La cura dei tumori della prostata, del testicolo e della vescica può ripercuotersi sulla continenza urinaria e sulla vita sessuale. Oggi, però, esistono molte soluzioni.
Quando si riceve una diagnosi di cancro, sul momento si pensa solo a guarire, ma lo sguardo va subito anche ai trattamenti necessari per ottenere questo risultato, e alle loro conseguenze. L'intervento e le altre terapie per i tumori della prostata, del testicolo e della vescica , per esempio, qualche volta possono influire negativamente sull'attività sessuale e sulla continenza urinaria: imparare a parlarne è il primo passo per cercare una soluzione, che oggi si può quasi sempre trovare.
Interessarsi della qualità di vita di chi è o è stato affetto da questi tumori è importante proprio perché i tassi di guarigione sono elevatissimi (oltre il 90 per cento dei pazienti con cancro del testicolo e oltre l'80 per cento di quelli con cancro della prostata). Ciò significa che, dopo interventi e terapie, la vita riprende e con essa anche il desiderio di una relazione soddisfacente con se stessi, con gli altri e con il partner.
Il cancro al testicolo è una patologia abbastanza rara che però colpisce gli uomini in giovane età (fra i 20 e i 40 anni). Per questo motivo, e per la sede in cui si manifesta, la malattia coinvolge più di altri tumori la sfera emotiva e l'identità sessuale del paziente in una fase critica della sua esistenza.
Viceversa, il cancro alla prostata, che colpisce ogni anno in Italia oltre 36.000 uomini (dati AIRTUM, I numeri del cancro 2014), si diagnostica soprattutto in pazienti sopra i 50 anni. Il rischio, infatti, cresce con l'età: diversi studi hanno dimostrato che circa il 70 per cento degli ottantenni ha un piccolo tumore alla prostata (che in molti casi non dà segni di sé, ma che in altri può non essere del tutto innocuo). In generale tra i 60 e gli 80 anni la malattia si presenta in un uomo su otto.
Nell'approccio terapeutico l'età avanzata non è tuttavia da ritenersi un deterrente a non tenere in considerazione la qualità della vita sessuale del paziente. Da molto tempo ormai, infatti, la sessualità dell'anziano non è più un tabù, e diverse indagini effettuate da esperti dimostrano che la maggioranza degli ultrasettantenni ha un'attività sessuale soddisfacente. La prospettiva di perdere del tutto o in parte questo importante aspetto della propria vita personale può essere traumatica quanto la diagnosi stessa, ed è giusto tenerne conto nella scelta della terapia.
Gli effetti collaterali dei trattamenti possono interessare la sessualità dei pazienti in modo differente e vengono definiti scientificamente come: impotentia generandi (infertilità ) o impotentia erigendi (disfunzione erettile).
L'asportazione di un testicolo in sé non modifica la vita sessuale del paziente, se non per un lieve squilibrio ormonale che, nella maggioranza dei casi, è rapidamente compensato dall'attività del testicolo sano. Le cose cambiano se il tumore è più esteso e coinvolge i linfonodi addominali. L'asportazione dei linfonodi può provocare infertilità dovuta all'alterazione dell'eiaculazione. Si parla in questo caso di "eiaculazione retrograda": il liquido seminale cioè, non viene eiaculato all'esterno ma risospinto indietro nella vescica. Il così detto "orgasmo aneiaculatorio" viene percepito talvolta di intensità diversa rispetto a quello eiaculatorio. Anche quando non vengono asportati i linfonodi è possibile che la fertilità si riduca successivamente, soprattutto di conseguenza alla chemioterapia: per questo, considerando che la percentuale di sopravvivenza a lungo termine in questi casi sfiora il 100 per cento, è bene pensare alle prospettive future di questi pazienti, che vanno ben oltre la fase delle cure, e prescrivere la crioconservazione del seme prima dell'inizio dei trattamenti.
Nel caso del tumore alla prostata, gli effetti dei trattamenti possono coinvolgere, oltre alla funzione sessuale, anche quella urinaria.
Dopo tre mesi, infatti, con la chirurgia classica per l'asportazione della prostata circa quattro pazienti su dieci soffrono di incontinenza urinaria e dopo un anno il sintomo persiste in più di due casi su dieci. Più frequente ancora è la perdita della capacità erettile: dopo tre mesi dall'asportazione del tumore, sono ben otto su dieci gli uomini che soffrono di impotenza, e sei su dieci continuano ad avere problemi anche dopo un anno.
La ragione per cui tutto ciò avviene è anatomica: il fascio di nervi che regola la continenza urinaria, la funzione vescicale e lo stimolo dell'erezione passa esattamente al centro della ghiandola, per cui togliere la prostata senza intaccarlo è molto difficile e, spesso, impossibile.
Va detto però, che dall'avvento della chirurgia robotica, specie nei centri di eccellenza (dove si operano più di 100 pazienti l'anno) la funzionalità erettile viene mantenuta in oltre il 70 per cento dei casi.
Anche nei casi in cui l'attività sessuale riprende nonostante l'asportazione della ghiandola, alle sensazioni piacevoli legate all'orgasmo non si assocerà comunque una vera e propria eiaculazione, poiché sono state asportate la prostata e le vescicole seminali deputate a produrre il liquido spermatico. Vi è talvolta l'eliminazione di liquido uretrale durante l'orgasmo.
L'intervento chirurgico, invece, non altera il desiderio, che dipende da una condizione mentale e dalla presenza dell'ormone testosterone.
L'intervento di prostatectomia, infine, rende impossibile la procreazione, ma questo di solito non è considerato un problema, vista l'età avanzata dei pazienti.
Possono influire sull'attività sessuale anche trattamenti diversi dalla chirurgia, come la radioterapia locale, necessaria in alcuni casi di tumore più avanzato o aggressivo, o le terapie ormonali, consigliate per evitare le recidive. Queste ultime, pur non interferendo con la trasmissione nervosa, inibiscono la produzione di testosterone (l'ormone maschile) e quindi rendono difficoltosa l'erezione. Il paziente inoltre manifesterà i sintomi dell'andropausa: perdita di massa ossea, difficoltà sessuali, perdita del desiderio, vampate di calore. Anche in questi casi è necessario parlarne con un andrologo specializzato: esistono infatti diverse strategie possibili, come per esempio la terapia ormonale a intermittenza, che prevede periodi di soppressione farmacologica del testosterone alternati a periodi di interruzione dei farmaci - in cui l'ormone torna a livelli normali - che vanno però studiate caso per caso.
Gli stessi effetti collaterali sull'attività sessuale si possono verificare anche dopo interventi per tumori alla vescica.
Oggi è possibile preservare la fertilità o ridurre il rischio di disfunzioni erettili grazie a tecniche chirurgiche sempre meno invasive come quella detta di nerve sparing e a strumenti chirurgici tecnologicamente molto avanzati, come il robot Da Vinci.
La tecnica chirurgica nerve sparing (risparmio dei nervi) ha la finalità di mantenere intatti i nervi responsabili delle disfunzioni eiaculatorie durante l'intervento di asportazione dei linfonodi nelle neoplasie del testicolo ed, estesa alla maggioranza degli interventi su tumori prostatici, consente di preservare la potenza sessuale, a condizione che il tumore sia di dimensioni ridotte e a uno stadio precoce di sviluppo. L'impiego del robot Da Vinci permette al chirurgo di preservare le strutture nervose responsabili dell'erezione e permette, inoltre, di mantenere una buona continenza urinaria.
Per quanto riguarda le terapie radianti per la cura di questo tipo di tumori bisogna ricordare la brachiterapia, una forma di radioterapia mirata che consiste nell'inserimento all'interno della ghiandola prostatica di particelle microscopiche radioattive utilizzata in associazione alla classica radioterapia, che giorno per giorno si evolve beneficiando dei progressi della tecnologia. Rispetto alla comune radioterapia, la brachiterapia offre, oltre al vantaggio della rapidità di intervento (meno di 90 minuti), una sensibile riduzione del rischio di impotenza.
Quando, dopo l'intervento, l'erezione non viene completamente recuperata o tarda a riprendersi, il chirurgo può indicare il trattamento più adatto a ognuno in base all'età, al tipo di intervento eseguito e al tipo di disfunzione sessuale.
È possibile per esempio ricorrere a farmaci specifici, semplici compresse che hanno l'effetto di aumentare l'apporto ematico nei corpi cavernosi del pene (sildenafil, tadanafi, vardenafil o avanafil), migliorando la qualità di un erezione comunque presente e che quindi non hanno effetto al di fuori del processo fisiologico dell'eccitazione sessuale.
In alternativa si può ricorrere all'uso di prostaglandine, sostanze vasodilatatorie con effetto locale, che producono quindi l'erezione anche senza l'eccitazione sessuale. Il farmaco può essere iniettato direttamente nel pene o introdotto nell'uretra con un applicatore specifico. Entrambi i metodi non sono dolorosi, determinano una buona erezione riducendo il rischio di effetti collaterali, soprattutto cardiovascolari, di cui occorre tenere invece conto con l'uso dei farmaci per via orale.
Esiste anche un sistema meccanico, detto vacuum device, per indurre l'erezione. Si tratta di un cilindro trasparente in cui si inserisce il pene, intorno a cui crea una forma di vuoto, richiamando sangue nei corpi cavernosi. L'aspirazione dell'aria all'interno del dispositivo mediante una pompa, infatti, crea una diminuzione di pressione attorno al pene e un maggiore afflusso di sangue al suo interno. In questo modo il pene si ingrossa e l'erezione viene mantenuta tramite un anello di gomma posizionato alla base del pene. Un metodo più radicale è la protesi peniena, che consiste nell'impianto di due componenti: l'una, all'interno dell'organo, è costituita da due cilindri dilatabili; l'altra, nello scroto, è una sorta di pompa che spinge un liquido all'interno dei due cilindri, inducendo l'erezione. L'impianto si effettua in anestesia ed è permanente. Dopo l'asportazione del testicolo, inoltre, si può procedere all'inserimento di un testicolo artificiale che preserva l'aspetto estetico dello scroto, facilitando nel paziente la riacquisizione della stima di sé e del proprio corpo.
In ogni caso non bisogna avere timore di chiedere l'ausilio di una figura come il sessuologo-psicologo che, oltre ad accogliere sentimenti ed emozioni del paziente, permette di elaborare, accettare ed educare ad una sessualità alternativa. Dopo una diagnosi di tumore che coinvolge la sfera sessuale molti uomini, infatti, vivono sentimenti di rabbia, rifiuto e autoaccusa che possono poi sfociare in ansia o depressione. Parlarne con qualcuno aiuta a confrontarsi con le proprie paure. È possibile chiedere colloqui di supporto psicologico e di psicoterapia individuale o di gruppo.
Anche per quanto riguarda l'incontinenza urinaria è possibile intervenire, sia con esercizi di riabilitazione della vescica sia con farmaci come gli alfa bloccanti. Molto spesso il disturbo è peggiorato da fenomeni irritativi dovuti alla radioterapia locale: in questi casi basta aspettare che l'irritazione passi per recuperare la continenza. Se invece il danno dipende dai nervi, è possibile ricorrere a tecniche di chirurgia plastica. La più semplice consiste in un'iniezione di collagene o di colloidi sintetici nell'uretra, il canale che conduce l'urina dalla vescica verso l'esterno. In questo modo il calibro di questo tubicino si restringe, trattenendo l'urina. È un intervento molto semplice ma riesce purtroppo solo nella metà dei casi, per migrazione della sostanza iniettata. Di conseguenza spesso va ripetuto nel tempo.
Sicuramente la novità più rilevante è l'utilizzo di fascette di materiale sintetico (dette sling) disposte come un'amaca sotto l'uretra, ancorate sulla parete addominale anteriore e sul bacino, che esercitando una pressione continua determinano un miglioramento delle perdite fino al 90 per cento dei casi.
In casi di incontinenza grave la soluzione può essere l'impianto di uno sfintere artificiale, formato da un manicotto disposto intorno all'uretra, un serbatoio disposto dietro al pube e una valvola di commando disposta nello scroto.
Quelle che seguono sono alcune indicazioni proposte dalla Società americana di sessuologia per riflettere sulla propria vita di relazione prima, durante e dopo la malattia.
Agenzia Zadig
Articolo pubblicato il:
2 marzo 2015