Ultimo aggiornamento: 14 dicembre 2023
Tempo di lettura: 7 minuti
I casi di tumore sono in aumento, ma il cancro è sempre più curabile. È quanto emerge dal rapporto “I numeri del cancro 2023”, frutto della collaborazione tra AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione AIOM e PASSI (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia).
Secondo le stime, rispetto al 2020, i casi di tumore nel 2023 sono aumentati di oltre 18.000 casi: da 376.600 nuove diagnosi (194.700 negli uomini e 181.900 nelle donne) a circa 395.000 (208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne). Questi numeri un po’ sconfortanti erano però attesi per almeno due motivi. Il primo è che la popolazione nelle fasce d’età in cui le diagnosi di tumori sono più frequenti è oggi molto ampia, dato che corrisponde ai cosiddetti “baby boomer”, ovvero coloro che sono nati tra gli anni Cinquanta e Sessanta e che oggi hanno intorno ai 60-70 anni. Il secondo è che gli screening sospesi o rallentati durante la pandemia di Covid-19 hanno fatto slittare molte diagnosi che altrimenti sarebbero state effettuate con più anticipo.
Più confortanti sono i numeri del rapporto che mostrano un miglioramento nell’efficacia della prevenzione e delle cure contro i tumori. Si stima, infatti, che in Italia siano quasi 270.000 le morti per tumore evitate nel periodo 2007-2019 rispetto a quelle attese (basate sui dati 2003-2007). E, grazie alla ricerca, sono sempre di più le persone che, dopo la malattia, hanno un’ottima qualità della vita.
L’analisi dei dati indica anche su quali fattori fare leva per migliorare la prevenzione, gli screening per diagnosi sempre più precoci, l’assistenza ai pazienti e la ricerca sul cancro. Nel rapporto si dice, per esempio, che occorre prestare particolare attenzione ai tumori causati dal fumo di sigaretta nelle donne e al cancro del pancreas, per il quale non si sono sostanzialmente registrati miglioramenti nello sviluppo né di metodi di screening per la diagnosi precoce né di terapie. Inoltre, la prevenzione resta un elemento fondamentale, dato che il 40 per cento circa dei casi di cancro potrebbe essere evitato eliminando fattori di rischio come fumo, alcol, obesità e sedentarietà. Importante anche l’adesione ai programmi di screening. E questo nonostante il fatto che l’invecchiamento della popolazione resti la principale causa dell’aumento delle diagnosi di tumore. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea in questo campo è assicurare l’offerta di screening per il tumore del colon-retto, della mammella e della cervice uterina ad almeno il 90 per cento degli aventi diritto in tutti i Paesi membri entro il 2025.
Nel rapporto compaiono termini quali incidenza, mortalità, sopravvivenza, prevalenza e rischio, spesso utilizzati per parlare di dati e statistiche relative ai tumori. Vediamo insieme cosa significano e quali sono i numeri in Italia del 2023.
L’incidenza indica quanti nuovi casi di una malattia, per esempio di un tipo di tumore, vengono diagnosticati in una popolazione di riferimento, di solito ogni 100.000 abitanti, in un arco di tempo definito, di solito un anno.
Si stima che in Italia nel 2023 vi siano state circa 395.000 nuove diagnosi di tumore, circa 208.000 fra gli uomini (circa 3.000 diagnosi in più del 2022) e circa 187.000 fra le donne (circa 1.000 in più rispetto al 2022).
A causa della pandemia di Covid-19 ci sono stati problemi di screening, diagnosi e raccolta di dati sui casi di tumore. In Italia, l’analisi dei dati di registri tumore di popolazione in due Regioni (Friuli-Venezia Giulia e Campania) mostra che il calo nel numero di diagnosi registrato nel primo anno della pandemia sarebbe tornato alla normalità nel 2021. Tuttavia, occorrono ulteriori analisi e interventi per gestire le notifiche dei dati. Per compensare le difficoltà nella ricezione di stime tempestive, solide e coerenti sull’incidenza delle neoplasie dai vari registri e Paesi, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione e lo European Network of Cancer Registries (ENCR) hanno effettuato delle proiezioni internazionali relative ai 27 Paesi dell’Unione Europea. Il rapporto “I numeri del cancro 2023” si è quindi basato anche su di esse.
Secondo queste stime, nel 2023 in Italia, escludendo i carcinomi della cute non melanomi, i tumori in assoluto più frequenti sarebbero quelli della mammella (55.900 casi circa), del colon-retto (circa 50.000 casi), del polmone (circa 44.000 casi), della prostata (circa 41.100 casi) e della vescica (circa 29.700 casi).
Il tumore maschile più frequente, che corrisponde a quasi il 20 per cento dei casi di tumori maschili, sembra essere quello alla prostata, con circa 41.000 nuovi casi. È seguito dal tumore al polmone, con 29.800 circa nuovi casi (14,3 per cento circa dei tumori maschili), dal tumore al colon-retto (con 26.800 casi, il 12,9 per cento dei tumori negli uomini) e quello alla vescica (con all’incirca 23.700 nuovi casi, l’11,4 per cento circa dei tumori maschili).
Nelle donne continua a prevalere il tumore alla mammella, con quasi 56.000 nuovi casi (il 30 per cento circa di tutti i tumori nelle donne). Segue il tumore del colon-retto-ano (con circa 23.700 nuovi casi, il 12,7 per cento dei tumori femminili), il tumore del polmone (circa 14.000 nuovi casi, il 7,4 per cento dei tumori delle donne) e il cancro dell’endometrio (con 10.200 casi, il 5,5 per cento circa del totale).
Si prevede che nei prossimi 20 anni il numero assoluto di tumori aumenterà, in media, dell’1,3 per cento circa per gli uomini e dello 0,6 per cento circa per le donne.
La mortalità indica il numero di persone decedute in una popolazione di riferimento in un arco di tempo definito, per una particolare causa. Di solito si calcola su 100.000 abitanti in un anno e si parla di mortalità per cancro, per tumore del polmone, o di mortalità totale.
In generale, la mortalità per tumore è in diminuzione in entrambi i sessi. Infatti, il numero di morti dovute a tumori che si stima siano state evitate nel 2007 era pari a 614, mentre nel 2019 ha superato le 9.000: in 12 anni si è passati da meno dell’1 per cento a circa l’11 per cento delle morti evitate rispetto a quanto ci si aspettava (in base ai tassi di mortalità 2003-2006).
Secondo i dati raccolti tra il 2007 e il 2019, tra gli uomini le morti oncologiche evitate sono più di 206.000, in particolare per quanto riguarda il tumore al polmone, con oltre 73.000 morti evitate (più del 18 per cento del totale), e il tumore della prostata (con oltre 30.000 decessi evitati, più del 24 per cento di quelli attesi). Superiore, invece, il numero di morti osservato per tumore al pancreas (1.344 in più del numero atteso, quasi il 2 per cento) e per melanoma (1.256 in più, quasi il 10 per cento).
Per le donne, tra il 2007 e il 2019 sono state oltre 62.000 le morti evitate rispetto a quelle attese: il 6 per cento circa in meno. Il vantaggio è emerso in particolare per i tumori dello stomaco, con più di 1 morte su 4 evitata (oltre 16.700 persone), del colon-retto (10.223 morti evitate, quasi il 9 per cento) e della mammella (oltre 10.000 persone, il 6 per cento). È invece superiore il numero di decessi per tumore al polmone, con oltre 16.000 morti in più, per quello al pancreas (quasi 5.000 morti in più) e per i melanomi cutanei (629 morti in più, quasi il 7 per cento).
La sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore è uno dei principali indicatori che permette di valutare in base a studi epidemiologici sia la gravità della malattia, sia l’efficacia del sistema sanitario e del miglioramento delle cure disponibili. Si misura calcolando quanto sopravvivono in media le persone che sono colpite da un cancro con determinate caratteristiche al momento della diagnosi. Per esempio: quante persone non sono morte dopo 5 anni dalla diagnosi di un cancro alla mammella?
La sopravvivenza è fortemente influenzata da due elementi: la diagnosi precoce, promossa dai programmi di screening offerti alla popolazione per alcuni tipi di tumore, e le terapie, sempre più mirate ed efficaci grazie a nuove strategie, come quelle dei farmaci a bersaglio molecolare.
Un parametro differente è invece quello della guarigione, un indicatore spesso difficile da misurare. Tra gli esperti, alcuni affermano che si possa parlare di guarigione dopo 5 anni dalla fine delle cure senza che si ripresenti la malattia, mentre altri sostengono non ci sia mai una certezza di guarigione completa. La questione assume particolare importanza per quanto riguarda il diritto all’oblio oncologico, a tutela gli ex-pazienti contro eventuali discriminazioni per esempio nella ricerca di un lavoro, nella domanda di un mutuo o di una polizza assicurativa sulla vita o la salute.
Per molti tipi di tumore la sopravvivenza è aumentata negli anni e inoltre, a livello individuale, migliora man mano che ci si allontana dal momento della diagnosi. In questo decennio, circa il 5 per cento delle persone in Europa è viva dopo una diagnosi di tumore, e in gran parte ha ricevuto una diagnosi da oltre 5 anni. In Italia, oggi il 24 per cento circa delle persone che hanno avuto un tumore ha ricevuto la diagnosi più di 15 anni fa.
È particolarmente estesa la sopravvivenza dopo i 5 anni dalla diagnosi in persone che hanno avuto alcuni tipi di tumore molto comuni nella popolazione, come quelli del seno (88 per cento), del testicolo e della prostata (oltre il 90 per cento). Il cancro è ancora la seconda causa di morte (il 29 per cento di tutti i decessi) dopo le malattie cardiovascolari, ma chi sopravvive a 5 anni dalla diagnosi ha, dopo alcuni tipi di tumore (testicolo, tiroide, ma anche melanoma, linfomi di Hodgkin e, in misura minore, colon-retto), prospettive di sopravvivenza vicine a quelle della popolazione che non ha mai avuto una neoplasia.
In Italia i valori di sopravvivenza sono sostanzialmente in linea con quelli dei Paesi nordeuropei, degli Stati Uniti d’America e dell’Australia.
La prevalenza in oncologia corrisponde al numero di persone ancora in vita dopo una diagnosi di un tumore. Dipende dunque sia da quanto sono frequenti i nuovi casi di un determinato tumore (incidenza) sia da quanto è possibile convivere con la malattia o superarla (sopravvivenza).
La prevalenza di tumori meno frequenti ma con prognosi favorevole (quindi con lunga sopravvivenza) tende a essere maggiore nella popolazione rispetto a quella di tumori molto frequenti, ma caratterizzati purtroppo da una breve sopravvivenza.
In Italia sono più di 3,7 milioni le persone in vita dopo una diagnosi di tumore: il 6,4 per cento circa della popolazione italiana.
Il rischio è la probabilità che si verifichi un evento. Si parla di rischio assoluto quando si indica la probabilità che un evento si verifichi in un certo lasso di tempo. Per esempio: la probabilità teorica individuale di avere una diagnosi di tumore nel corso della vita nell’intervallo di tempo che va dalla nascita agli 84 anni. Con rischio relativo si intende invece l’aumento o la riduzione delle probabilità di ammalarsi per chi ha una particolare condizione predisponente o facilitante la malattia (per esempio una variante genetica o determinati abitudini o comportamenti) rispetto a chi non ce l’ha. Il rischio dipende molto dalla frequenza della malattia in questione: se è molto rara, il rischio assoluto che una persona si ammali resta basso anche in presenza di una mutazione genetica che raddoppia il rischio relativo.
Per quanto riguarda i fattori di rischio individuali in Italia, secondo le stime PASSI e PASSI d’Argento, nel biennio 2021-2022:
Redazione