“Non possiamo promettere di guarire le persone, ma possiamo promettere di prenderci cura di loro”. Con questo motto il medico e attivista statunitense Hunter Doherty “Patch” Adams porta avanti da circa 50 anni l’ambizioso progetto di inserire risate, amore, gioia e fantasia nelle terapie mediche. Adams è, appunto, un medico, convinto che per guarire veramente non sia sufficiente eliminare la malattia dal corpo, ma che si debba anche lavorare sulla mente, specie quando i pazienti sono bambini. Questo modo tanto particolare di fare medicina è nato anche grazie a clown professionisti come Michael Christensen, uno dei pionieri di questa pratica. Gli interventi di questo tipo sono oggi accettati anche dalla medicina ufficiale, soprattutto grazie ai risultati di numerosi studi che ne hanno dimostrato utilità ed efficacia e spiegato i meccanismi fisiologici sottostanti.
Esistono prove neurofisiologiche molto chiare dell’importanza del buonumore e del benessere psicologico per la salute e la qualità della vita dei malati, in particolare per i più piccoli. Quando ridiamo e siamo di buonumore, il nostro cervello è in grado di produrre endorfine, sostanze con molte proprietà benefiche, tra cui la riduzione della sofferenza e dell’ansia. Inoltre, il sistema immunitario è stimolato positivamente dalle risate e dal benessere e di conseguenza tutto l’organismo reagisce meglio alla malattia e alle cure.
L’uso di terapie di supporto può avere un effetto positivo sia sui bambini malati sia sulle loro famiglie: si innesca infatti una sorta di circolo virtuoso. I bambini sono più sereni e i genitori, vedendo questi risultati, a loro volta si tranquillizzano. Ma i clown hanno anche effetti sul benessere psicologico del personale medico e infermieristico: vedere i piccoli pazienti sorridere rilassa anche coloro che devono prendersene cura.
Già dai primi anni Duemila si sono accumulate prove a sostegno dell’efficacia della clownterapia. I risultati di uno studio del 2005, pubblicati sulla rivista scientifica Pediatrics, hanno mostrato che per un bambino ammalato in attesa di un intervento chirurgico l’efficacia ansiolitica di un pagliaccio è maggiore rispetto all’uso di farmaci. Il test si è svolto, in entrambe le condizioni, in presenza di un genitore oltre che di un clown. Talvolta la sola presenza dei genitori non è sufficiente a contenere l’ansia dei bambini e i clown offrono ai piccoli pazienti e alla famiglia la possibilità di distrarsi dal dolore e di divertirsi un po’.
Da allora sono stati pubblicati i risultati di molti studi sull’impatto della “terapia del buonumore” sia sulla percezione del dolore sia nella riduzione dell’ansia in generale. Alcuni dati raccolti suggeriscono che interventi di clownterapia riducono l’ansia anche dopo gli interventi medici e possono favorire un più veloce recupero, rendendo meno traumatico il ricordo dell’esperienza clinica.
Non bastano un naso rosso e un po’ di trucco per diventare dei bravi clown in corsia. Solo personale con una precisa formazione, acquisita con appositi corsi, può affrontare questo impegno. Lo stesso vale in caso di musicisti o per introdurre gli animali in ospedale.
Ci sono, infatti, alcune regole di base per il buon funzionamento delle terapie di supporto: clown o animali in reparto non devono interferire con l’attività dei medici e devono sempre rispettare i bambini, le loro famiglie e i loro desideri, oltre che, ovviamente, osservare tutte le norme di sicurezza e di igiene. Prima di entrare in una camera è necessario sempre informarsi sulle condizioni e sui desideri dei piccoli ospiti e delle loro famiglie, chiedere sempre il permesso, accettando a volte anche un no. Il rifiuto può essere una manifestazione di ansia e disagio. Un’insistenza delicata da parte del clown può far tornare il sorriso, ma in alcuni casi è meglio farsi da parte. Per capire la differenza è necessaria una buona formazione, non si può improvvisare.
In tutti gli ospedali che lavorano con professionisti del buonumore, l’équipe medica sa di essere al riparo da spiacevoli incidenti che si possono invece verificare se il personale di supporto non è adeguatamente preparato. Per interagire con un bambino malato, magari anche in modo grave, non basta l’allegria. Se lo si vuole distrarre dal dolore e dalla tristezza servono strumenti adatti e soprattutto la capacità di utilizzarli. Per questo sono stati necessari anche studi per misurare quanto efficaci fossero i diversi interventi di supporto. Prima di dare il via in modo stabile a una terapia di questo tipo, come con clown e musica, molti centri pediatrici seri hanno condotto sperimentazioni iniziali per capire se fosse veramente valida ed efficace. Ora i cani a volte sono ammessi, per lo più ancora in via sperimentale, persino in rianimazione, dove possono favorire la ripresa dei pazienti. Invece la musica si diffonde principalmente nei reparti, aiutando a ridurre l’ansia e il dolore.
Redazione
Articolo pubblicato il:
6 novembre 2023