Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2023
Tempo di lettura: 10 minuti
Un astrocitoma è un tumore del sistema nervoso centrale che fa parte di un gruppo di tumori chiamati gliomi, ovvero neoplasie che derivano dalle cellule della glia. Si tratta di cellule che forniscono nutrimento e sostegno ai neuroni. Esistono quattro 4 tipi di cellule gliali: gli astrociti, gli oligodendrociti, le cellule ependimali e le cellule della microglia. Le più comuni sono gli astrociti, che prendono il nome dalla loro caratteristica forma a stella. Forniscono sostegno e nutrimento ai neuroni e intervengono nella riparazione del tessuto nervoso. Quando una cellula gliale sana si trasforma in una tumorale e inizia a moltiplicarsi in modo incontrollato dà origine a un glioma. Se la cellula in questione è un astrocita, il tumore che si forma è detto astrocitoma.
I tumori del sistema nervoso centrale sono il secondo tipo di tumore più frequente nei bambini dopo leucemie e linfomi. In Italia, secondo i dati AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), circa 20 bambini ogni milione sono colpiti dai tumori del sistema nervoso centrale e all’incirca uno su 4 è un astrocitoma. L’incidenza è leggermente più alta tra i maschi che tra le femmine ed è più alta nella fascia di età da 1 a 4 anni.
Sono più a rischio di sviluppare astrocitomi i bambini affetti da malattie genetiche come la neurofibromatosi di tipo 1, la sclerosi tuberosa o la sindrome di Li-Fraumeni. Possono anche insorgere come secondi tumori, le malattie che a volte colpiscono pazienti che ne hanno già avuto uno e che sono indotte da precedenti trattamenti oncologici, anche per neoplasie che hanno avuto origine in organi diversi dal sistema nervoso centrale.
In base a come si presentano, i gliomi astrocitari sono classificati in gliomi a basso grado di malignità (grado I e II) e gliomi ad alto grado di malignità (III e IV grado). Se a basso grado di malignità, gli astrocitomi tendono a crescere lentamente e in genere non invadono i tessuti circostanti, dando metastasi molto raramente. Se il grado di malignità è alto, crescono più velocemente e si infiltrano nei tessuti sani che li circondano. Nei bambini sono più frequenti gli astrocitomi a basso grado di malignità.
Si distinguono principalmente:
Nella maggior parte dei casi, i gliomi delle vie ottiche e dell’ipotalamo sono astrocitomi pilocitici. Crescono lentamente, ma possono portare a gravi deficit visivi o endocrini. Possono essere sporadici o associati a una malattia genetica chiamata neurofibromatosi di tipo 1.
Sono astrocitomi anche quasi tutti i gliomi del tronco encefalico, che controlla funzioni vitali come il respiro e il battito cardiaco, perciò è impossibile asportare i tumori localizzati in questa sede. Il tronco encefalico è suddiviso in tre zone: mesencefalo, ponte e midollo allungato. I gliomi che si formano nel ponte (gliomi diffusi intrinseci del ponte) sono particolarmente aggressivi: meno del 10 per cento dei bambini è vivo a 2 anni dalla diagnosi. Invece, i gliomi che si formano nel mesencefalo e nel bulbo spesso sono astrocitomi pilocitici e possono essere curati con maggiori possibilità di successo, combinando chirurgia (asportazione parziale), chemioterapia e radioterapia nei bambini più grandi.
I tumori del cervello possono manifestarsi in modo progressivo o improvviso. I possibili sintomi sono mal di testa, nausea, vomito, visione offuscata, problemi di equilibrio, disturbi del comportamento, crisi epilettiche e sonnolenza. Dipendono in gran parte dall’aumento della pressione all’interno del cranio (pressione endocranica). Nei bambini piccoli possono verificarsi anche irritabilità, perdita di appetito, perdita improvvisa di alcune abilità motorie o cognitive, ritardi nello sviluppo o aumento nella dimensione della testa. In età scolare si possono osservare un calo nel rendimento scolastico e affaticamento.
La precisa localizzazione del tumore può determinare la comparsa di sintomi specifici: per esempio, se il tumore sta crescendo nell’area del cervello che controlla il linguaggio, il bambino può avere difficoltà a parlare o a capire le parole. Una neoplasia che cresce nel midollo spinale può causare dolore alla schiena, debolezza, mancanza di coordinazione nelle gambe o nelle braccia e problemi nelle funzioni della vescica e dell’intestino.
Molti sintomi dell’astrocitoma sono comuni ad altre malattie meno gravi. Se non passano o peggiorano, è importante informare il medico curante per poter identificare tempestivamente e accuratamente la causa.
Le attività di prevenzione primaria richiedono di conoscere le cause del tipo di tumore considerato, grazie a osservazioni epidemiologiche della popolazione ed esperimenti di laboratorio. Tuttavia, raramente i tumori hanno una singola causa, per cui spesso è difficile stabilire a posteriori l’origine di un tumore insorto in un individuo. Per questa ragione, a oggi non è possibile definire strategie efficaci per la prevenzione degli astrocitomi. Anche per questo è importante che i genitori di un bambino con astrocitoma sappiano di non avere alcuna responsabilità per la malattia del figlio.
Nel caso in cui un bambino mostri sintomi che fanno pensare a un astrocitoma, il pediatra raccoglie informazioni sulla storia della persona (anamnesi), indagando su quando e come si sono presentati i sintomi, e poi lo visita il paziente per valutare la funzionalità del cervello e del midollo spinale (esame neurologico). Vengono valutati i riflessi, la coordinazione, l’equilibrio, la forza muscolare e altro ancora.
Se dall’esame emergono delle anomalie, un neuropsichiatra infantile o un neurologo potranno effettuare un esame più approfondito e richiedere alcuni esami strumentali. Gli esami più comuni sono la risonanza magnetica (RM) e la tomografia computerizzata (TC), che consentono di ottenere immagini dei tessuti interni.
La risonanza magnetica, sfruttando i campi magnetici, consente di ottenere immagini molto precise. L’esame richiede un tempo piuttosto lungo in cui i pazienti devono stare fermi. Per questo può essere necessario somministrare dei sedativi ai bambini più piccoli, così che dormano durante l’esame.
La tomografia computerizzata utilizza i raggi X, per cui espone chi vi si sottopone a radiazioni ionizzanti, anche se in piccole dosi. Rispetto alla risonanza magnetica, la TC è meno sensibile ma più rapida.
Alla risonanza magnetica, che rimane l’indagine di elezione, si possono affiancare indagini metaboliche. Si tratta di tecniche non invasive che sfruttano la capacità di alcune cellule tumorali di assorbire, per un fenomeno detto captazione, particolari radiofarmaci (per esempio la 18F DOPA) utili a mostrare l’estensione del glioma. In base al livello di captazione raggiunto, è possibile anche definire il grado istologico. Questo può essere utile nei casi in cui non è possibile l’asportazione del tumore o la biopsia, come nei gliomi diffusi di alto grado.
Per stabilire il tipo di cancro è utile ottenere del materiale neoplastico da analizzare dal punto di vista morfologico e biomolecolare, in modo da precisare la diagnosi e facilitare la scelta dei trattamenti. Se il tumore può essere rimosso del tutto o in larga parte, il neurochirurgo procede all’asportazione dopo aver discusso con gli altri specialisti che hanno in carico il paziente. Tra questi, vi è innanzitutto l’oncologo pediatra, che dovrà occuparsi del trattamento adiuvante (radioterapia o chemioterapia) e dei controlli successivi. Per permettere una classificazione più precisa dell’astrocitoma e la scelta delle cure più adeguate, spesso l’oncologo pediatra richiede la revisione del materiale istologico presso un centro altamente specializzato.
In alcuni casi, le cellule dell’astrocitoma possono infiltrarsi nel tessuto cerebrale sano, rendendo difficile l’asportazione chirurgica del tumore. QuestoiQue può diffondersi anche nelle cavità in cui scorre il liquido cefalorachidiano (o liquido cerebrospinale), mentre è estremamente raro che questo tipo di tumore dia metastasi al di fuori del cervello o del midollo spinale.
La più probabile evoluzione della malattia (prognosi) e la risposta alle terapie sono legate soprattutto al grado del tumore e alla sua localizzazione, che influisce sia sulla possibilità di asportazione completa, sia alla possibilità, per i farmaci, di raggiungere efficacemente la massa. Altri fattori importanti, da questo punto di vista, sono la diffusione, le particolari alterazioni del DNA delle cellule tumorali e l’associazione a malattie genetiche predisponenti. In tutti i casi, ma in particolare in quelli ad alto grado, è possibile che i pazienti rispondano alle terapie, ma che il tumore si ripresenti a distanza di tempo (recidiva). In tal caso le cure disponibili sono in genere scarsamente efficaci.
La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi varia molto a seconda del grado e del tipo di astrocitoma: si va dal 95 per cento circa per l’astrocitoma pilocitico in sedi favorevoli, come il cervelletto, fino a meno del 20 per cento per il glioblastoma.
La terapia d’elezione è l’asportazione chirurgica. Idealmente, l’intervento dovrebbe rimuovere completamente tutte le cellule tumorali, ma questo è possibile solo se sono cresciute in una massa distinta, dai margini netti. Nel caso degli astrocitomi ad alto grado di malignità, in genere la chirurgia non è risolutiva, ma è comunque un passo terapeutico indispensabile che deve essere seguito da radioterapia e chemioterapia. L’intervento chirurgico di asportazione completa o parziale non è un’opzione praticabile nei casi in cui il tumore è in una zona inaccessibile, si rischia di danneggiare un’area di importanza vitale o si potrebbero compromettere le funzioni fisiche e cognitive del paziente. Anche quando l’asportazione non è possibile, la chirurgia svolge un ruolo importante nella cura in quanto consente di effettuare un prelievo di tessuto, detto prelievo bioptico, per l’esame istologico e la caratterizzazione biologica.
La radioterapia può essere praticata sia in combinazione alla chirurgia sia da sola, nel caso in cui l’intervento chirurgico si riveli non risolutivo o impossibile da praticare, come nel caso dei gliomi maligni. La dose di radiazioni necessaria a distruggere il tumore viene somministrata in più giorni. Quando il tumore è diffuso, è necessario l’irraggiamento di tutta l’area interessata, cervello o midollo spinale. La radioterapia può avere un ruolo anche nei gliomi di basso grado, ma generalmente viene posticipata il più possibile.
L’utilizzo della chemioterapia nella cura dei tumori del sistema nervoso centrale è ostacolato dalla presenza dalla barriera ematoencefalica, una membrana che filtra le sostanze che possono raggiungere il cervello e il midollo spinale, impedendo così il passaggio di alcuni farmaci. La chemioterapia è usata soprattutto per i tumori a più alto grado o, in casi specifici come nei bambini di età inferiore ai 7 anni, per i gliomi a basso grado di malignità di sedi dove non è possibile l’asportazione completa. Per effettuare la chemioterapia si utilizzano uno o più farmaci e il trattamento viene effettuato a cicli: la somministrazione dei farmaci viene interrotta per poi essere ripresa a distanza di qualche tempo. I farmaci vengono somministrati per bocca oppure per via endovenosa, attraverso il posizionamento di un piccolo catetere venoso centrale per evitare al bambino ripetute dolorose punture.
In casi specifici si può ricorrere anche a terapie a bersaglio molecolare, ossia farmaci mirati a specifiche molecole. È il caso dell’astrocitoma subependimale a cellule giganti associato a sclerosi tuberosa, in cui è possibile usare gli inibitori della proteina mTOR. Con questi nuovi farmaci si osserva la regressione del tumore in oltre l’80 per cento dei casi e si riescono a controllare alcune manifestazioni cliniche, per esempio l’epilessia. I gliomi che presentano una specifica mutazione nel gene BRAFV600, e che sono circa il 17-20 per cento dei gliomi a basso grado e il 4 per cento dei gliomi ad alto grado, possono rispondere in modo marcato e prolungato ai farmaci detti BRAF-MEK inibitori. Questi farmaci hanno il vantaggio di poter essere somministrati per via orale, riducendo la necessità di ricoveri e terapie endovenose, sono ben tollerati e consentono un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie durante i trattamenti. Tuttavia, devono essere usati soltanto nell’ambito di sperimentazioni cliniche e in centri specializzati.
È importante che il piano terapeutico includa anche un percorso di riabilitazione, che migliori sia la risposta alle cure sia la qualità della vita dei piccoli pazienti.
Infine, come per tutte le malattie pediatriche, è fondamentale un adeguato e prolungato follow-up, ossia una serie di controlli periodici atti a seguire il decorso della malattia e offrire la migliore qualità di vita possibile ai pazienti curati dal tumore.
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Redazione