogna sospettare questo tumore anche quando a una giovane donna sono diagnosticate metastasi in assenza di un tumore primario evidente.
La presenza di concentrazioni elevate di beta HCG è in genere sufficiente a fare la diagnosi. Per approfondire si eseguiranno poi degli esami di diagnostica per immagini, in particolare l’ecografia pelvica e la radiografia del torace (poiché le metastasi spesso insorgono nei polmoni) ed eventualmente la tomografia computerizzata (TC) total body e la risonanza magnetica (RM) cerebrale, per scoprire dove e quanto la malattia è diffusa nell’organismo.
Il coriocarcinoma gestazionale può dare metastasi, più frequentemente ai polmoni, ma anche in altre sedi come milza, rene, fegato e cervello.
Al fine di stabilire il trattamento più appropriato, la malattia viene classificata come ad alto o a basso rischio in base ad alcuni fattori che influenzano la prognosi. Il sistema di classificazione della Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia (FIGO) assegna un punteggio da 0 a 4 per ciascuno dei seguenti 8 parametri: età della paziente, tipo di gravidanza (a termine, molare, aborto), tempo trascorso tra la fine della gravidanza e la diagnosi della malattia, concentrazione di hCG nel sangue, numero di metastasi, organi colpiti dal tumore, dimensione del tumore e precedente chemioterapia. Se il punteggio totale è compreso tra 0 e 6, ci sono alte probabilità che la malattia risponda al trattamento con un solo farmaco chemioterapico (malattia a basso rischio); se è superiore a 7 è probabile che sia resistente alla monoterapia e sia necessario usare una combinazione di farmaci chemioterapici (malattia ad alto rischio).
Le possibilità di curare in modo definitivo il coriocarcinoma gestazionale sono molto alte, soprattutto se la malattia è a basso rischio. La chemioterapia è la scelta più comune di trattamento ed è in genere efficace anche quando il tumore ha già dato origine a metastasi. Nella malattia a basso rischio si utilizza un singolo farmaco chemioterapico, riducendo al minimo gli effetti collaterali, mentre nella malattia ad alto rischio si utilizza la combinazione di più farmaci, il che comporta maggiori effetti collaterali ma offre buone probabilità di successo. Le percentuali di guarigione sono molto elevate. Nella maggioranza dei casi la fertilità della donna viene preservata, permettendole così di avere figli dopo la guarigione.
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Agenzia Zoe