Ultimo aggiornamento: 4 dicembre 2023
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Nei bambini come negli adulti, il linfoma di Hodgkin (LH) si sviluppa a partire dalle cellule presenti all’interno del sistema linfatico. Questo sistema è composto dai vasi linfatici, dalla linfa in essi contenuta e dal tessuto linfatico presente in varie parti del corpo (linfonodi, milza, timo, adenoidi e tonsille, tratto digestivo e midollo osseo).
In genere, il linfoma di Hodgkin prende origine dai linfociti B, che hanno la funzione di difendere l'organismo da agenti esterni e infezioni e di riconoscere ed eliminare eventuali cellule tumorali.
In base ai dati dell’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (AIEOP), il linfoma di Hodgkin rappresenta il 6-7 per cento circa dei tumori infantili e presenta tassi di incidenza che aumentano con l’età:
Le cause che portano all'insorgenza del linfoma di Hodgkin non sono ancora del tutto chiarite, ma è noto che esiste un legame tra questi tumori e una scarsa efficienza del sistema immunitario. Questa deficienza può essere dovuta per esempio all’infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus), un virus che può essere trasmesso al bambino dalla madre, o al virus di Epstein Barr (EBV), responsabile della mononucleosi infettiva. Può conseguire anche a un trapianto di organi, a causa dell’immunosoppressione necessaria a evitare che l’organismo rigetti l’organo trapiantato.
I linfomi di Hodgkin che si sviluppano in età pediatrica hanno caratteristiche peculiari rispetto a quelle che si riscontrano quando la malattia colpisce gli adulti.
Si distinguono due tipi principali di LH pediatrico: il linfoma di Hodgkin classico e il linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria. Nella forma classica si possono inoltre identificare quattro sottoclassi: LH ricco in linfociti, sclerosi nodulare (la variante più frequente), LH a cellularità mista, LH con deplezione linfocitaria.
I sintomi del linfoma di Hodgkin in età pediatrica possono essere vari e in alcuni casi molto simili a quelli di patologie non oncologiche e meno gravi, come alcune infezioni virali.
Un tipico segno della malattia è rappresentato da linfoadenopatia, ovvero un ingrossamento dei linfonodi (soprattutto del collo e delle ascelle) che in genere non è associato a dolore. Tra gli altri sintomi comunemente osservati in caso di linfoma di Hodgkin ci sono febbre, perdita di peso, sudorazioni notturne, sensazione di stanchezza e prurito. Infine, quando la malattia interessa il mediastino (lo spazio della cavità toracica compreso tra i due polmoni) può provocare tosse e difficoltà respiratorie.
Non esistono attualmente indicazioni utili ed efficaci per prevenire l’insorgenza dei linfomi di Hodgkin nei bambini, se non cercare di evitare l’esposizione ai fattori di rischio noti per la malattia (quali infezioni da HIV o da virus di Epstein-Barr) e a quelli comuni ai diversi tipi di cancro.
La visita medica e l’osservazione dei segni e dei sintomi sono importanti per arrivare a una diagnosi di linfoma e per escludere altre potenziali patologie alla base dei sintomi, ma spesso sono insufficienti a diagnosticare con certezza la presenza di linfoma di Hodgkin.
Dopo la prima visita e in caso di sospetto linfoma di Hodgkin, il medico prescriverà una biopsia dei linfonodi, un esame insostituibile per arrivare a una diagnosi certa. Nel corso della biopsia viene prelevato un piccolo campione di tessuto da analizzare sia al microscopio sia con l’utilizzo di tecniche molecolari. Esistono diversi tipi di biopsia da praticare in base alle caratteristiche dei pazienti e della malattia.
Anche gli esami del sangue possono facilitare la diagnosi: oltre alla conta completa di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, sono valutati altri parametri come, per esempio, la velocità di eritrosedimentazione (VES).
Infine, esami di diagnostica per immagine come l’ecografia, la radiografia, la risonanza magnetica (RM), la tomografia computerizzata (TC) e la tomografia a emissione di positroni (PET), la PET-TC o PET-RM in genere sono utilizzati per valutare l’estensione della malattia e seguirne l’evoluzione nel tempo. In casi di sospetta diffusione della malattia alle ossa si possono eseguire anche la scintigrafia ossea e la biopsia ossea.
La stadiazione, cioè la determinazione di quanto il tumore è esteso, per i linfomi di Hodgkin pediatrici segue criteri specifici, con cui i linfomi sono classificati in 4 stadi in base alla localizzazione e alla diffusione della malattia. Per la stadiazione del LH possono inoltre essere utilizzate lettere dell’alfabeto che forniscono ulteriori informazioni sulla malattia e possono essere importanti per la scelta dei trattamenti. La lettera A indica l’assenza di sintomi sistemici (febbre, perdita di peso e sudorazione notturna), mentre la lettera B indica la presenza di tali sintomi.
Possono essere usate anche una E, a indicare che il tumore è presente in un organo che non fa parte del sistema linfatico, o una S, che segnala invece la presenza del tumore a livello della milza.
La scelta del tipo di trattamento dipende dal tipo di linfoma di Hodgkin e dalla sua estensione. È molto importante che i giovani pazienti siano seguiti presso un centro specializzato nel trattamento dei tumori pediatrici, con casistica ed esperienza adeguate.
In genere la chirurgia viene utilizzata per definire, con la biopsia, lo stadio del tumore, ma può essere anche utilizzata più ampiamente nel trattamento del linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria, per rimuovere la massa tumorale localizzata. La radioterapia, in genere diretta solo ai linfonodi o ad altre aree colpite dal tumore, può essere prevista anche in combinazione con la chemioterapia.
Spesso la chemioterapia è una terapia di combinazione, ovvero si utilizzano contemporaneamente diversi farmaci che possono variare per tipi e per dosi a seconda delle caratteristiche delle malattie e dei pazienti. La tendenza generale è di somministrare la dose minima di trattamento al fine di ridurre gli effetti collaterali, ma in alcuni casi sono necessarie dosi particolarmente elevate di chemioterapia, in particolare prima dell’eventuale trapianto di cellule staminali.
Il trapianto autologo (con cellule prelevate dal bambino stesso) o quello allogenico (con cellule prelevate da donatore familiare o volontario HLA compatibile) sono utilizzati come terapie di consolidamento in seguito a ricaduta di malattia, dopo aver ottenuto una buona risposta alle terapie di seconda o terza linea.
Le opzioni di trattamento più recenti includono terapie mirate, tra cui alcuni anticorpi monoclonali, che agiscono contro le molecole presenti prevalentemente sulle cellule del tumore (CD30 è un possibile “bersaglio” per queste terapie), e l’immunoterapia con gli inibitori dei check point immunitari, che aumentano la capacità del sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule tumorali.
Studi recenti hanno messo in luce la possibilità di utilizzare terapie a base di cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor di tipo T) in alcuni pazienti che non hanno risposto alla terapia precedente o nei quali la malattia si è ripresentata dopo una iniziale risposta. In questo caso si prelevano le cellule del paziente, che vengono modificate in laboratorio affinché, una volta reinfuse, siano più efficaci nel riconoscere le cellule tumorali e nello stimolare la risposta immunitaria contro di esse.
Grazie ai progressi nei metodi di diagnosi e nei trattamenti, la prognosi di linfoma di Hodgkin pediatrico è molto migliorata, con percentuali di sopravvivenza a 5 cinque anni che raggiungono il 95 per cento in caso di diagnosi precoce e pochi linfonodi coinvolti. Anche nelle forme più estese il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è molto elevato e in continua crescita. Infine, anche nei casi di recidiva le possibilità di guarigione non mancano grazie all’uso di terapie mirate ed eventualmente del trapianto di cellule staminali emopoietiche.
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe