Ultimo aggiornamento: 25 settembre 2020
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L’esame consiste nel prelievo di piccoli frammenti (frustoli) della ghiandola prostatica da sottoporre ad analisi di laboratorio. Grazie alla biopsia prostatica è possibile diagnosticare o confermare il sospetto diagnostico di un tumore alla prostata: rappresenta dunque l’ultimo passaggio di visite ed esami prima della diagnosi, ed è in genere prescritta in base ai risultati di esami precedenti, come la risonanza magnetica, un valore elevato di PSA nel sangue (PSA sta per antigene prostatico specifico), o dopo che il medico ha rilevato la presenza di noduli all’esplorazione rettale.
Nella biopsia sotto guida ecografica il prelievo bioptico viene effettuato con un apposito ago guidato da una sonda ecografica. La biopsia della prostata può essere trans-rettale, ovvero eseguita dall’interno del retto, o trans-perineale, quando l’ago viene introdotto attraverso il perineo, la zona posta tra i testicoli e l'ano, fino a raggiungere la ghiandola.
La biopsia prostatica fusion utilizza invece le immagini della risonanza magnetica multiparametrica (RM multiparametrica) effettuata dal paziente in precedenza, sovrapponendole a quelle dell’ecografia ottenuta con sonda endorettale. La RM multiparametrica permette di acquisire diversi parametri quali morfologia, vascolarizzazione, densità cellulare, metabolismo, e dunque non solo rileva le lesioni sospette che l’ecografia non è in grado di individuare, ma le rende facilmente visibili con contorni definiti e colori diversi a seconda del sospetto grado di malignità. Sovrapponendo le immagini si ottiene una ricostruzione tridimensionale della prostata e grazie all’ecografia è possibile indirizzare l’ago per la biopsia nelle zone con una reale potenzialità tumorale.
Questa tecnica, essendo mirata, consente di ridurre il numero di prelievi bioptici (dai 12-50 ai 2-3), offre una maggior accuratezza diagnostica dei tumori più aggressivi e la possibilità di una migliore gestione del paziente. Contribuisce, infatti, a selezionare in maniera più accurata i casi da sottoporre a intervento chirurgico perché clinicamente significativi distinguendoli da quelli non aggressivi (di basso grado) da monitorare con la cosiddetta sorveglianza attiva.
In caso di biopsia tradizionale ecoguidata con prelievi casuali sistematici, il medico introduce attraverso il retto una sonda ecografica dotata di un ago-cannula, che permette il passaggio di un ago sottile per effettuare il prelievo. I prelievi vengono distribuiti all’interno della ghiandola prostatica in maniera casuale seguendo uno schema a sestanti prostatici. Il numero di prelievi varia in genere da 12 a 14.
Anche in caso di biopsia prostatica mirata con tecnica fusion, la sonda ecografica viene introdotta attraverso il retto. La sincronizzazione delle immagini della RM multiparametrica con le immagini ecografiche consente di effettuare dei prelievi mirati della zona sospetta (2-3 prelievi). Nella maggior parte dei casi viene successivamente eseguito un concomitante campionamento del resto della ghiandola prostatica mediante prelievi casuali con tecnica a sestanti, in modo da ottenere una mappatura quanto più accurata possibile, in vista di un eventuale trattamento, nel caso in cui venga diagnosticato un tumore della prostata.
Entrambe le tecniche bioptiche possono essere eseguite anche con accesso transperineale, in sedazione o in anestesia locale sulla base delle caratteristiche del paziente.
L'esame va effettuato con molta cautela negli uomini che soffrono di malattie della coagulazione del sangue oppure in pazienti che assumono abitualmente farmaci antiaggreganti o anticoagulanti.
In tutto l’esame dura intorno ai 10-30 minuti a seconda che venga eseguito in anestesia locale o in sedazione.
Almeno cinque giorni prima dell'esame è necessario sospendere i farmaci che interferiscono con la coagulazione, qualora si assumano: se occorre, il medico li sostituirà con eparina a basso peso molecolare da iniettare sottocute. Per prevenire lo sviluppo di infezioni bisogna sottoporsi a un'opportuna profilassi antibiotica, circa 24 ore prima della biopsia. È prevista, inoltre, l'esecuzione di un clistere per pulire il retto qualche ora prima dell'esame.
Non è strettamente necessario ma è preferibile farsi accompagnare. Dopo un breve periodo di osservazione è possibile tornare a casa.
Prima di effettuare il prelievo, viene sempre effettuata un'anestesia locale. In rari casi è possibile soffrire di un malessere generale con aumento della sudorazione ed eventuale sensazione di perdita di coscienza.
Per quanto ritenuta sicura, la biopsia della prostata è una procedura invasiva e non esente dalla possibilità di complicazioni. Circa una persona su 50, al termine dell'esame, fa fatica o non riesce a svuotare spontaneamente la vescica. In questi casi è necessario posizionare temporaneamente un catetere vescicale che verrà rimosso dopo qualche giorno. A partire dai giorni seguenti l’esame e fino ad alcune settimane, è frequente riscontrare sangue nelle feci, nell'urina e nello sperma. Generalmente, però, il disturbo scompare spontaneamente e non deve perciò destare preoccupazioni. Raramente può comparire febbre alta, che non va sottovalutata, in quanto potrebbe indicare un'infezione.
Nel corso dell'esame non si utilizzano radiazioni, né l'indagine comporta rischi a lungo termine.
Dopo l'esecuzione della procedura è opportuno un periodo di osservazione di circa un'ora per sorvegliare la comparsa di eventuali complicazioni immediate. Prima di tornare a casa è anche importante verificare la ripresa delle minzioni spontanee e pertanto al paziente viene chiesto di bere mezzo litro d’acqua per favorire la diuresi.
Al fine di ridurre il rischio di sanguinamento, è bene evitare lunghi viaggi in macchina nelle 48 ore successive e i rapporti sessuali per circa una settimana. Per il resto si può riprendere subito la vita normale. In caso di impossibilità alla minzione, di febbre superiore a 38°C o importante sanguinamento, contattare il pronto soccorso più vicino alla propria abitazione.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Michela Vuga