Ultimo aggiornamento: 16 marzo 2023
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Con il nome amianto si indicano sei diversi minerali appartenenti alla classe dei silicati: actinolite, amosite, antofillite, crisotilo, crocidolite e tremolite. In base alla composizione chimica, questi silicati sono suddivisi in due gruppi: i silicati che contengono calcio e magnesio sono detti anfiboli e comprendono actinolite, amosite (detta anche amianto bruno), antofillite, crocidolite (amianto blu) e tremolite; il crisotilo (amianto bianco) invece è un silicato di magnesio che appartiene al gruppo del serpentino. Il termine asbesto è sinonimo di amianto. Non è raro sentire utilizzare la parola eternit per indicare l’amianto, ma in realtà sono due cose diverse. Eternit è il nome commerciale (derivato da quello di un’azienda produttrice) di un materiale costituito da cemento mescolato a fibre di amianto. La caratteristica fondamentale dell’amianto è di essere formato da fibre molto sottili, flessibili e resistenti.
Le parole amianto e asbesto derivano dal greco e fanno riferimento a importanti proprietà del materiale: significano, rispettivamente, “incorruttibile” e “che non brucia”. Il basso costo e il fatto che l’amianto sia piuttosto resistente alla degradazione e al calore ne hanno favorito il successo commerciale. È stato usato per moltissime applicazioni industriali e civili, soprattutto in edilizia, dove sono state sfruttate le caratteristiche di buon isolante termico e acustico. Le fibre che si ottengono per macinazione del minerale, filate, sono state utilizzate per produrre tessuti resistenti al fuoco.
Purtroppo questo materiale così versatile si è rivelato molto pericoloso: le fibre di amianto possono infatti causare tumori del polmone e mesoteliomi. Quando vengono inalate, le fibre entrano in profondità nei polmoni e altri organi, e poiché sono resistenti alla degradazione, non vengono eliminate. La presenza delle fibre crea uno stato di infiammazione persistente che induce dei danni a carico del DNA delle cellule e ne favorisce la trasformazione tumorale. A seconda del tipo di cellule coinvolte, le conseguenze possono essere diverse. Se vengono danneggiati i tessuti polmonari, si sviluppa un tumore del polmone; se lo sono le cellule della pleura (la membrana che avvolge il polmone) si forma un mesotelioma pleurico, e così via. Il progresso dalla prima lesione alla malattia è in genere molto lungo: possono passare anche 40-50 anni dall’inizio dell’esposizione all’amianto, e mediamente 25, prima che compaia il cancro, in particolare il mesotelioma.
La pericolosità dell’amianto è legata alla liberazione delle sue fibre nell’aria. Un manufatto contenente amianto è tanto più pericoloso quanto più è friabile: il rivestimento di alcune tubazioni, per esempio, può essere ridotto in polvere dalla semplice pressione delle dita. Meno pericoloso è l’amianto detto “in matrice compatta” come per esempio il cemento-amianto o il vinil-amianto, usato per le pavimentazioni. La pericolosità aumenta se il manufatto non è in buono stato o è danneggiato. Per questo non è consigliabile, né legale, improvvisare opere di bonifica fai-da-te in presenza di manufatti che contengono amianto, come tettoie o pavimentazioni. Non è sufficiente indossare una mascherina per proteggersi e si rischia di diffondere e trasportare in giro fibre rimaste tra i capelli o sui vestiti, esponendo al pericolo i propri familiari e altre persone. Per legge, bisogna rivolgersi a ditte specializzate e autorizzate.
In Italia la produzione e l’installazione di materiali contenenti amianto è vietata dal 1992 e dal 1994 è proibito anche importarli e venderli. Questo divieto non comporta l’obbligo di rimuovere l’amianto, ma di comunicarne la presenza alle autorità sanitarie. Se un manufatto contenente amianto, come una canna fumaria o una copertura di cemento-amianto, è danneggiato, bisogna rivolgersi a una ditta iscritta all’Albo gestori ambientali. I tecnici abilitati, dopo una valutazione della pericolosità della situazione, si occuperanno dell’incapsulamento del manufatto, tramite trattamento con vernici apposite che impediscono la liberazione di fibre. Oppure possono rimuoverlo e smaltirlo. Sfortunatamente occorreranno decenni per dismettere tutto l’amianto ancora presente nel nostro Paese.
L’amianto è stato bandito dalla maggior parte delle nazioni, ma non da tutte. È ancora prodotto in diversi Paesi ed è utilizzato soprattutto in quelli in via di sviluppo. Secondo un articolo pubblicato nel 2020, vengono ancora prodotte 2 milioni circa di tonnellate di amianto ogni anno, in gran parte in Russia, la metà delle quali sono utilizzate da due soli Paesi, la Cina e l’India. Anche la Cina e il Kazakhstan estraggono notevoli quantità di amianto, mentre il Brasile e il Canada, pur essendo tradizionalmente grandi produttori, hanno messo al bando questa attività, rispettivamente nel 2017 e nel 2018. L’abolizione dell’amianto è stata in un certo senso selettiva. Mentre la pericolosità degli anfiboli è stata per lo più accettata, quella del crisotilo è stata messa in discussione da persone ed enti con conflitti di interesse con l’industria. Nel 2018 l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti ha nuovamente autorizzato l’utilizzo dell’amianto crisolito come materiale per l’edilizia, revocando il divieto in vigore dal 1989.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, in base alle prove ottenute in numerosi studi scientifici di elevata qualità, ha incluso tutte le forme di amianto nella lista delle sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani (Gruppo 1). Nella letteratura scientifica sono tuttavia presenti alcune pubblicazioni in cui si afferma che il crisotilo, se opportunamente regolato, non è associato a rischi elevati di cancro. La tesi che viene sostenuta da questi autori è che le fibre di crisotilo, avendo caratteristiche diverse da quelle degli altri tipi di amianto, sarebbero eliminate dall’organismo e per questo non potrebbero causare tumori. In uno studio tedesco del 2017 è stato invece dimostrato che è possibile individuare nei polmoni le fibre di crisotilo anche molti anni dopo l’esposizione all’amianto.
Nella tesi “difesa ABC”, dall’inglese “Anything But Chrysotile” ossia “tutto ma non il crisotilo”, si sostiene che il crisotilo non sia cancerogeno. Fin dagli anni Trenta del Novecento, infatti, enti legati alle industrie, tra cui la Quebec Asbestos Mining Association (QAMA) o l’International Chrysotile Association (ICA), hanno sostenuto studi a supporto della sicurezza del crisotilo. Secondo questi i casi di cancro nelle persone esposte al crisotilo per lavoro si riconducevano a cause alternative, come contaminazioni del materiale con altri tipi di amianto o altre sostanze. La revisione di questi studi da parte di esperti ha però messo in luce che i dati su cui si basano sono stati manipolati e che i metodi di campionamento e di analisi erano scelti in modo da ottenere risultati utili a sostenere la tesi dell’innocuità del crisotilo.
Nel 2014 più di un centinaio di scienziati hanno scritto alla rivista Current Opinion in Pulmonary Medicine chiedendo che venisse ritrattato un articolo in cui si affermava che “la valutazione degli studi di tossicologia e epidemiologia sul crisotilo indicano che può essere usato in sicurezza”. L’autore, David M. Bernstein, aveva omesso di menzionare il proprio conflitto di interesse: aveva ricevuto compensi come consulente dall’ICA e da altre società legate all’industria dell’amianto.
Nel 2015 due scienziati inglesi, Fred Pooley e John Hoskins, hanno pubblicato un articolo intitolato Rivalutazione critica del crisotilo di Balangero e rischio mesotelioma. Balangero è un comune vicino a Torino nel cui territorio è stata attiva, dal 1904 fino al 1990, una cava di crisotilo. Tra i lavoratori della cava è stato registrato un aumento di mortalità per mesotelioma rispetto a quanto atteso. Nello studio inglese i ricercatori hanno messo in discussione che i tumori registrati a Balangero fossero dovuti a un’esposizione all’amianto e hanno sostenuto che, in ogni caso, la causa non fosse il crisotilo, ma altre forme del minerale. Il professor Corrado Magnani, docente di epidemiologia dell’Università del Piemonte orientale, e altri scienziati italiani hanno scritto una lettera all’editore della rivista Epidemiology Biostatistics and Public Health criticando l’articolo e smontando, punto per punto, gli elementi su cui si basava. Per esempio, nello studio si dichiarava che nella cava di Balangero venivano trasferiti anche sacchi contenenti altri tipi di amianto, ma non vi era alcuna prova a sostegno di questa affermazione. Si sosteneva anche che i lavoratori di Balangero facessero i pendolari tra la cava e Casale Monferrato (sede dell’Eternit, una fabbrica in cui si sono manifestati molti casi di mesotelioma). A prescindere dal fatto che le località distano circa 100 chilometri e che i tempi e i costi di spostamento sarebbero stati proibitivi, dai registri non risulta che nessun minatore di Balangero abbia mai lavorato nella fabbrica di Casale Monferrato. In seguito è emerso che Pooley e Hoskins hanno lavorato come consulenti per l’industria dell’asbesto.
L’amianto è un materiale che viene ancora utilizzato in molte parti del mondo, malgrado esistano solide prove della sua azione cancerogena a livello dei polmoni e del mesotelio (pleura e peritoneo). Nonostante in alcuni studi finanziati dall’industria dell’amianto si sostenga che il crisotilo non sia cancerogeno, la maggior parte delle ricerche e la classificazione dello IARC lo hanno incluso tra le forme cancerogene di cui andrebbe vietato e abolito l’uso, come è stato fatto in Italia dal 1992.
La monografia della IARC sull’amianto (in inglese)
Il documento (dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in cui si raccomanda l’abbandono dell’utilizzo di tutti i tipi di amianto (in inglese).
Agenzia Zoe