Ultimo aggiornamento: 10 luglio 2024
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Senza glutine, senza grassi, senza lattosio, senza zucchero... C’è l’imbarazzo della scelta quando si tratta di regimi alimentari che bandiscono dalla tavola uno o più alimenti perché percepiti come potenzialmente pericolosi per la salute. Se in alcuni casi questa eliminazione è davvero importante e raccomandata dai medici, in molti altri casi si tratta di mode momentanee, basate su convinzioni personali più che su dati medico-scientifici dimostrati.
Eliminare del tutto gli zuccheri dalla dieta è non solo un’impresa ardua, ma è soprattutto un’azione che può essere pericolosa per la salute ed è priva di senso per la prevenzione dei tumori. Lo zucchero è infatti il carburante principale delle nostre cellule, sia sane sia malate, e un nutriente fondamentale perché l’organismo funzioni al meglio. Al momento i dati scientifici disponibili non permettono di affermare che seguire una dieta priva di zuccheri possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore o possa migliorare la sopravvivenza in chi ha ricevuto diagnosi di tumore.
I ricercatori sanno da tempo che le cellule tumorali hanno modi particolari di procurarsi la grande quantità di energia di cui necessitano. Tra questi vi è il cosiddetto effetto Warburg, descritto circa un secolo fa dal fisiologo tedesco Otto Heinrich Warburg da cui ha preso il nome. Le differenze di approvvigionamento energetico tra cellule sane e tumorali potrebbero essere uno dei talloni d’Achille del cancro, su cui sviluppare possibili future terapie. Al momento si tratta di ipotesi sperimentali per possibili terapie di domani, che non hanno nulla a che fare con quello che portiamo o porteremo ogni giorno in tavola, zuccheri inclusi.
Secondo un sondaggio condotto dall’American Institute for Cancer Research (AICR), quattro persone su dieci sono convinte che una dieta ad alto contenuto di grassi possa aumentare il rischio di cancro. In numerosi studi epidemiologici si è osservata una forte associazione tra dieta poco equilibrata, sovrappeso, obesità e tumori. Inoltre, in Paesi con una dieta più povera di grassi come il Giappone, gli epidemiologi hanno osservato minori casi di cancro rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, dove il consumo di grassi è più elevato. Tuttavia, studi condotti su periodi più lunghi, e che tengono conto di altri fattori legati allo stile di vita hanno portato a conclusioni in parte differenti. Il rischio di tumore non sarebbe, in questi casi, strettamente legato al consumo di grassi in sé, almeno non in modo diretto.
Anche l’aumento del rischio di tumore del colon-retto, associato al consumo eccessivo di carni rosse e lavorate e segnalato nel 2015 dalla International Agency for Research on Cancer (IARC) in una monografia dedicata, non sembra direttamente associato alla presenza di grassi in questi alimenti. Altre sostanze potrebbero avere un ruolo maggiore, per esempio il ferro contenuto nei globuli rossi, che ha un’azione ossido-riducente in grado di danneggiare il DNA.
Nuove ipotesi sul ruolo dei grassi nello sviluppo dei tumori non mancano anche in studi di laboratorio. In un articolo pubblicato sulla rivista Cancer Discovery nel 2018, alcuni ricercatori del Memorial Sloan Kettering Center di New York hanno suggerito un nuovo potenziale legame tra grassi e cancro. Analizzando le cellule di melanoma in un animale di laboratorio, lo zebrafish, i ricercatori hanno osservato che queste si posizionano molto spesso vicino ai tessuti adiposi, utilizzando il grasso come “terreno fertile” da cui trarre energia per crescere e diffondersi in altre aree. “Si tratta di risultati preliminari che necessitano di molte altre conferme e valutazioni prima di poter essere applicati anche agli esseri umani” hanno spiegato i ricercatori, precisando che al momento lo studio non ha prodotto dati sufficienti per poter dare raccomandazioni specifiche su come modificare l’assunzione di grassi con la dieta.
Anche gli esperti della Harvard T.H. Chan School of Medicine ribadiscono che al momento non sono state dimostrate associazioni certe tra consumo di grassi e rischio di tumore, e hanno riportato su una pagina dedicata del proprio sito internet alcuni esempi di dati contraddittori emersi da diversi studi.
Una cosa è certa: dare un taglio netto agli zuccheri e ai grassi in eccesso aiuta a prevenire l’aumento di peso, un noto fattore di rischio per i tumori. Lo dimostrano anche i dati pubblicati sul New England Journal of Medicine: l’eccesso di grasso corporeo sembra essere associato all’aumento di rischio di ben 13 tipi di tumori solidi, tra i quali cancro del fegato, del seno in donne in post-menopausa, del colon-retto, dell’ovaio, del corpo dell’utero e del pancreas.
Ma cosa significa consumare zuccheri e grassi in eccesso? Nel rapporto dedicato ai livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana (LARN), gli esperti della Società italiana di nutrizione umana (SINU) forniscono dati precisi sia sulle quantità di energia (chilocalorie) da assumere nelle diverse fasi della vita, sia su come queste quantità devono essere distribuite tra i principali macronutrienti (zuccheri, grassi e proteine). In persone adulte senza particolari problemi di salute, le calorie all’interno della dieta quotidiana dovrebbero derivare grossomodo per il 45-60 per cento dagli zuccheri e per il 25-35 per cento dai grassi. Attenzione però: zuccheri e grassi non sono tutti uguali e anche per questa ragione eliminare del tutto una di queste categorie di nutrienti potrebbe portare a gravi problemi di salute. Tra gli zuccheri, i più pericolosi per la salute, e quindi da ridurre, sono quelli semplici, come lo zucchero aggiunto a cibi e bevande. È invece importante consumare frutta e cereali integrali, fonte di zuccheri complessi oltre che di fibre, antiossidanti e vitamine. Il discorso è simile per i grassi: sono da evitare o comunque ridurre al minimo quelli saturi di origine animale (per esempio burro e grassi contenuti nelle carni), scegliendo invece grassi vegetali per dare sapore ai propri piatti (olio di oliva, olio di noci e simili).
In un articolo pubblicato sull’International Journal of Molecular Science nel 2020, alcuni ricercatori hanno ribadito che non tutti i grassi sono uguali per la salute. Spesso l’aumento del rischio di sviluppare malattie come diabete e cancro, comune in chi segue una dieta ricca di grassi, è dovuto allo sviluppo di sovrappeso e obesità, condizioni purtroppo comuni e pericolose per la salute. “Servono comunque altri studi per stabilire con certezza il ruolo dei diversi grassi nel controllo della crescita cellulare e per trovare strategie efficaci per la prevenzione e il trattamento dei tumori” hanno scritto gli esperti.
Tra gli alimenti più spesso messi sotto accusa come nemici della salute non si possono dimenticare quelli che contengono glutine, una proteina presente in cereali di uso comune come frumento, orzo e segale. Ancora una volta, però, il rischio di fraintendimenti e di errori è alto e sugli scaffali dei supermercati sono sempre più numerosi i prodotti “gluten free” ricercati e consumati da milioni di persone, spesso senza una reale necessità medica. Ha davvero senso escludere il glutine dalla tavola? Ed esiste una relazione tra glutine e cancro?
Gli esperti dell’Associazione italiana celiachia (AIC) spiegano che l’esclusione dalla dieta di prodotti che contengono glutine è necessaria solo per chi soffre di celiachia diagnosticata da uno specialista, circa l’1 per cento della popolazione in Italia e in Europa. Si tratta di una malattia autoimmune che può manifestarsi, in persone geneticamente predisposte, con danni all’intestino tenue in seguito all’ingestione di glutine. Nel mondo si stima che la celiachia colpisca circa una persona su 100.
Dal punto di vista economico, il giro d’affari attorno ai prodotti senza glutine è enorme e in continua crescita: solo negli Stati Uniti, nel 2016 sono stati spesi circa 15,5 miliardi di dollari in cibi senza glutine, il doppio del 2011. La maggior parte degli studi scientifici negano che vi sia un beneficio nel seguire una dieta senza glutine se non si è davvero celiaci. In un articolo pubblicato nel 2018 sulla rivista Gastroenterology & Hepatology, gli autori sostengono che il consumo di alimenti senza glutine da parte di persone non celiache ma con disturbi gastrointestinali di tipo infiammatorio (malattie croniche dell’intestino, coliti) potrebbe portare a una riduzione dei sintomi. Tuttavia, i risultati di un singolo studio non sono sufficienti a consigliare a una popolazione piuttosto numerosa di consumare solo cibi privi di glutine. Inoltre, non è possibile escludere effetti collaterali di una dieta priva di glutine in persone non celiache: in primo luogo si possono verificare carenze nutrizionali (per esempio uno scarso consumo di fibre), nonché ripercussioni di tipo economico e sociale. Infine, non ci sono a oggi dati che dimostrino un legame fra assunzione di glutine e aumento del rischio di tumori nella popolazione generale. Il rischio può esistere per le persone celiache, perché in tal caso l’assunzione di glutine mantiene uno stato infiammatorio cronico della parete intestinale che può favorire i tumori, ma questo rischio non esiste nella popolazione non colpita dalla malattia.
Leggermente controcorrente vanno i risultati di uno studio, pubblicati nel 2020 sullo European Journal of Nutrition, che mostrano un’associazione tra consumo di glutine e aumento del rischio di un particolare tipo di tumore del colon (il tumore prossimale). Gli autori hanno tuttavia precisato che “queste osservazioni richiedono ulteriori approfondimenti” e hanno peraltro confermato il ruolo del consumo di cereali integrali nella protezione contro il tumore del colon-retto. Sempre per quanto riguarda i tumori del tratto digestivo, i risultati di uno studio pubblicati sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology non hanno mostrato alcun legame tra consumo di glutine e questo tipo di tumori (incluso quello del colon-retto).
Il latte e i suoi derivati vengono spesso additati come nemici della salute per diverse ragioni. Uno di questi sarebbe il lattosio, lo zucchero che si trova naturalmente nel latte ed è costituito da glucosio più galattosio. In chi è intollerante, il consumo di questo provoca sintomi intestinali. Altri fattori di rischio sarebbero i grassi e altre molecole contenute nel latte, che aiuterebbero la crescita delle cellule tumorali attraverso vari meccanismi. Se per chi riceve una diagnosi certa di intolleranza al lattosio è necessario fare attenzione al consumo di latte e derivati, i risultati degli studi più recenti non hanno in genere mostrato legami significativi tra il rischio di sviluppare un tumore e il consumo di latticini. Anzi, in alcuni casi tale consumo sembra avere un effetto protettivo contro il cancro.
Nel rapporto su dieta, attività fisica e cancro, pubblicato nel 2018 da World Cancer Research Fund (WCRF) e dall’American Institute for Cancer Research (AICR) e basato sull’analisi congiunta e aggiornata dei dati disponibili sul tema, i ricercatori hanno identificato prove forti di un potenziale effetto protettivo del consumo di latticini contro il rischio di tumore del colon. Nello stesso rapporto i ricercatori hanno inoltre sottolineato le prove, seppur limitate, che sembrano associare il consumo di latte e derivati e la riduzione del rischio di tumore del seno in premenopausa e un incremento del rischio di tumore della prostata.
Una dieta che escluda a priori latte e latticini potrebbe peraltro avere conseguenze sulla salute generale, a partire dalla carenza di nutrienti essenziali come il calcio, oltre a non portare vantaggi certi per la prevenzione oncologica.
Secondo uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Lancet Oncology nel 2021, il 4,1 per cento circa di tutti i tumori diagnosticati nel 2020 sono attribuibili al consumo di alcol, pari a circa 741.300 diagnosi. Si tratta di numeri che fanno riflettere.
Da anni gli esperti raccomandano di limitare il consumo di bevande alcoliche a chi vuole mantenersi in buona salute. Le linee guida della American Cancer Society Guideline su dieta e attività fisica per la prevenzione del cancro, aggiornate al 2020, sono categoriche e spiegano che è meglio evitare del tutto il consumo di bevande alcoliche. Chi sceglie comunque di consumare alcol dovrebbe limitarsi a due unità alcoliche al giorno per gli uomini e a una per le donne, secondo quanto si legge anche nelle linee guida italiane. In questo contesto è importante ricordare che non ci sono differenze tra l’alcol (etanolo per essere precisi) contenuto nel vino e quello della birra o dei superalcolici: un’unità alcolica è pari a circa 12 grammi di alcol, che in pratica corrispondono a un bicchiere di vino di media gradazione (125 millilitri), una lattina di birra (330 millilitri) o una dose standard (40 millilitri) di superalcolico.
Per quanto riguarda in particolare il rapporto tra alcol e cancro, la International Agency for Research on Cancer (IARC) classifica questa sostanza come “sicuramente cancerogena per gli esseri umani”. In effetti numerosi studi hanno legato il consumo di alcol allo sviluppo di tumori di bocca, faringe, laringe, esofago, fegato, colon-retto e seno, mentre per altri tipi di tumore il rischio è meno definito.
Al momento restano ancora alcuni dubbi da chiarire in merito ai meccanismi alla base dell’aumento di rischio di sviluppare un cancro dovuto al consumo di alcol. Gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel loro Rapporto su alcol e salute, indicano alcuni meccanismi plausibili: l’alcol può danneggiare il DNA delle cellule e interferire con i meccanismi che permettono di riparare tali danni; inoltre può portare a carenze nutrizionali e alterare i livelli di ormoni che a loro volta possono influenzare il rischio di ammalarsi di alcuni tumori.
Da non dimenticare poi che l’alcol non è privo di calorie: contiene circa 7 chilocalorie per grammo (per i carboidrati sono circa 4 per grammo) e può quindi aumentare l’apporto calorico totale della dieta, e di conseguenza il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità.
Un tema molto discusso negli anni più recenti è il legame tra consumo di cibi ultralavorati (piatti pronti sempre più comuni anche sulle tavole italiane) e rischio di numerose malattie, tra le quali il cancro. Come si legge in un articolo pubblicato nel 2023 su The Lancet Regional Health – Europe, “la disponibilità e il consumo di questi alimenti sono aumentati in tutto il mondo e rappresentano oggi il 50-60 per cento circa dell’apporto energetico giornaliero in alcuni Paesi ad alto reddito, e i Paesi a medio e basso reddito stanno seguendo l’esempio”. A questo proposito sono interessanti i risultati dello studio “European countries in the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition” (EPIC), in cui sono state seguite più di 260.000 persone per oltre 11 anni. I risultati hanno mostrato un’associazione tra alto consumo di cibi ultraprocessati e aumento del rischio di cancro e di multiple malattie cardiometaboliche. Questi dati non hanno però convinto tutti, tanto che alcuni esperti in italia hanno sottolineato il fatto che non tutti i cibi ultralavorati hanno lo stesso impatto nel determinare il rischio di tumore. Quelli di origine animale e le bevande zuccherate sembrano in cima alla classifica dei più dannosi, mentre occorre fare attenzione a trarre conclusioni su altri tipi di alimenti processati.
Servono ulteriori studi per arrivare a conclusioni definitive. Le prove emerse finora non permettono infatti di stabilire un nesso di causa ed effetto tra singoli alimenti ultralavorati o loro ingredienti e il rischio di cancro. Tuttavia, alcune conclusioni sono ben fondate, come il fatto che ogni eccesso alimentare a lungo termine aumenta il rischio di sviluppare tumori. Tra gli articoli più recenti, una revisione di metanalisi pubblicata sul British Medical Journal nel 2024 ha messo in luce un aumento dei rischi per la salute in particolare cardiometabolica, legato al consumo eccessivo di questi alimenti. In attesa che i ricercatori scoprano i meccanismi che legano gli alimenti ultralavorati ai rischi per la salute, meglio quindi non esagerare con i cibi pronti.
Ridurre il rischio di sviluppare le tipiche malattie dell’invecchiamento (compresi alcuni tumori) attraverso le scelte alimentari di tutti i giorni non è un’utopia, ma una possibilità ormai accertata dalla ricerca. Di solito però i risultati si ottengono non eliminando un singolo alimento, bensì adottando una dieta complessivamente varia ed equilibrata e associandola a una vita attiva.
Data la complessità del legame tra nutrizione e cancro, è importante compiere sempre scelte consapevoli: leggere sempre le etichette dei prodotti acquistati per sapere che cosa contengono è un buon inizio e, in caso di dubbio, è opportuno rivolgersi al proprio medico. Eliminare invece dalla dieta uno o più alimenti, o intere categorie di alimenti, anche se con le migliori intenzioni, può essere un grave errore e portare a serie carenze nutritive. L’aumento di prodotti che vantano sulla confezione di essere “senza qualcosa” possono aiutare la persona con una specifica diagnosi, per esempio di allergia o di celiachia, ma non la popolazione generale che non soffre di tali disturbi. Inoltre, spesso l’ingrediente sostitutivo non è più salutare di quello eliminato (per esempio i prodotti senza zucchero sono spesso pieni di dolcificanti, che non sono una scelta più sana). L’organismo ha bisogno in realtà di una dieta varia ed equilibrata, che contenga nelle proporzioni adeguate tutti i nutrienti necessari al suo buon funzionamento. Diete sbilanciate, per eccesso o per difetto, rischiano di danneggiare gravemente la salute.
Testo originale pubblicato in data 19 luglio 2022.
Testo aggiornato pubblicato in data 10 luglio 2024.
Agenzia Zoe