Ultimo aggiornamento: 31 maggio 2024
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Il tumore della cervice uterina si sviluppa nella parte inferiore dell’utero, l’organo dell’apparato femminile dove viene accolto e si sviluppa l’embrione nel corso della gravidanza. L’utero ha la forma di un imbuto rovesciato ed è formato da due parti principali: la parte superiore è chiamata corpo dell’utero, mentre l’estremità inferiore è detta collo o cervice.
La cervice uterina è in diretto collegamento con la vagina e può essere suddivisa in due parti, dette endocervice (quella più vicina al corpo dell'utero) ed ectocervice o esocervice (quella più vicina alla vagina). Le cellule che rivestono queste due zone della cervice sono di tipo diverso: nell’ectocervice si trovano delle cellule squamose, mentre nell’endocervice si hanno cellule ghiandolari. Entrambi i tipi cellulari si incontrano nella cosiddetta zona di transizione.
La maggior parte dei tumori della cervice ha origine proprio da cellule che si trovano in questa zona “di confine”.
L'oncologo medico Sandro Pignata fa il punto sul tumore della cervice uterina e sui progressi della ricerca.
Per molto tempo il tumore della cervice è stato il tipo di cancro più frequente per le donne a livello globale, ma negli ultimi anni la situazione è profondamente cambiata, almeno nei Paesi a reddito più alto. Secondo i dati riportati dal Global Cancer Observatory (GloboCan), in collaborazione tra l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e la International Agency for Research on Cancer (IARC), nel mondo il tumore della cervice uterina si colloca al quarto posto tra i tumori più comuni nelle donne e rappresenta il 6,9 per cento circa di tutti i nuovi casi di tumore diagnosticati nel sesso femminile. I dati di GloboCan indicano anche che il 60 per cento circa dei casi di questo tumore si registra in Asia e un altro 19 per cento in Africa. Come scrivono gli esperti dell’OMS, il cancro della cervice è il tumore più comune nelle donne in 25 Paesi, la maggior parte dei quali nell’Africa sub-Sahariana.
Nel mondo occidentale il numero dei casi e quello dei decessi continuano a diminuire grazie soprattutto al Pap-test e alla successiva introduzione del test per la ricerca del DNA di Papillomavirus (l’HPV test), due esami molto efficaci per la diagnosi precoce e ai vaccini contro il Papillomavirus.
In Italia ogni anno si registrano circa 2.500 nuovi casi, l’1,3 per cento di tutti i tumori diagnosticati nelle donne, secondo i dati riportati nel rapporto “I numeri del cancro in Italia 2023” a cura, tra gli altri, dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) e dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM). Nel nostro Paese la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi delle pazienti con tumore della cervice uterina è del 68 per cento circa.
Questi dati sono destinati a cambiare ancora nel tempo. Oggi, infatti, disponiamo di strumenti di prevenzione, diagnosi e cura molto efficaci contro questo tumore, che hanno spinto l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a lanciare il 17 novembre 2020 la Strategia globale per accelerare l’eliminazione del tumore della cervice quale problema di salute pubblica, un obiettivo che dovrebbe essere raggiungibile in pochi decenni.
Il principale fattore di rischio per il tumore della cervice è l’infezione da Papilloma virus umano (HPV) che si trasmette soprattutto per via sessuale. L’uso del preservativo non protegge completamente dall’infezione, dal momento che il virus può essere trasmesso anche attraverso il contatto di regioni della pelle non coperte dal profilattico. La vaccinazione invece è assai efficace contro l’infezione con i ceppi di HPV che hanno maggiori probabilità di provocare questo tipo di cancro.
Altri fattori di rischio sono un inizio precoce dell’attività sessuale e partner sessuali multipli, così come un’insufficienza immunitaria che può essere legata a diverse cause (per esempio una precedente infezione con HIV, il virus che provoca l’AIDS, o un precedente trapianto d’organo).
È comunque necessario ricordare che non tutte le infezioni da HPV aumentano ugualmente il rischio di sviluppare il cancro della cervice. La maggior parte delle donne che entrano in contatto con il virus sono infatti in grado di eliminare l’infezione grazie al proprio sistema immunitario senza successive conseguenze per la salute. Infine, è ormai accertato che solo alcuni degli oltre 100 ceppi di HPV sono pericolosi dal punto di vista oncologico, mentre la maggior parte rimane silente o si limita a dare origine a piccoli tumori benigni detti papillomi e noti anche come verruche genitali.
Altri fattori che possono aumentare il rischio di tumore della cervice sono il fumo di sigaretta, la presenza in famiglia di parenti strette con questo tumore, una dieta povera di frutta e verdura, l’obesità e, secondo alcuni studi, anche le infezioni da clamidia.
I tumori della cervice uterina sono classificati in base alle cellule da cui prendono origine e sono prevalentemente di due tipi: il carcinoma a cellule squamose (oltre il 75 per cento dei tumori della cervice) e l’adenocarcinoma (10-15 per cento). Si parla di carcinoma a cellule squamose quando il tumore deriva dalle cellule che ricoprono la superficie dell’esocervice e di adenocarcinoma quando invece il cancro parte dalle cellule ghiandolari dell’endocervice.
Infine, anche se meno comuni (3-5 per cento dei tumori cervicali), esistono tumori della cervice che hanno un’origine mista e sono per questo definiti carcinomi adenosquamosi.
Le fasi iniziali del tumore della cervice sono in genere asintomatiche e gli eventuali sintomi possono essere legati ad altre patologie di tipo non tumorale. Tra i campanelli d’allarme che possono far sorgere il sospetto di tumore della cervice uterina ci sono, per esempio, perdite di sangue anomale (dopo un rapporto sessuale, tra due cicli mestruali o in menopausa), perdite vaginali senza sangue o dolore durante i rapporti sessuali.
Nella maggior parte dei casi, le cellule che possono portare al tumore della cervice non danno immediatamente origine al cancro vero e proprio, ma inizialmente generano quelle che i medici chiamano lesioni precancerose. Queste lesioni sono chiamate CIN (neoplasia cervicale intraepiteliale), SIL (lesione intraepiteliale squamosa) o displasie e possono progredire lentamente nel corso degli anni verso la forma tumorale.
In realtà, non tutte le lesioni precancerose danno origine a un tumore: in molti casi regrediscono spontaneamente senza alcun trattamento. È comunque indubbio che prevenire la formazione di tali lesioni o diagnosticarle e curarle precocemente permette di ridurre drasticamente e quasi di eliminare l’insorgenza del tumore della cervice nella popolazione.
Limitare il numero dei partner sessuali e cercare di evitare rapporti con persone a rischio sono importanti strategie di prevenzione, insieme agli essenziali controlli ginecologici regolari che permettono una diagnosi della fase precancerosa.
Nel corso della visita, il ginecologo può infatti effettuare il Pap test, un esame veloce e indolore che permette di identificare le lesioni precancerose o cancerose negli stadi iniziali e che rientra nel piano di screening oncologico nazionale. Il ginecologo può anche effettuare, come oggi consigliato, l’HPV test, un esame in grado di individuare direttamente la presenza del DNA del virus HPV. A partire dai 25 anni e fino ai 64 anni, a tutte le donne viene offerto gratuitamente uno di questi due esami di screening, che deve essere ripetuto con regolarità ogni tre anni (Pap-test) o cinque anni (HPV-test) in caso di risultato negativo, o con frequenza maggiore in casi particolari.
Da diversi anni, inoltre, c’è un’altra arma contro il Papilloma virus: un vaccino capace di evitare l’infezione da parte dei ceppi di HPV responsabili della maggior parte dei tumori della cervice. In Italia il vaccino è oggi raccomandato e offerto gratuitamente a uomini e donne dai 12 ai 26 anni. Inoltre, i dati mostrano l’efficacia del vaccino anche in donne fino a 45 anni di età e in persone già trattate per lesioni precancerose: verosimilmente l’immunità indotta dal vaccino è efficace anche in questi casi.
È inoltre importante ricordare che la vaccinazione può garantire la prevenzione di tutti i tumori associati all’HPV, come quelli della vagina, della vulva, dell’ano e della regione testa-collo. Anche per questo in Italia il vaccino è offerto a entrambi i sessi.
Il tumore della cervice uterina può essere diagnosticato in fase molto iniziale o addirittura precancerosa se viene effettuato regolarmente lo screening con il Pap test o con l’HPV-test. In base ai risultati dei test, il medico sarà quindi in grado di stabilire quanto aggressiva rischia di essere un’eventuale alterazione precancerosa e decidere con più efficacia la strategia di intervento.
Se dovessero essere riscontrate anomalie, il medico potrà prescrivere ulteriori esami, come per esempio la colposcopia, un esame che dura pochi minuti, è indolore e viene eseguito dal ginecologo in ambulatorio. Nel corso della colposcopia è anche possibile asportare le lesioni più piccole per eliminare il rischio che vadano incontro a una trasformazione in senso tumorale.
Qualora vi sia una diagnosi di cancro della cervice, possono essere prescritti esami come tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica (RM) o tomografia a emissione di positroni (PET) per determinare con maggiore precisione l’estensione del tumore.
In base al sistema FIGO (Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia), il tumore della cervice uterina può essere classificato in quattro stadi (da I a IV) a seconda di quanto è diffuso nell’organismo. Come per altri tipi di tumore, più basso è lo stadio, meno diffusa è la malattia e maggiori sono le probabilità di cura.
La scelta del trattamento dipende soprattutto dallo stadio della malattia al momento della diagnosi, ma si basa anche su altri criteri come, per esempio, lo stato di salute generale della persona, la sua età e le sue esigenze. Spesso, inoltre, si procede combinando due o più trattamenti per raggiungere la massima efficacia.
La chirurgia è una delle scelte possibili e il tipo di intervento varia a seconda della diffusione della malattia. Negli stadi più precoci, quando il tumore è in una fase pre-invasiva, possono essere utilizzate la criochirurgia o la chirurgia laser che utilizzano rispettivamente il freddo o un raggio laser per congelare o bruciare le cellule malate.
Quando il tumore è un po’ più diffuso, ma ancora circoscritto a un’area limitata della cervice, la scelta può ricadere sulla cosiddetta conizzazione, un intervento nel quale viene asportato un cono di tessuto in corrispondenza della lesione senza compromettere la funzione dell’organo e la possibilità di avere figli. Se invece il tumore è più esteso, si passa all’isterectomia, un intervento che prevede l’asportazione di utero, tube, ovaie e linfonodi adiacenti.
La radioterapia, che colpisce le cellule tumorali con radiazioni, è un trattamento valido in caso di malattia localmente avanzata, in genere in abbinamento alla chemioterapia (radiochemioterapia). Alla radioterapia tradizionale, nella quale la fonte di radiazione è esterna (radioterapia esterna), va aggiunta anche la brachiterapia (o radioterapia interna), ovvero l’inserimento nell’utero di piccoli ovuli che emettono radiazioni. Sia la terapia esterna sia la brachiterapia mantengono intatto l’apparato riproduttivo e non modificano, in molti casi, la capacità di avere una normale vita sessuale.
Un’altra opzione per il trattamento del tumore della cervice, riservata alle forme avanzate o invasive, è la chemioterapia. In questo caso vengono somministrati per via endovenosa diversi farmaci contro il tumore, spesso combinati tra loro, tra i quali cisplatino, paclitaxel, l’immunoterapico pembrolizumab e l’antiangiogenetico bevacizumab. Pembrolizumab è approvato in Italia per il trattamento del tumore della cervice solo quando la malattia esprime PD-L1 al di sopra di un certo livello (in termini tecnici “combined positive score ≥ 1”).
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe