Il fine vita e le cure palliative

ll cancro uccide ogni anno solo in Italia quasi 180.000 persone. Per molte di loro la morte non sopraggiunge all’improvviso, ma è il risultato di un progressivo avanzamento della malattia che non risponde più alle terapie. La gravità della situazione, la prevedibilità della morte prossima, così come le complicanze fisiche e psichiche consentono ai pazienti in condizioni critiche e alle loro famiglie di accedere a un insieme di trattamenti volti ad assicurare loro la miglior qualità di vita possibile fino alla fine. Sono le cosiddette cure palliative: trattamenti che non mirano né ad accelerare né a ritardare la morte, ma a gestire meglio i sintomi fisici e psichici. Sono rivolte tanto ai malati quanto alle loro famiglie, in questo caso soprattutto per aiutare a gestire gli aspetti emotivi e le numerose questioni pratiche.

Cure palliative, per la persona malata e per la famiglia

Con le cure palliative si intende migliorare la qualità di vita dei pazienti sotto tutti gli aspetti, compresi quelli emotivi e spirituali. Nella maggioranza dei casi sono associate alla fase terminale della malattia, ma possono anche essere erogate in una fase più precoce, quando i pazienti ricevono ancora trattamenti curativi. L’obiettivo, in questi casi, è aiutare sia i malati, sia le persone che se ne prendono cura, ad affrontare la malattia in maniera più serena e consapevole. Ciononostante, le cure palliative sono spesso associate all’idea di fine, di fase terminale, di rinuncia e rassegnazione. Tale percezione contribuisce ancora oggi a limitare l’utilizzo di questi trattamenti, e quindi i relativi benefici per i malati e le loro famiglie.

Le emozioni dei pazienti

Quando diventa chiaro che le speranze sono poche e c’è ormai spazio solo per alleviare il dolore, è normale che si acuiscano emozioni già sperimentate con l’arrivo della malattia, come rabbia, tristezza, sconforto, sensi di colpa, paura, impotenza, rimpianti e demoralizzazione. Alcune di queste, come la rabbia, talvolta sono così intense da indurre i pazienti a rifiutare trattamenti di supporto e palliativi che potrebbero invece aiutare a gestire i disturbi sia fisici sia emotivi.

Accettare e “sfruttare” le emozioni prima del distacco

Sperimentare rabbia, dolore, sensi di colpa e paura è normale, ma non significa che vi ci si debba abbandonare. È importante invece riconoscere tali emozioni e usarle a proprio vantaggio per valorizzare anche gli ultimi momenti. A tal proposito, l’American Cancer Society (ACS) suggerisce di interrogarsi apertamente su quali aspetti della morte ci facciano più paura e di parlare delle proprie emozioni e del proprio senso di perdita con chi ci sta accanto, o eventualmente anche con un consulente spirituale, senza indugiare sui sensi di colpa.

Provare ad aprirsi sulle questioni più intime, cercando conforto nel dialogo con un familiare, o nella fede se si è credenti, aiuta a trovare sollievo, per esempio reindirizzando le proprie forze ed energie su quel che si può ancora fare. Il fine vita potrebbe quindi essere il momento per scusarsi per qualcosa che si sente di aver sbagliato, per dire cose che vorremmo che i nostri famigliari sapessero. A volte i pazienti esprimono desideri specifici su come affrontare determinati momenti e questioni pratiche, una volta che se ne saranno andati, o riflettono su cosa vorrebbero che fosse ricordato, magari anche lasciando qualche testimonianza.

Le persone che se ne prendono cura e i familiari possono contribuire a stimolare le discussioni sui momenti più significativi passati insieme, focalizzandosi sui ricordi piacevoli. Gli esperti del National Cancer Institute ritengono, per esempio, che ci sia ancora spazio per i sorrisi e che questi possano giovare ai pazienti in fin di vita. Il percorso trova nelle cure palliative e nei servizi di cure palliative, messi a disposizione dalla Rete dei servizi regionali, la sua naturale collocazione e la disponibilità di risorse umane competenti a sostenere i pazienti e le loro famiglie.

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Trovare sollievo nel corpo

È importante, anche per questo, che il personale che segue i malati li aiuti a comprendere appieno il significato delle cure palliative e dei loro benefici. Se è vero che la malattia non può più essere trattata, trovare quanto più sollievo possibile nel fisico e nella mente può aiutare a prepararsi e ad affrontare questa fase nel modo più sereno possibile.

I momenti che precedono la morte sono caratterizzati infatti da una serie di cambiamenti fisici importanti: sono comuni nausea, vomito, dolori, irritazione della pelle, stitichezza, perdita di appetito, stanchezza e confusione. Per affrontarli non bisogna temere l’aiuto dei farmaci secondo le indicazioni dei medici, a partire dagli oppioidi per la gestione del dolore. Sempre nel rispetto delle volontà dei malati, si consiglia di non insistere nel far mangiare le persone quando rifiutano il cibo. Si suggerisce però di muoverle spesso, se immobilizzate, per evitare la formazione di piaghe da decubito e di utilizzare creme per idratare la pelle.

Preparare la casa come luogo di cura

Considerata la complessità delle cure palliative e del fine vita, è importante che queste siano gestite da personale specializzato: medici, infermieri, fisioterapisti e psicologi, in stretta collaborazione con i familiari e le persone che prendono cura dei malati negli ultimi momenti di vita. Nelle strutture dedicate degli ospedali, come gli hospice, si viene seguiti da équipe di personale specializzato.

Spesso però pazienti e familiari preferiscono trascorrere questa fase in casa, un luogo che difficilmente sarà già attrezzato per accogliere e seguire le persone che hanno bisogno di cure palliative. Prima ancora di accedere a tali trattamenti, è importante allestire i luoghi perché siano adatti a ricevere i pazienti e tutto il personale che se ne occuperà, nel modo più semplice, sicuro, confortevole e comodo per tutti. Ancora una volta, ricevere indicazioni su come farlo, da parte dei medici, di volontari che affiancano i malati, ma anche dalla stessa équipe che si occuperà delle cure palliative, può aiutare a gestire l’ansia e le preoccupazioni legate a questi cambiamenti. Perché se è vero che l’équipe di specialisti seguirà sempre i pazienti a casa, e sarà disponibile a essere contattata in caso di bisogno, la casa e le persone che la abitano diventano il principale punto di riferimento dei malati.

Alcuni consigli e informazioni possono essere utili alle persone che si prendono cura dei pazienti, anche per capire cosa si possono aspettare dall’evolvere della malattia e quali sono i bisogni dei malati. Per esempio, è importante sapere che potrebbe essere utile avere a disposizione una carrozzina a fianco del letto per muovere il paziente per portarlo al bagno e lavarlo, finché sarà possibile. Un materasso antidecubito può aiutare a evitare la formazione di piaghe. Specifiche formulazioni nutrizionali liquide possono contribuire a sostenere i pazienti quando mangiare diventa sempre più difficile.

Il peso della morte imminente per chi si occupa dei malati e per i familiari

Rimanere accanto a una persona malata, curare i suoi bisogni, adoperarsi perché non si senta sola e non soffra inutilmente e rassicurarla sulle sue preoccupazioni, sono azioni parecchio faticose. Da un lato possono aiutare chi si occupa di tutto questo a sentirsi d’aiuto nell’accompagnare la persona nei suoi ultimi momenti di vita e a tenersi impegnati. Dall’altro lato bisogna considerare che può essere molto stressante prendersi cura di qualcuno che se ne sta andando, essere il suo punto di riferimento e osservare i cambiamenti fisici che segnalano l’avvicinarsi della fine. La situazione può essere ulteriormente complicata dalla stanchezza, dalle preoccupazioni per il lavoro o dall’impegno per la gestione della casa e il resto della famiglia. La salute delle persone che si occupano dei malati può peggiorare: si può soffrire di mal di testa, difficoltà a dormire, ansia e depressione.

Per limitare il cosiddetto stress dei caregiver è importante imparare a delegare, chiedere aiuto, prendersi delle pause e non pretendere troppo da sé stessi. Anche in questo caso l’équipe delle cure palliative può fornire un supporto pratico e psicologico. Come ricordano gli esperti del National Cancer Institute, pur non potendo cancellare il dolore, le persone che si prendono cura dei malati staranno meglio e ciò aiuterà anche di riflesso la persona assistita.

  • Anna Lisa Bonfranceschi

    Dopo gli studi in biologia e una breve esperienza nel mondo della ricerca, dal 2010 scrive storie di scienza, salute e innovazione tecnologia. Oggi è giornalista pubblicista. Fuori dal lavoro soprattutto corre e va in mountain-bike.
  • Articolo pubblicato il:

    8 luglio 2024