Ultimo aggiornamento: 19 luglio 2023
Tempo di lettura: 9 minuti
Il tumore di Wilms o nefroblastoma è un tumore del rene. Nel corpo umano sono presenti due reni che hanno il compito di filtrare il sangue per eliminare le scorie con l’urina e sono coinvolti nella regolazione della pressione sanguigna e nella produzione dei globuli rossi. I reni si formano durante lo sviluppo embrionale a partire da alcune cellule progenitrici. Può succedere che alcune di queste cellule immature rimangano nei reni anche dopo la nascita. Se il DNA delle cellule progenitrici dei reni subisce delle mutazioni, la cellula può acquisire nuove proprietà che la trasformano in cellula tumorale. Questa inizia a moltiplicarsi in modo incontrollato, dando origine al tumore di Wilms. Nella maggior parte dei casi questo tumore colpisce solo uno dei due reni, ma in rari casi, circa il 7 per cento, possono essere interessati entrambi i reni.
I tumori del rene rappresentano il 5 per cento circa delle neoplasie che colpiscono i bambini e quello di Wilms è il tumore del rene più frequente in età infantile, dato che riguarda il 90 per cento dei casi. Del restante 10 per cento dei casi fanno parte forme molto rare di tumore renale tipiche del bambino (nefroma mesoblastico, sarcoma a cellule chiare, tumore rabdoide) e il carcinoma renale, il tumore del rene che è invece più comune tra gli adulti. In Italia, in base ai dati AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), sono colpiti dai tumori del rene circa 8 bambini su un milione. Inoltre l’incidenza della malattia è leggermente più alta nel sesso femminile e il tumore di Wilms colpisce soprattutto i bambini di circa 3-4 anni di età.
Il tumore di Wilms è diagnosticato più di frequente in bambini di 3-4 anni, meno spesso nei bambini di età superiore ai 10 anni, ed è estremamente raro negli adolescenti e nei giovani adulti. Sono maggiormente a rischio di sviluppare il tumore di Wilms i bambini affetti da alcune malattie genetiche rare come la sindrome di Denys-Drash, la sindrome di Frasier, la sindrome di Beckwith-Wiedemann o la sindrome WAGR. Il tumore di Wilms è più comune nei bambini che presentano alcuni difetti congeniti come aniridia (formazione incompleta dell’iride, la parte colorata dell’occhio) ed emipertrofia (condizione in cui una parte del corpo, come un braccio, è più sviluppata di quella controlaterale). In una piccola percentuale di casi (1-2 per cento) il tumore ha una componente ereditaria: avere un parente colpito da questa malattia aumenta il rischio di sviluppare il tumore di Wilms.
Grazie all’analisi approfondita al microscopio, possono essere raramente (5-7 per cento dei casi) riscontrate cellule tumorali più aggressive, definite “anaplastiche”, particolarmente resistenti alla chemioterapia. Pertanto, i tumori con anaplasia diffusa sono più difficili da curare di quelli in cui l’anaplasia è assente.
Sono stati identificati alcuni geni (WT1, WTX, CTNNB1, SIX1/2, DROSHA) che talvolta sono mutati nel tumore di Wilms, tuttavia non esiste ancora una classificazione molecolare dei sottotipi tumorali.
Nella maggior parte dei casi il tumore di Wilms non causa sintomi finché non diventa voluminoso. Il primo segno del tumore in genere è la presenza di una massa palpabile a livello addominale. A volte il bambino sente dolore, ma non sempre. Altri possibili sintomi sono: febbre, nausea, perdita di appetito, stitichezza, fiato corto, sangue nelle urine e aumento della pressione sanguigna. In qualche caso la manifestazione del tumore è repentina poiché il tumore si rompe all’interno dell’addome a causa di traumi accidentali e provoca un’emorragia interna.
Diversi sintomi sono comuni ad altre malattie. Se non passano è importante informare il pediatra, in modo da identificare tempestivamente e accuratamente la causa.
Ogni attività di prevenzione primaria richiede che le cause del tipo di tumore che si desidera prevenire siano note, a livello di popolazione, almeno con i dati statistici delle osservazioni epidemiologiche, e possibilmente anche con i possibili meccanismi biologici messi in luce tramite esperimenti di laboratorio. Tuttavia è raro che i tumori abbiano una singola causa, e per questo nella stragrande maggioranza dei casi è difficile se non impossibile stabilire a posteriori, con criteri scientifici, l’origine di un tumore che è insorto in un individuo. È difficilissimo negli adulti, per i quali a volte si può soltanto presumere che l’esposizione a sostanze cancerogene o abitudini e comportamenti non salutari possano avere contribuito alla crescita tumorale. È ancora più difficile nei bambini, data la giovane età.
Per i tumori di Wilms non è al momento possibile definire strategie efficaci per la prevenzione, dal momento che l’epidemiologia non ha a oggi identificato fattori di rischio modificabili. Per questo è importante sottolineare che, qualora un tumore di Wilms insorga in un bambino, i genitori non si devono rimproverare nulla per la malattia del proprio figlio. È invece raccomandato seguire programmi di screening per la diagnosi precoce del tumore di Wilms nei bambini affetti dalle sindromi che predispongono all’insorgenza di questo tumore, seguendo le raccomandazioni dei medici genetisti.
Se un bambino mostra sintomi che fanno sospettare un tumore di Wilms, il pediatra in genere si informa su quando e come si sono presentati, sulla storia familiare e su quella specifica del paziente. In particolare, indaga sulla presenza di difetti congeniti del sistema genito-urinario o di casi di tumore di Wilms in famiglia. Visita quindi il bambino per verificare, tra le altre cose, la presenza di una massa palpabile nell’addome e misurare la pressione sanguigna.
Per avere la conferma della diagnosi, il medico richiede degli esami di diagnostica per immagini. Il primo esame in genere consiste in un’ecografia dell’addome completo, che permette di visualizzare i reni e altri organi addominali che possono essere interessati dal tumore. Altre analisi utili per la diagnosi sono la risonanza magnetica (RM) o la tomografia computerizzata (TC) dell’addome, che consentono di ipotizzare la natura del tumore, oltre che di valutarne l’eventuale crescita nelle strutture che circondano il rene o la diffusione in altri organi. Con la RM si possono visualizzare le parti interne, tra cui i tumori, usando campi magnetici. Dalla RM si ottengono immagini molto precise, senza esposizione a radiazioni ionizzanti. L’esame richiede però un tempo piuttosto lungo in cui il paziente deve stare fermo. La TC invece utilizza i raggi X per ottenere delle immagini dei tessuti interni e, a differenza di una radiografia, permette di visualizzare anche i tessuti molli, tuttavia espone a radiazioni ionizzanti. Lo studio del torace attraverso la TC consente di valutare bene i polmoni, che sono la sede più frequente di comparsa di metastasi. Per eseguire questi esami, si possono somministrare ai bambini dei sedativi per tenerli addormentati e quindi fermi per il tempo necessario.
Nella maggior parte dei casi, attraverso l’anamnesi (raccolta della storia clinica), la visita e gli esami radiologici sopra indicati, è possibile formulare l’ipotesi diagnostica di tumore di Wilms con poco margine di errore, rendendo non necessaria l’esecuzione di una biopsia. Solo in casi selezionati i medici potranno decidere di ricorrere alla biopsia con ago, per analizzare un frammento di tumore al microscopio (analisi istopatologica).
Le analisi del sangue e delle urine danno informazioni sullo stato di salute dei reni, anche se solo eccezionalmente risultano alterate. Il dosaggio delle catecolamine urinarie può però aiutare a distinguere il tumore di Wilms dal neuroblastoma, un tumore che spesso si forma nelle ghiandole surrenali e che si può presentare con caratteristiche simili al tumore di Wilms in bambini nella stessa fascia di età. I bambini che presentano sindromi genetiche associate al rischio di sviluppare un tumore di Wilms vengono sottoposti a visite di controllo e a ecografie su base regolare, in modo da identificare il tumore il prima possibile.
Il tumore di Wilms è in grado di sviluppare metastasi e la sede in cui si formano più frequentemente è il polmone.
La stadiazione del tumore di Wilms, che viene formulata dopo l’intervento chirurgico di asportazione del rene con il tumore, viene stabilita in base alla diffusione del tumore al di fuori dell’organo di origine (ovvero il rene) e prevede cinque stadi:
La probabile evoluzione della malattia (prognosi) dipende soprattutto dallo stadio del tumore alla diagnosi e dall’eventuale presenza di anaplasia.
È possibile che la malattia si ripresenti (recidiva). In questi casi la prognosi è più favorevole se alla diagnosi il tumore era in stadio I-II, l’anaplasia era assente e se per la chemioterapia erano stati usati solo alcuni farmaci.
In Italia, il 92 per cento circa dei bambini che si ammalano di tumore di Wilms è vivo a 5 anni dalla diagnosi.
L’asportazione chirurgica del tumore è fondamentale nella cura del tumore di Wilms. Se viene asportato tutto il rene si parla di “nefrectomia totale”, mentre se viene asportata solo una parte del rene, di “nefrectomia parziale”. Questo secondo approccio, in cui viene salvata una parte del rene ammalato, è più indicato nei casi in cui il tumore è presente in entrambi i reni o nelle situazioni in cui esiste una predisposizione genetica nota al rischio di sviluppare altri tumori in futuro. È molto importante che interventi chirurgici di nefrectomia parziale siano effettuati solo in centri che hanno una grossa esperienza nel gestire interventi chirurgici così complessi.
Un individuo può condurre una vita normale anche con un rene solo, ma se vengono asportati entrambi i reni (situazione che oggi si verifica solo eccezionalmente) è necessario ricorrere alla dialisi finché non è possibile effettuare un trapianto di rene. Durante l’intervento chirurgico, assieme al tumore vengono asportati anche i linfonodi vicini, affinché possano essere analizzati.
Il protocollo di cura attualmente più diffuso in Europa prevede l’utilizzo di cicli di chemioterapia (della durata di 4 settimane nei casi di tumore localizzato e di 6 settimane nei tumori con metastasi alla diagnosi) prima di effettuare l’intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante). Si utilizzano diversi farmaci in combinazione, somministrati per via endovenosa, per ridurre le dimensioni del tumore e permettere una sua asportazione chirurgica più sicura, diminuendo il rischio che il tumore si rompa.
La chemioterapia prosegue per diverse settimane anche dopo l’intervento chirurgico (e in questa fase è chiamata chemioterapia adiuvante). Il trattamento è effettuato a cicli: la somministrazione dei farmaci viene interrotta per poi essere ripresa a distanza di qualche tempo, in modo che l’organismo abbia modo di riprendersi. La durata e l’intensità dei cicli di chemioterapia dopo l’asportazione chirurgica dipendono dallo stadio del tumore e da alcune caratteristiche istologiche riscontrate all’esame al microscopio di tutto il pezzo asportato. Infatti, oltre all’eventuale presenza di anaplasia, i medici possono studiare se il tumore è regredito molto o poco per effetto della cura pre-operatoria, e ottenere indicazioni importanti sull’efficacia dei farmaci usati.
Nei pazienti con tumore di Wilms allo stadio III, può essere utile affiancare alla chemioterapia la radioterapia. Nei tumori che presentano metastasi polmonari, la decisione di eseguire la radioterapia dipende dalla scomparsa o meno delle metastasi dopo la prima fase di chemioterapia: oggi si sa che è possibile evitare la radioterapia sui polmoni se le metastasi regrediscono completamente dopo la fase iniziale del trattamento.
I tumori con caratteristiche istologiche più sfavorevoli o recidivanti richiedono trattamenti più intensivi.
È importante che i bambini che si ammalano di tumore siano seguiti in centri altamente specializzati e qualificati: gli oncologi pediatrici e gli altri membri dello staff conoscono le differenze tra i tumori dell’adulto e quelli del bambino e sono particolarmente attenti alle necessità dei piccoli pazienti e delle loro famiglie.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe