Ultimo aggiornamento: 6 luglio 2021
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Dal momento che gli ormoni prodotti naturalmente dalla donna possono favorire la comparsa di alcuni tumori come il cancro del seno, i ricercatori si sono chiesti se l'uso di pillole contraccettive, che contengono lo stesso tipo di ormone in forma sintetica, fosse in grado di influenzare il rischio individuale di ammalarsi di cancro.
Inoltre, come spiegano gli esperti del National Cancer Institute statunitense, c’è anche la possibilità che i contraccettivi orali aumentino il rischio di ammalarsi di tumore della cervice in maniera diretta, rendendo le cellule della cervice uterina più suscettibili a infezioni persistenti da ceppi di HPV ad alto rischio.
Gli esperti hanno individuato anche diversi meccanismi attraverso cui i contraccettivi orali potrebbero ridurre il rischio di sviluppare tumori. Tra questi, la soppressione della proliferazione delle cellule dell’endometrio, la riduzione del numero di ovulazioni, con la conseguente riduzione anche dell’esposizione ai naturali ormoni femminili legati al tumore ovarico, e infine la diminuzione dei livelli di acidi biliari nel sangue con conseguente protezione contro il tumore del colon-retto.
Sono stati condotti numerosi studi nel corso degli anni, fin dalla messa in commercio delle prime pillole contraccettive. Questo ha creato alcuni problemi nell'analisi comparativa dei risultati e ha dato origine a informazioni contrastanti circa l'esistenza di tale rischio e la sua entità, dato che le prime pillole arrivate sul mercato contenevano quantitativi molto elevati di ormoni, a differenza di quelle più moderne a basso dosaggio. Studi più recenti si sono concentrati, oltre che sulla quantità di ormoni contenuta nelle pillole, anche sulla loro maggiore o minore capacità di mimare l’andamento naturale del ciclo ormonale femminile, dimostrando che non vi sono differenze sostanziali nel rischio oncologico se si usano le cosiddette pillole monofase (che hanno sempre lo stesso dosaggio di ormoni durante tutto il mese tranne che nella fase di interruzione per dare luogo alla mestruazione) o le pillole a fasi (quelle che in genere hanno compresse di colori diversi per le diverse fasi del ciclo).
Dato che gli studi sul rischio di sviluppare tumori vengono fatti su donne che hanno assunto in passato preparati molto diversi da quelli oggi in commercio, non sempre i risultati si possono applicare ai farmaci oggi venduti nelle farmacie, che sono essenzialmente di due tipi:
La cosiddetta minipillola è usata da poche donne e in genere viene prescritta in casi particolari, come per esempio in presenza di un elevato rischio di coaguli di sangue alle gambe o ai polmoni o se la donna ha qualche riserva nell’assumere estrogeni.
La scarsa diffusione della minipillola rende più complesso per gli epidemiologi condurre uno studio statisticamente valido verificando gli effetti sul rischio di tumore. Gli studi su questa specifica formulazione sono infatti pochi e condotti su un numero limitato di donne. Per le conclusioni limitate che se ne possono trarre, dimostrano che gli effetti della minipillola sono simili a quelli della pillola combinata, anche se una revisione sistematica pubblicata nel 2016 sulla rivista Breast Cancer Research and Treatment giunge a conclusioni più favorevoli, ritenendo che cinque studi di buona qualità su sei giudicano sicura la minipillola (usata prevalentemente per trattare i disturbi del ciclo mestruale).
Per quel che riguarda invece la pillola combinata, la più utilizzata, gli studi sono più numerosi. Nonostante ciò, presentano anch'essi risultati contraddittori. In generale dimostrano una riduzione del rischio di ammalarsi di cancro dell'ovaio, dell'endometrio e del colon, e un aumento del rischio di ammalarsi di cancro del seno, della cervice uterina e del fegato.
I risultati di uno studio che ha seguito 46.000 donne britanniche per oltre 30 anni, pubblicati nel 2017 sull'American Journal of Obstetrics and Gynaecology, mostrano che la pillola combinata aumenta il rischio di sviluppare un tumore del seno o della cervice uterina, ma questo incremento del rischio si azzera entro 5 anni da quando si smette di assumere il contraccettivo orale. Dallo stesso studio emerge anche che la pillola riduce il rischio di ammalarsi di cancro del colon-retto, dell'endometrio e dell'ovaio negli anni di assunzione e che il beneficio dura per oltre 30 anni una volta interrotta l’assunzione.
Le conclusioni sono che la pillola ha un effetto "neutro" sul rischio complessivo dei diversi tipi di cancro.
Anche questo studio, però, è stato contestato perché analizza il destino di donne che hanno preso la pillola dal 1969 in poi (quindi in una situazione molto diversa da quella attuale) e per un tempo medio di 3,5 anni (probabilmente più breve di quello comune oggi tra le donne che scelgono questo mezzo contraccettivo).
Nel 2017 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati raccolti da un importante studio danese, che confermano come le donne che hanno assunto i contraccettivi orali abbiano una probabilità maggiore (intorno al 20 per cento in più di rischio relativo) di sviluppare un cancro al seno rispetto a quelle che non li hanno mai usati. Secondo i risultati dello studio, l’aumento del rischio relativo varia dallo 0 al 60 per cento a seconda del tipo di pillola utilizzata e della durata generale del trattamento.
Viceversa, le donne che hanno usato contraccettivi orali hanno un rischio relativo di sviluppare un cancro dell’endometrio di circa il 30 per cento inferiore rispetto a chi non li ha mai assunti, con una riduzione sempre maggiore quanto più a lungo si utilizza il farmaco. L’effetto perdura per alcuni anni dopo l’interruzione. Inoltre un’analisi delle donne che hanno partecipato al NIH-AARP Diet and Health Study ha dimostrato che è particolarmente pronunciato in quelle che fumano e in quelle obese, due categorie di persone già notoriamente a rischio.
I contraccettivi orali riducono tra il 30 e il 50 per cento il rischio di sviluppare un cancro dell’ovaio, con un effetto che dura anche fino a 30 anni dopo l’interruzione. La riduzione del rischio si riscontra anche nelle donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2.
Infine, l’uso di contraccettivi orali è associato a una riduzione del rischio relativo di ammalarsi di cancro del colon-retto del 15-20 per cento circa.
È importante ricordare che l’uso dei contraccettivi orali può influire non solo sul rischio oncologico ma anche su quello cardiovascolare e metabolico. Solo il medico curante può fare un bilancio generale e dare un consiglio personalizzato. Nelle considerazioni va probabilmente anche tenuto conto del fatto che i contraccettivi orali sono un metodo molto sicuro per evitare gravidanze indesiderate, ma non proteggono dalle malattie sessualmente trasmissibili, alcune delle quali aumentano il rischio di tumore (per esempio l’infezione da HPV, il Papilloma virus umano, è tra le principali cause del cancro della cervice).
Agenzia Zoe