Ultimo aggiornamento: 6 luglio 2021
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Il mesotelioma è un tumore che nasce dalle cellule del mesotelio. Così si chiamano le membrane che rivestono, come una sottile pellicola, gli organi interni. A seconda dell'area che ricopre, il mesotelio assume nomi diversi: si chiama pleura nel torace, peritoneo nell'addome, pericardio nello spazio attorno al cuore e tunica vaginale nella zona attorno ai testicoli.
Oltre al mesotelioma maligno, dal mesotelio possono svilupparsi anche tumori benigni (tumori adenomatoidi, mesotelioma cistico benigno ecc.) che in genere vengono rimossi chirurgicamente e non richiedono ulteriori trattamenti.
Il mesotelioma maligno è un tumore raro che colpisce prevalentemente gli uomini. In Italia rappresenta lo 0,8 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo e lo 0,3 per cento di quelli diagnosticati nelle donne. Secondo le stime dell’Associazione italiana registro tumori (AIRTUM), nel 2020 erano attesi circa 1.500 casi tra gli uomini e 500 tra le donne.
Il 90 per cento dei mesoteliomi è dovuto all’esposizione ad amianto, un materiale che è stato utilizzato soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Poiché intercorrono di solito alcuni decenni tra l’esposizione all’amianto e l’eventuale insorgenza del mesotelioma, ci si attende che il numero di diagnosi continuerà a salire nei prossimi anni per raggiungere il picco tra la seconda e la terza decade degli anni Duemila. Per legge, dato che spesso si tratta di una malattia da esposizione professionale, tutti i casi di mesotelioma vengono segnalati al Registro nazionale mesoteliomi.
Il principale fattore di rischio per il mesotelioma, come detto, è l'esposizione all'amianto. Con il termine amianto o asbesto si indica una famiglia di minerali dalla struttura fibrosa, molto resistenti al calore. Le fibre di amianto, oltre mille volte più sottili di un capello umano, possono essere inalate e danneggiare le cellule. Se si depositano nei polmoni, le fibre possono dare origine ad altre malattie come l'asbestosi (una sorta di fibrosi del tessuto polmonare che impedisce la corretta espansione dell'organo) o il tumore polmonare.
La maggior parte dei mesoteliomi interessa persone che sono entrate in contatto con l’amianto sul posto di lavoro. Tuttavia anche l’esposizione non professionale, per esempio ambientale, all’asbesto e ad altre fibre minerali asbestiformi aumenta il rischio di mesotelioma. I familiari dei lavoratori esposti all’amianto sono anch’essi a rischio, dal momento che le fibre di amianto si possono depositare sui vestiti ed essere trasportate dal posto di lavoro a casa, e in tal caso si parla di esposizione passiva. Il periodo di latenza, ossia il tempo che intercorre tra l’esposizione all’amianto e la comparsa del mesotelioma, è molto lungo, circa 40-50 anni. Il rischio aumenta all'aumentare della durata dell'esposizione e della quantità di fibre di amianto inalata.
Altri fattori di rischio meno comuni per il mesotelioma sono l’esposizione alle radiazioni ionizzanti o al diossido di torio (utilizzato in passato come mezzo di contrasto per le immagini radiografiche). Esistono rari casi di predisposizione familiare legate a mutazioni del gene BAP1.
A seconda del distretto corporeo in cui hanno origine, i mesoteliomi si suddividono in:
A seconda delle caratteristiche delle cellule, si distinguono quattro sottotipi di mesotelioma pleurico:
I primi sintomi con cui si presenta il mesotelioma pleurico, spesso legati all’accumulo di liquido nella cavità pleurica (versamento pleurico), sono respiratori: fiato corto (dispnea) e tosse. Possono essere presenti anche dolore nella parte bassa della schiena o a un lato del torace e sintomi più aspecifici, come debolezza muscolare e perdita di peso.
Dolore addominale, perdita di peso, nausea e vomito sono, invece, i sintomi più comuni in caso di mesotelioma peritoneale. Il volume dell’addome può aumentare a causa dell’accumulo di liquido nel peritoneo (ascite).
L’azione più efficace per prevenire il mesotelioma è evitare o limitare al massimo l'esposizione all'amianto. In Italia la lavorazione e l’utilizzo dell’amianto sono vietati dal 1992. Apposite leggi obbligano a verificarne la presenza negli edifici pubblici, come per esempio le scuole, e regolano le modalità di smaltimento di tali materiali pericolosi. La rimozione dell’amianto va infatti affidata a tecnici specializzati che provvederanno a controllare i materiali di fabbricazione e a eliminare correttamente le parti non a norma. La rimozione "fai da te" è da evitare nel modo più assoluto.
In Italia esistono programmi di sorveglianza per i lavoratori che sono stati esposti all’amianto e per coloro che lo sono correntemente per ragioni professionali. Questi programmi hanno principalmente lo scopo di ricostruire la storia lavorativa e informare i soggetti esposti (e le loro famiglie) dei rischi e di alcuni aspetti medico-legali, come la possibilità di ricevere un indennizzo. Purtroppo non esistono ancora esami abbastanza sensibili e specifici da permettere la diagnosi precoce del mesotelioma in una persona che non presenta sintomi, vale a dire che a oggi non esistono test di screening convalidati.
Se un paziente presenta dei sintomi che possono fare ipotizzare la presenza di un mesotelioma, per prima cosa il medico deve accuratamente informarsi sull’eventuale esposizione all'amianto.
Successivamente verranno effettuati degli esami di diagnostica per immagini. Se la radiografia eseguita inizialmente fa sospettare la presenza del tumore, viene fatta seguire dalla tomografia computerizzata (TC), con cui si può valutare anche l’eventuale diffusione del cancro ad altri organi. A volte possono risultare utili l’ultrasonografia e la risonanza magnetica (RM).
Per confermare la diagnosi si ricorre alla biopsia. In alcuni casi si prelevano piccoli campioni di liquido presenti nel torace (toracentesi), nell'addome (paracentesi) o nella cavità attorno al cuore (pericardiocentesi) e si verifica al microscopio la presenza di cellule tumorali. In altri casi, invece, è necessario prelevare piccole porzioni di tessuto con un ago sottile inserito sottopelle con l’ausilio della TC (biopsia percutanea) oppure introducendo nella cavità toracica una sonda dotata di videocamera (biopsia toracoscopica). Quest’ultima procedura, seppure più invasiva, consente di prelevare una maggiore quantità di tessuto e permette quindi una diagnosi più affidabile. Per distinguere con certezza il mesotelioma da altri tipi di tumore, i campioni prelevati con la biopsia possono essere sottoposti ad analisi immunoistochimiche (per sapere quali proteine sono presenti sulla superficie della cellula) o genetiche (per individuare i geni tipicamente espressi dal mesotelioma).
Determinare lo stadio del tumore, ovvero quanto la malattia sia estesa, è essenziale per decidere il tipo di terapia. Per il mesotelioma vengono individuati quattro stadi (I-IV) sulla base dei criteri TNM che tengono conto dell'estensione del tumore (T), dell'eventuale coinvolgimento dei linfonodi (N) e delle metastasi (M).
Come per la maggior parte dei tumori, anche per il mesotelioma più basso è lo stadio e migliori sono le probabilità di successo del trattamento. Spesso però la diagnosi di questo tumore arriva quando la malattia ha già superato gli stadi iniziali ed è ormai difficile da trattare, perciò è uno dei tumori con prognosi raramente positiva. A distanza di 5 anni dalla diagnosi sono ancora vivi solo l’8 per cento degli uomini e il 10 per cento delle donne colpiti dal mesotelioma.
Trattandosi di un tumore raro e difficile da curare, è importante che i pazienti colpiti da mesotelioma si rivolgano da subito a centri specializzati.
I medici valutano innanzitutto la possibilità di intervenire chirurgicamente. In linea di massima i mesoteliomi in stadio iniziale sono operabili, ma l’opportunità di rimuoverli dipende dal sottotipo, dalla posizione, dalle dimensioni e dalle condizioni generali del paziente. Nella maggior parte dei casi la chirurgia non ha intento curativo, ma palliativo, ossia serve a prevenire o ridurre i sintomi.
Esistono anche altri trattamenti che possono essere utilizzati a scopo palliativo: la rimozione di liquido mediante un ago lungo e sottile dalla cavità toracica (toracentesi), addominale (paracentesi) o attorno al cuore (pericardiocentesi) è in grado, per esempio, di dare sollievo, ma, purtroppo, deve essere ripetuta periodicamente, perché il liquido tende a riformarsi.
Il trattamento standard per il mesotelioma consiste nella chemioterapia. I farmaci più efficaci sono i derivati del platino, come il cisplatino, e gli antifolati, come il pemetrexed, spesso usati in associazione.
I farmaci chemioterapici possono essere somministrati per via sistemica, con una iniezione intravenosa che li porta in tutto l'organismo, oppure direttamente nella cavità toracica (per via intrapleurica) o addominale (per via intraperitoneale). Questa somministrazione localizzata è usata soprattutto nel caso del mesotelioma peritoneale e permette di colpire il tumore con dosi più alte di chemioterapico, che a volte viene riscaldato per aumentarne l'efficacia (chemioterapia ipertermica), limitando gli effetti collaterali al resto dell'organismo.
Da alcuni anni sono in corso diverse sperimentazioni terapeutiche con farmaci biologici e con l’immunoterapia, seppure sinora nessuno di questi approcci abbia ancora dimostrato un reale significativo impatto sulla sopravvivenza dei pazienti trattati. Il progressivo miglioramento delle conoscenze scientifiche su questa malattia sta comunque aprendo nuove interessanti prospettive terapeutiche.
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Agenzia Zoe