È vero che gli alimenti con la muffa fanno venire il cancro?

Dipende. Non tutte le muffe sono cancerogene, ma alcuni tipi di funghi della famiglia degli aspergilli possono attaccare i cibi e rilasciare aflatossine, sostanze tossiche che sono mutagene e cancerogene per il fegato.

Ultimo aggiornamento: 5 agosto 2024

Tempo di lettura: 6 minuti

In breve

  • Non tutte le muffe sono pericolose per la salute.
  • Alcuni funghi della famiglia degli aspergilli, che contaminano alimenti mal conservati, possono produrre sostanze tossiche, chiamate aflatossine. Si possono trovare, in particolare, in cereali, frutta secca, legumi e spezie.
  • Le aflatossine sono classificate tra i cancerogeni certi per gli esseri umani: sono genotossiche e possono provocare il cancro del fegato.
  • Esistono intossicazioni acute (rare) o intossicazioni croniche dovute all’assunzione continuativa di piccole quantità di alimenti contaminati. Per ridurre la presenza di aflatossine esistono, almeno nei Paesi ad alto reddito come il nostro, norme di raccolta, lavorazione e conservazione degli alimenti a rischio.
  • Altri tipi di tossine, come l’ocratossina A, sono state associate allo sviluppo di tumori in animali di laboratorio, ma i dati negli esseri umani non confermano questo risultato.

Le muffe sono cancerogene? Molti siti internet affermano di sì. Per fortuna non è sempre così, altrimenti qualsiasi formaggio erborinato o frutto leggermente avariato sarebbe un grave rischio per la salute.

Detto ciò, è comunque importante sapere che esistono alcune muffe davvero pericolose dal punto di vista oncologico. Le più note sono quelle formate da colonie di funghi del genere Aspergillus (A.), che si sviluppano soprattutto sui cereali (in particolare sul mais, ma non solo), sui legumi (come soia, fagioli, arachidi), su alcuni semi oleosi, sulle spezie, sulle granaglie, sulla frutta secca e in alcuni cibi disseccati (come i fichi secchi).

Tra le specie di aspergilli in grado di produrre aflatossine si possono ricordare A. flavus, A. parasiticus, A. nomius, A. pseudotamarii, A. bombycis, A. ochraceoroseus e A. australis. Tra queste, Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus sono responsabili della produzione della maggior parte delle aflatossine identificate nelle derrate alimentari contaminate di tutto il mondo. Questi funghi si sviluppano soprattutto quando gli alimenti sono conservati a temperature tra i 25 e i 32 °C e con tassi di umidità dell’ambiente di oltre l’80 per cento.

Qual è il legame tra aflatossine e cancro?

Esistono circa 20 diversi tipi di aflatossine. Tra questi, i tipi B1, B2, G1, G2 ed M1 sono i più pericolosi per la salute umana. Aspergillus flavus produce i tipi B1 e B2, mentre Aspergillus parasiticus è responsabile dei tipi sia B sia G1 e G2. Le aflatossine si ritrovano soprattutto in alimenti vegetali (come cereali, legumi e frutta secca), ma l’aflatossina M1, che deriva dall’aflatossina B1, si può ritrovare nel latte di animali nutriti con cibo contaminato da aflatossine B.

L’aflatossina B1 è genotossica, cioè danneggia il DNA. Dai geni così alterati possono essere prodotte proteine che possono provocare il cancro del fegato. Alcuni studi hanno messo in particolare in relazione l’intossicazione da aflatossina con mutazioni del gene p53, un importante oncosoppressore: se è alterato, la cellula è privata di una protezione importante contro il cancro. Fino al 50 per cento circa dei pazienti con tumore del fegato che vivono in aree dove c’è elevata esposizione alle aflatossine ha una specifica mutazione puntiforme in questo gene.

Se assunta in grandi quantità, come avviene nel caso di un’intossicazione acuta (per fortuna rara), l’aflatossina B1 può provocare anche emorragie del tratto gastrointestinale e dei reni. Epidemie di intossicazioni da aflatossine si sono verificate soprattutto in Africa, dove non esistono sistemi di controllo della coltivazione e dello stoccaggio dei cereali.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione si occupa da circa 50 anni di valutare l’effetto cancerogeno delle diverse sostanze. Secondo la loro classificazione, le aflatossine appartengono al gruppo 1, quello delle “sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani”. Come ricordato in alcuni studi, per esempio dagli esperti della IARC (anche in una recente revisione sul tema, Volume 100F del 2012), la principale fonte di esposizione a queste tossine sono proprio gli alimenti. Esiste inoltre la possibilità di esposizione professionale, in particolare per le persone che hanno a che fare con derrate alimentari contaminate (per esempio agricoltori, allevatori, veterinari e tecnici della produzione alimentare).

Oltre che con intossicazioni acute, le aflatossine possono avvelenare lentamente se assunte in basse dosi e per lunghi periodi. Sono inoltre particolarmente pericolose per le persone che già soffrono di malattie croniche del fegato.

Le aflatossine resistono alle alte temperature: ecco perché anche i prodotti ottenuti da lavorazione industriali di materie prime contaminate possono essere tossici.

Altre tossine sotto i riflettori

Come ricordano gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), oltre alle aflatossine esistono anche altre tossine prodotte da microrganismi che possono avere un impatto negativo sulla salute.

Per esempio, l’ocratossina A si forma durante la conservazione delle colture ed è una causa nota di effetti tossici in diverse specie animali, in particolare con danni renali, ma anche con potenziali effetti sullo sviluppo del feto e sul sistema immunitario. In altre specie animali è chiaro il legame tra l’esposizione a questa tossina,  la tossicità renale e il rischio di cancro ai reni, mentre negli esseri umani la medesima associazione non è altrettanto definita, sebbene siano stati osservati effetti sui reni.

Anche la patulina, una tossina prodotta da diversi tipi di muffe, può causare problemi alla salute. Presente nelle mele e nei prodotti a base di mele in decomposizione (ma anche in vari frutti, cereali e alimenti ammuffiti), la patulina è considerata genotossica, ma non è ancora stato dimostrato che possa avere un effetto cancerogeno.

Come si può sapere se un cibo è contaminato?

Le aflatossine, come altre tossine, non si vedono e non hanno sapore. Se sui cibi sono visibili muffe, ciò non è indicativo di una loro eventuale presenza. Solo seri controlli della filiera di coltivazione, produzione e stoccaggio consentono di raggiungere la sicurezza richiesta per legge, che consente di offrire ai consumatori prodotti non a rischio di contaminazione da aflatossine.

L’Unione Europea ha introdotto diverse norme per ridurre al minimo la presenza di aflatossine negli alimenti. Esiste infatti un regolamento (il 1881 del 2006) che stabilisce le concentrazioni massime accettabili (in genere non più di semplici tracce, perché non esiste un limite al di sotto del quale la tossicità non si manifesta). Tutte le indicazioni su come svolgere i controlli, dalla raccolta dei campioni alla loro analisi, sono invece descritte nel regolamento europeo 401/2006.

Un documento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), datato 2004 e aggiornato nel 2006, definisce “non desiderabile” la presenza di aflatossina B nel mangime destinato agli animali.

Inoltre, in Europa vengono messi in atto numerosi controlli sui prodotti che vengono importati ed esportati, con particolare attenzione ai prodotti che provengono da Paesi in cui è reputato più probabile si verifichi una contaminazione da aflatossine.

Il Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA), un comitato congiunto di esperti dell’OMS e della Food and Agriculture Organization (FAO), valuta i rischi per delle micotossine per gli esseri umani attraverso la contaminazione degli alimenti ed emette raccomandazioni per un’adeguata protezione. I membri del comitato hanno stabilito il livello di assunzione tollerabile per molte micotossine e tali dati vengono usati da governi e istituzioni per stabilire i livelli massimi negli alimenti o fornire altri suggerimenti sulla gestione del rischio per controllare e prevenire le contaminazioni.

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Come si può prevenire la contaminazione da aflatossine?

I controlli non dipendono dai singoli produttori o esercenti, ma da sistemi messi a punto dalle autorità per la sicurezza alimentare. Si tratta di sorvegliare i prodotti più a rischio, dal campo agricolo fino alla tavola. Per quel che riguarda il mais, per esempio, vi sono regole circa i tempi della raccolta, da effettuare quando l’umidità ambientale non supera i livelli di guardia, così come raccomandazioni per l’essiccazione, in modo che l’involucro dei chicchi non si rompa aprendo la strada alle contaminazioni fungine. Per la conservazione casalinga, è bene evitare di consumare prodotti a base di cereali (come pane e torte) quando vi sono tracce di muffa, così come è opportuno rispettare le date di scadenza e le modalità di conservazione di frutta secca, noci e spezie.

In conclusione

Non tutte le muffe sono pericolose per la salute. Il rischio oncologico riguarda in particolare il tumore del fegato ed è legato soprattutto alla presenza e all’esposizione a particolari tossine, le aflatossine, prodotte da alcune specie di funghi aspergilli. Grazie ai controlli delle autorità per la sicurezza alimentare, imposti dalla legge, e ad alcune accortezze nella conservazione dei cibi a casa, è possibile ridurre notevolmente il rischio di esposizione a queste tossine.

 

  • Agenzia Zoe