Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2024
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Esistono più di un centinaio di ceppi di papilloma virus umano (HPV). Quelli in grado di infettare il tratto genitale sono più di 40, ma solo alcuni sono cancerogeni e vengono detti “sierotipi ad alto rischio”. Altri, definiti “sierotipi a basso rischio”, sono la causa dei condilomi, verruche che compaiono nella zona genitale o anale. Si tratta di lesioni sostanzialmente benigne anche se altamente contagiose. Alcuni ceppi, in particolare il 16 e il 18, sono da soli responsabili del 70 per cento circa dei casi di tumore della cervice ed è contro di essi che è stato messo a punto il primo vaccino anti-HPV, disponibile dal 2006. In seguito è stato introdotto un vaccino quadrivalente che protegge anche contro i ceppi 6 e 11, associati al 90 per cento circa dei casi di condilomi, escrescenze benigne che però possono diffondersi, sono molto contagiose, e sono una spia per la possibile presenza di ceppi di HPV più ad alto rischio. Nel 2017 si è poi reso disponibile un terzo vaccino, detto nonavalente, che, oltre che da HPV 6, 11, 16 e 18, protegge da altri cinque sierotipi (31, 33, 45, 52 e 58) capaci di indurre il cancro. Questo vaccino potrebbe prevenire il 90 per cento circa dei tumori dipendenti da HPV.
Secondo i dati dei National Institutes of Health statunitensi, il virus HPV è responsabile di gran parte dei casi di alcuni tumori, e in particolare:
Si tratta di stime, non di dati esatti, per cui è possibile trovare valori discordanti forniti da fonti altrettanto attendibili che li hanno però calcolati con criteri differenti. Esistono inoltre delle differenze tra i vari Paesi. In Italia, per esempio, l’impatto dell’infezione sui tumori del cavo orale sembra inferiore rispetto all’azione di alcol e fumo, per cui questi agenti virali sono stati riconosciuti responsabili del 26 per cento circa dei tumori dell’orofaringe (fonte Epicentro), contro il 70 per cento degli USA.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che ha sostenuto fin dall’inizio l’introduzione della vaccinazione, il 5 per cento di tutti i casi di cancro nel mondo è associato all’infezione da HPV. Nei Paesi più sviluppati, grazie alla maggiore disponibilità di preservativi, a una migliore conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili e agli screening oncologici, l’HPV è responsabile del 3 per cento circa di tutti i tumori femminili e del 2 per cento di quelli maschili.
Alla luce dei dati disponibili, inizialmente l’OMS ha consigliato la vaccinazione di tutte le ragazze prima dell’inizio dell’attività sessuale. Il momento critico per il contagio, infatti, è nell’adolescenza e nella prima giovinezza, anche se l’effetto mutageno e oncogeno del virus è lento, per cui i tumori possono comparire anche dopo diversi decenni. Dato che le statistiche dimostrano che un’alta percentuale di ragazze ha il primo rapporto sessuale intorno ai 13 anni, l’Italia, come molti Paesi europei, ha stabilito che la vaccinazione debba essere fatta nel dodicesimo anno di età. Ciò non significa che non si possa posticiparla, ma in tal caso si esce dal programma vaccinale pubblico e gratuito e bisogna sostenere il costo della vaccinazione.
Il Codice europeo contro il cancro è una lista di 12 suggerimenti basati sulle evidenze scientifiche utili a ridurre il rischio individuale di sviluppare un tumore, stilata dagli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione. Al punto 11 specifica: “assicuratevi che i vostri figli partecipino ai programmi di vaccinazione contro l’epatite B (per i neonati) e contro il papillomavirus umano (HPV)”.
L’infezione da HPV è la più frequente in assoluto tra quelle sessualmente trasmesse. Non tutte le infezioni diventano clinicamente evidenti. Nella maggior parte dei casi il sistema immunitario è in grado, dopo un po’ di tempo, di eliminare il virus. Finché l’infezione non viene debellata, la persona contagiata può trasmetterlo ai propri partner sessuali.
Il vaccino serve anche ai ragazzi. I maschi che contraggono un’infezione da HPV possono andare incontro, oltre che ai condilomi anogenitali, al cancro del pene, dell’ano e a quello orofaringeo. Inoltre, vaccinare le ragazze mette al riparo dalla trasmissione sessuale del virus i maschi eterosessuali, ma non quelli omosessuali. Secondo l’OMS è opportuno vaccinare anche gli adolescenti maschi, come previsto in Italia dal Piano nazionale prevenzione vaccini 2017-2019.
Attualmente sono previste 2 o 3 dosi di vaccino a seconda dell’età. Alcuni studi suggeriscono che potrebbe bastare una sola dose: se così fosse, sarebbe più facile e meno costoso vaccinare i giovani in tutto il mondo. L’OMS considera l’eliminazione del cancro della cervice una priorità per la salute pubblica e considera l’obiettivo raggiungibile a condizione che vengano messe in atto alcune strategie, tra cui fare in modo che il 90 per cento delle ragazze sotto i 15 anni siano vaccinate contro l’HPV entro il 2030. Se il dato sull’efficacia di una singola dose di vaccino sarà confermato, saranno le autorità sanitarie ad adeguare il programma di vaccinazione. Fino ad allora è opportuno affidarsi alle raccomandazioni del proprio medico e dei centri vaccinali.
Uno studio condotto in Australia, dove il vaccino quadrivalente è stato introdotto a tappeto tra le ragazze molti anni fa, ha dimostrato che dopo soli 4 anni dall’ultima somministrazione vi è stata una riduzione dell’85 per cento dei casi di condilomi. Stabilire l’impatto della vaccinazione sui casi di tumore è più difficile, dato il lento sviluppo della malattia. L’efficacia sulle malattie sessualmente trasmissibili, che è rapidamente misurabile, è considerata però dagli esperti un indice indiretto di validità anche della profilassi antitumorale.
I risultati di una metanalisi, ovvero un’analisi statistica con cui si combinano i dati di più studi sullo stesso argomento, hanno dimostrato che l’introduzione della vaccinazione ha portato a una consistente riduzione dei casi di infezione e della frequenza di patologie dipendenti da HPV. In questa analisi, in cui sono stati inseriti i dati di circa 60 milioni di individui, gli autori hanno dimostrato che dopo l’introduzione del vaccino si è verificata una riduzione della frequenza dei condilomi anogenitali nei giovani di entrambi i sessi. Inoltre si è osservata una diminuzione delle diagnosi di lesioni precancerose del collo dell’utero tra le ragazze e le giovani donne. L’impatto della vaccinazione a livello di popolazione è stato maggiore, e osservabile in meno tempo, nei Paesi con una copertura vaccinale più elevata. Infatti, se un’alta percentuale di persone si vaccina, il virus fatica a circolare e si crea la cosiddetta “immunità di gregge”, per cui anche una piccola percentuale di persone non vaccinate per motivi medici è comunque protetta.
Una prima evidenza diretta dell’efficacia del vaccino contro il papillomavirus umano nel prevenire l’insorgenza del carcinoma della cervice è arrivata da uno studio inglese i cui risultati sono stati pubblicati nel 2021 sulla rivista medica The Lancet. Prendendo in esame le diagnosi effettuate in Inghilterra tra il 2006 e il 2019, i ricercatori hanno osservato che l’incidenza del tumore della cervice uterina era dell’87 per cento più bassa nelle donne vaccinate contro il papillomavirus umano (HPV) all’età di 12-13 anni che tra le donne non vaccinate. È stato stimato che, grazie all’introduzione della vaccinazione, in Inghilterra nel 2019 si sono verificati 450 casi di tumore della cervice in meno rispetto a quanto atteso. Inoltre, sono stati diagnosticati 17.000 casi in meno di lesioni preneoplastiche gravi (CIN3), che nel tempo possono trasformarsi in carcinomi.
Il tumore della cervice potrebbe essere eliminato a livello globale entro la fine del XXI secolo. Usando analisi matematiche alcuni ricercatori hanno stabilito che, se il 90 per cento delle ragazze fosse vaccinato contro l’HPV entro il 2030, i casi di tumore della cervice diminuirebbero dell’89 per cento circa nelle nazioni a basso e medio reddito dove questa malattia è più diffusa, il che corrisponderebbe a 60 milioni di casi di tumore in meno. I casi diminuirebbero addirittura del 97 per cento se, come suggerito dall’OMS, il 70 per cento delle donne si sottoponesse a screening per il tumore della cervice almeno 1-2 volte nel corso della vita. Se il 90 per cento delle pazienti con lesioni precancerose venisse trattato in modo adeguato, si avrebbe una riduzione di 72 milioni di casi di tumore della cervice e di 62 milioni di morti. Nelle nazioni ad alto reddito, adottando le strategie dell’OMS, il tumore della cervice potrebbe scomparire già nel 2040.
Il vaccino contro l’HPV è molto sicuro. Nella maggior parte dei casi comporta solo lievi disturbi locali nel sito dell’iniezione e talvolta qualche linea di febbre. Di recente sono state condotte due importanti revisioni sulla sua sicurezza. Nella prima, effettuata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta, sono emersi alcuni rari casi di svenimento senza conseguenze (sempre che la persona sia tenuta sotto osservazione per circa mezz’ora dopo l’iniezione) e, sempre molto raramente, un lieve aumento dei casi di trombosi venosa in donne considerate già a rischio (per esempio perché assumono ormoni). Una revisione condotta in Danimarca e Svezia ha ottenuto risultati altrettanto rassicuranti.
Certamente sì: bisogna continuare a usare il preservativo perché i rapporti non protetti espongono al rischio di contrarre altre malattie a trasmissione sessuale. Alcune ricerche hanno evidenziato che proprio il fatto di sottoporsi alla vaccinazione contro l’HPV consente ai giovani di informarsi con personale esperto, di riflettere e diventare più consapevoli riguardo alle malattie a trasmissione sessuale. Per questo è infondato il timore che dopo la vaccinazione le persone, sentendosi protette, non usino il preservativo.
Sì, lo screening per il tumore della cervice, tramite Pap test, è raccomandato anche a chi è vaccinato. Il vaccino previene infatti la maggior parte dei casi di tumore della cervice uterina, non la totalità: per questo il Pap test, un esame minimamente invasivo che identifica le lesioni precancerose della cervice, resta uno strumento di diagnosi precoce necessario. Si stima che attualmente in Italia il programma di screening permetta di diagnosticare ogni anno circa 130.000 casi di lesioni precancerose, destinati a ridursi drasticamente con la diffusione del vaccino. È possibile che in futuro, grazie all’efficacia della vaccinazione, il tempo tra un controllo e l’altro possa essere ampliato e che si ritardi l’inizio dello screening.
Il vaccino anti-HPV ha circa 10 anni di vita sul mercato e circa 20 anni di osservazioni cliniche. Al momento sembra che la copertura duri dai 10 ai 20 anni (10 se si tengono in considerazione anche gli studi in cui si è valutata la permanenza degli anticorpi in animali di laboratorio, 20 se consideriamo solo gli studi negli esseri umani), ma ulteriori studi sono in corso per valutare la durata sul lungo periodo. Nel caso in cui, come accade per altri vaccini come quello contro il tetano, si dovesse notare un calo di copertura dopo un certo numero di anni, si potrà procedere con dei richiami vaccinali.
Testo originale pubblicato in data 19 febbraio 2020
Testo aggiornato pubblicato in data 18 luglio 2024
Agenzia Zoe