Ultimo aggiornamento: 23 marzo 2023
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Gli ormoni sono sostanze naturalmente presenti nell’organismo, fondamentali per regolarne le funzioni. Sono liberati nel circolo sanguigno da ghiandole che sono dette endocrine, perché riversano i loro prodotti all’interno dell’organismo, diversamente da quelle esocrine, per esempio quelle sudoripare, che secernono all’esterno.
Nelle ghiandole endocrine (per esempio la tiroide o l’ovaio) si possono sviluppare tumori benigni o maligni, i quali possono manifestarsi con un’aumentata o ridotta produzione del relativo ormone. Un’iperproduzione è più comune in caso di una proliferazione benigna, mentre la perdita di funzione e l’invasione del tessuto circostante, tipiche della trasformazione maligna, comportano più spesso una carenza dell’ormone.
Tra le tante funzioni svolte dagli ormoni, alcune riguardano anche la proliferazione delle cellule: per questo alcuni di loro, se presenti in quantità eccessive, possono agire come fattori di crescita favorendo la crescita sregolata e quindi la comparsa di alcuni tumori. Data l’importanza del ruolo degli ormoni, le loro quantità sono regolate in maniera molto precisa per cui anche piccole alterazioni possono avere riflessi su tutto l’organismo. Livelli superiori alla norma di ormoni sessuali, estrogeni e androgeni, per esempio, possono favorire l'insorgere di tumori al seno o alla prostata.
Si possono assumere ormoni volontariamente sotto forma di farmaci prescritti dal medico, oppure inconsapevolmente da contaminanti presenti nell’ambiente. L'esposizione agli estrogeni nel corso della vita può cambiare in relazione a fattori individuali o riproduttivi (come l’età della prima mestruazione o della prima gravidanza, il numero dei figli, il tempo dell’allattamento) e in conseguenza ad abitudini e comportamenti. Il sovrappeso favorisce, per esempio, un eccesso di estrogeni perché, specie dopo la menopausa, il tessuto adiposo converte in estrogeni alcuni precursori prodotti dalle ghiandole endocrine. L’obesità causa anche una sovrabbondante liberazione di insulina e di altri ormoni simili che possono agire come fattori di crescita.
Anche un eccessivo consumo di alcol e la scarsa attività fisica possono aumentare i tassi di estrogeni e di insulina. Queste abitudini poco salutari possono dunque avere l’effetto indiretto di contribuire al rischio di tumore al seno tramite la stimolazione di tali ormoni.
Partendo dall’osservazione che alcuni ormoni favoriscono lo sviluppo dei tumori, i ricercatori hanno nel tempo messo a punto molecole che contrastano l’azione ormonale. Un esempio è il tamoxifene, un anti-estrogeno che mima in parte l’azione degli estrogeni stessi, ottenendo però l'effetto opposto, cioè di proteggere dal tumore del seno e dalle sue ricadute. In alcuni tipi di tumore sensibili agli ormoni, come quello del seno o della prostata, il trattamento con antagonisti degli ormoni stessi è quindi un caposaldo della profilassi e della cura.
Altri farmaci a base di ormoni sono assunti come terapia sostitutiva in caso di carenza patologica, per esempio l’ormone della crescita, in sigla GH, nelle basse stature da difetto ormonale. Altri possono essere prescritti quando una ghiandola non funziona abbastanza o è asportata per noduli o per un tumore: è il caso della tiroide. Ormoni possono anche essere prescritti a scopo contraccettivo o per il trattamento dei sintomi della menopausa.
In tutti questi casi, rischi e benefici devono essere di volta in volta soppesati, perché, come si è detto, alcuni trattamenti ormonali possono essere fattori di rischio per l’insorgenza di tumori.
La più comune pillola contraccettiva combinata a base di estrogeni e progestinici contiene ormoni simili a quelli che regolano il ciclo mestruale e influiscono, anche nella loro versione naturale, sul rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore dipendenti da ormoni nelle donne.
In proporzione alla durata del trattamento e ad altri fattori di rischio, l’uso prolungato della pillola è associato a un leggero aumento del rischio di tumore al seno e alla cervice uterina, ma anche a un effetto protettivo contro i tumori colorettali, dell’ovaio e dell’endometrio.
La maggior parte degli studi che hanno indagato il legame tra la pillola e i carcinomi del fegato sono invece per lo più negativi, non hanno cioè trovato associazioni significative.
Bisogna ricordare che la pillola è un farmaco e che, in quanto tale, porta con sé rischi e benefici. Se si è portatori delle mutazioni BRCA è importante consultare il proprio medico per valutare pro e contro ed eventualmente considerare di ricorrere ad altre soluzioni contraccettive.
Tumore della cervice uterina
È stato calcolato in passato che, dopo aver preso la pillola combinata per cinque anni, le donne hanno un rischio di tumore della cervice quasi doppio rispetto a quello di chi non l’ha mai presa. Questo rischio, però, è reversibile, perché diminuisce dal momento in cui si smette fino ad azzerarsi nel giro di dieci anni. Inoltre è probabile che l’associazione sia solo indiretta e legata piuttosto all’infezione da HPV, ormai riconosciuta come causa principale di questo tumore. Con la diffusione della vaccinazione anti-HPV ci si aspetta che la relazione tra pillola e rischio di tumore alla cervice possa essere smentita.
Tumore del seno
Il legame tra la pillola e il rischio di tumore mammario è difficile da dimostrare, a causa delle diverse formulazioni e dosaggi di questo tipo di farmaci in continua evoluzione nel tempo. Gli studi al riguardo hanno tuttavia osservato un modesto aumento del rischio di tumore al seno per le donne che assumono la pillola rispetto a chi non ne fa uso.
In particolare, in un’indagine del 2021 sono stati confrontati i risultati di quasi 80 studi condotti tra il 1960 e il 2010. I ricercatori hanno trovato una correlazione tra il farmaco, se assunto per più di cinque anni e nel periodo precedente la prima gravidanza, e un aumento del rischio di cancro al seno.
Quando si prendono contraccettivi orali è quindi ancora più importante sottoporsi regolarmente ai programmi organizzati di screening per il tumore del seno e della cervice, secondo gli schemi e le cadenze raccomandati a tutte le donne anche in base alle fasce di età. Questi controlli consentono infatti di individuare un’eventuale malattia oncologica in fase precoce, con maggiori possibilità di cura.
Tumore dell’endometrio
Va anche detto che la pillola può esercitare un’azione protettiva contro il tumore dell'endometrio e dell’ovaio, che aumenta al prolungarsi del periodo di utilizzo.
In un recente studio condotto su quasi 110 mila donne, alcuni ricercatori hanno dimostrato che l’assunzione del contraccettivo orale per più di dieci anni riduce il rischio di tumore all’endometrio. Altri risultati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet Oncology indicano invece che negli ultimi 50 anni, nei Paesi più ricchi, circa 400.000 casi di tumore all’endometrio (su un totale di 3.400.000) si sarebbero potuti evitare con la sola pillola contraccettiva.
Tumore dell’ovaio
È stato dimostrato che l’assunzione della pillola può ridurre dal 30 al 50 per cento le possibilità di sviluppare un tumore ovarico rispetto a chi non ne ha mai fatto uso. L’effetto inoltre aumenta al prolungarsi del periodo di assunzione. Tale riduzione è stata osservata anche nelle donne con mutazioni dei geni BRCA1 e 2 e quindi ad alto rischio familiare di sviluppare un cancro del seno o dell’ovaio. Tuttavia oggi la pillola non è considerata un farmaco preventivo per il tumore ovarico.
“Minipillola” a base di soli progestinici
La cosiddetta "minipillola" a base di soli progestinici è prevalentemente utilizzata dalle donne che non possono assumere estrogeni. In generale è meno diffusa della formula combinata, per cui ci sono anche meno dati disponibili. Quelli esistenti suggeriscono che il suo profilo di rischio non si discosti molto da quello della pillola più diffusa, anche se una recente revisione sistematica sembra indicare che possa essere leggermente più sicura.
In conclusione, ogni donna deve valutare con il medico il proprio caso specifico, tenendo conto di altri possibili fattori di rischio personale per il cancro, ma anche di altri rari effetti collaterali non oncologici, come trombosi ed embolie. Tra i fattori di rischio più importanti, che amplificano i possibili effetti indesiderati della pillola, c’è il fumo: una ragione in più per smettere.
Sul piatto della bilancia di rischi e benefici della pillola, pesa naturalmente il vantaggio di evitare una gravidanza indesiderata, oltre alle valutazioni oncologiche, per cui si ritiene che in genere i benefici sovrastino i possibili rischi, soprattutto nelle più giovani.
Durante la menopausa le ovaie smettono di produrre estrogeni. Il calo dei livelli di questi ormoni può provocare diversi disturbi, molto variabili da donna a donna per qualità e quantità. Questi possono comprendere sbalzi di umore, secchezza vaginale, vampate di calore, per citare i più comuni. In passato si consigliava di contrastare questi fenomeni ristabilendo i livelli ormonali pre-menopausa con una terapia sostitutiva a base di estrogeni a cui aggiungere i progestinici allo scopo di ridurre il rischio di tumore dell’endometrio (le donne che in precedenza, per varie ragioni, hanno avuto asportato l'utero, dovevano fare la cura solo con estrogeni).
Fino all’inizio degli anni Novanta si pensava che mantenere il tasso pre-menopausa di estrogeni potesse servire anche a proteggere dall'osteoporosi e inoltre dal rischio di infarto e ictus, più alto nelle donne dopo la menopausa.
Un’importante indagine (la “Women's Health Initiative” o WHI), condotta negli Stati Uniti, ha analizzato i dati relativi a più di 16.000 donne in post menopausa. I risultati ottenuti, pubblicati all'inizio degli anni 2000, hanno messo in discussione questi presupposti, dimostrando che il trattamento non solo non diminuiva il rischio cardiovascolare, ma aumentava in maniera significativa quello di tumore al seno. Il rilievo mediatico dato alla notizia comportò un brusco calo del consumo di questi farmaci tra le donne in menopausa. A conferma del legame osservato di causa ed effetto, si osservò una altrettanto brusca riduzione dei casi di tumore al seno in quella popolazione.
Da allora le ragioni della cautela sono state sostenute dalla maggior parte degli studi indipendenti, compreso uno condotto in Gran Bretagna in un milione di donne (“Million Women Study”). Questo ha evidenziato che il rischio di cancro aumentava con il numero di anni di assunzione della pillola e che ai diversi tipi di trattamento sostitutivo si associano livelli diversi di rischio.
I risultati di queste ricerche suggeriscono che le donne in terapia sostitutiva estroprogestinica in menopausa abbiano un rischio relativo di tumore al seno doppio rispetto a chi non ne ha mai fatto uso. Dopo cinque anni di trattamento questo rischio diventa anche maggiore e ne occorrono altri cinque dalla sua interruzione perché il rischio torni quello di partenza. Un esito più diversificato e frammentato risulta da una recente analisi sulle terapie ormonali delle donne in menopausa, in cui sono stati confrontati i risultati di diversi studi condotti dal 2017 al 2020. Infatti, questi trattamenti ormonali aumenterebbero il rischio di tumore all’ovaio, al seno e anche alla tiroide, mentre avrebbero un effetto protettivo contro il cancro colorettale nelle donne in menopausa.
È importante sottolineare che questi rischi, per quanto significativi, sono molto inferiori rispetto ai danni del fumo o del sovrappeso.
In conclusione ogni donna dovrebbe soppesare accuratamente con il proprio medico il rapporto tra rischi e benefici del trattamento, che in ogni caso non dovrebbe mai essere assunto a scopo preventivo dell’osteoporosi, ma solo alle più basse dosi e per il più breve tempo possibile per ridurre il disagio legato ai sintomi della menopausa, in caso questo sia davvero molto serio.
Alcuni ormoni sono purtroppo molto diffusi in alcuni ambienti e talvolta anche somministrati da medici sportivi senza scrupoli, sebbene siano proibiti alla pari di altre sostanze utilizzate illegalmente allo scopo di aumentare la massa muscolare e le prestazioni sportive.
È importante quindi ricordare che l’assunzione di queste sostanze è soprattutto una minaccia per la salute, oltre a mettere a rischio la carriera sportiva nel caso che l’uso sia scoperto.
L’uso di anabolizzanti, che stimolano la crescita dei tessuti, può favorire anche lo sviluppo dei tumori. Gli androgeni anabolizzanti, per esempio, possono provocare effetti che persistono anche dopo la loro sospensione, come impotenza e infertilità, danni permanenti al fegato e riduzione delle difese immunitarie. Il rischio maggiore però è di favorire la comparsa di tumori del fegato e del rene. L'ormone della crescita (GH), importante per trattare i bambini con deficit della crescita, se somministrato a chi non ne ha bisogno sembra essere coinvolto nella formazione di diversi tipi di tumore, da quello del colon ai linfomi.
Anche l’eritropoietina, usata spesso, sebbene illegalmente, soprattutto nel ciclismo per aumentare la disponibilità di ossigeno per i muscoli, può essere molto pericolosa provocando trombosi. Il farmaco viene utilizzato talvolta dai medici nei malati oncologici per aumentare la produzione di sangue, ma non si può escludere che nei soggetti sani che non ne hanno bisogno possa favorire la comparsa di leucemie.
Agenzia Zoe