Ultimo aggiornamento: 24 gennaio 2018
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La leucemia linfatica cronica (LLC) è una neoplasia ematologica che consiste in un accumulo di linfociti nel sangue, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi e milza).
I linfociti sono cellule del sistema immunitario che sorvegliano l'organismo e attivano le difese contro microorganismi o cellule tumorali. Si distinguono in linfociti B o T in base al tipo di risposta che sono in grado di attivare.
Nella LLC uno di questi linfociti (solitamente un linfocita B) subisce una trasformazione maligna e produce un clone linfocitario, cioè un insieme di un gran numero di cellule uguali tra loro che non rispondono più agli stimoli fisiologici e diventano immortali, continuando a riprodursi e accumularsi.
È la leucemia più comune nel mondo occidentale ed è tipica nell'anziano. L'età media alla diagnosi è attorno ai 70 anni e meno del 15% dei casi viene diagnosticato prima dei 60 anni.
Colpisce ogni anno circa 5 persone su 100.000 e l'incidenza aumenta con l'aumentare dell'età. In Italia le stime parlano di circa 1.600 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 1.150 tra le donne.
Come molti tumori, anche la LLC può essere provocata da fattori ambientali che interagiscono con caratteristiche genetiche dell'individuo. Non sono stati identificati fattori di rischio modificabili dall'individuo, ma diversi studi hanno dimostrato che fattori genetici o familiari possono predisporre allo sviluppo della malattia.
Nei parenti di primo grado di pazienti affetti da LLC l'incidenza è maggiore rispetto a quella osservata in una popolazione normale di controllo.
La maggior parte dei casi di LLC ha un decorso indolente che non richiede trattamento e, in caso di necessità, risponde molto bene alla terapia. Esiste un sottotipo di LLC più aggressivo e a prognosi più sfavorevole, che presenta la delezione del cromosoma 17 e/o la mutazione del gene p53, le quali causano una resistenza alla chemioterapia. Tale sottotipo di LLC è molto raro alla diagnosi ma aumenta con le successive ricadute per l’accumularsi di queste mutazioni. Occorre specificare che queste mutazioni non sono ereditarie, ma acquisite, e sono proprie delle sole cellule tumorali.
In più della metà dei pazienti, la LLC viene diagnosticata per caso, nel corso di un esame del sangue eseguito per un’altra ragione, oppure perché si nota un linfonodo ingrossato nel collo, nelle ascelle o all'inguine. Infatti in circa due casi su tre la diagnosi avviene in uno stadio ancora senza sintomi. Il sintomo più frequente è l'adenopatia generalizzata: i linfonodi appaiono di consistenza elastica e non sono dolorosi al tatto; è frequente anche l'ingrossamento di milza (splenomegalia) e fegato (epatomegalia).
Con il progredire della malattia possono comparire altri sintomi comuni anche alle altre leucemie, provocati dall'invasione del midollo osseo da parte delle cellule maligne che soppiantano le cellule ematiche normali. Tali sintomi comprendono stanchezza, pallore e palpitazioni per via dell'anemia ed emorragie per la riduzione delle piastrine. L'aumento dei linfociti impedisce, inoltre, la produzione nel midollo osseo delle altre cellule di difesa: per questo i pazienti sono spesso immunodeficienti e per questo predisposti a infezioni e sintomi come febbre non spiegata, sudorazione notturna, dolori articolari.
Circa 5 pazienti su 100 presentano anche disturbi autoimmuni, cioè producono anticorpi contro il proprio organismo, in particolare contro le altre cellule del sangue, che vengono quindi distrutte (anemia emolitica e piastrinopenia).
Attualmente non è possibile determinare regole precise per la prevenzione della LLC, le cui cause non sono del tutto chiare.
In presenza di sintomi sospetti e di segni che fanno pensare a una possibile leucemia, il medico prescrive come primo esame un prelievo di sangue dal quale è possibile valutare numero e aspetto delle diverse cellule. Si sospetta una malattia leucemica se vi è una linfocitosi persistente, cioè un numero di linfociti nel sangue superiore a 5.000/mmc che non diminuisce nel tempo; sono, però, necessari ulteriori esami per la conferma finale. L’iter diagnostico procede con l'esame morfologico, cioè l’osservazione dello striscio di sangue al microscopio, e l’immunofenotipo (sempre eseguito sul sangue periferico), che caratterizza le molecole di superficie delle cellule di LLC per distinguerle dai linfociti normali e da altre forme di linfoma.
In una piccola percentuale di pazienti, il sospetto di LLC può prendere il via dal riscontro di un'anemia (carenza di globuli rossi) o di una piastrinopenia (carenza di piastrine).
Una volta confermata la diagnosi gli esami necessari per definire lo stadio della malattia sono i seguenti:
L’agoaspirato del midollo osseo e la biopsia ossea sono consigliati prima di iniziare un eventuale trattamento.
I fattori biologici, che hanno una valenza prognostica e predittiva, possono essere valutati mediante esami molecolari sul sangue periferico o sul midollo osseo. Analogamente alla biopsia ossea, tali esami sono consigliabili soprattutto in caso di necessità di iniziare una terapia.
La biopsia dei linfonodi può essere utile nei casi dubbi in cui non si riesce a formulare una diagnosi con il solo esame del sangue. Inoltre viene eseguita di routine quando vi è un sospetto di evoluzione della LLC verso linfoma aggressivo. Questa complicanza è più comune con le recidive successive al primo trattamento.
La leucemia linfatica cronica è una malattia dal decorso variabile: alcuni pazienti possono mantenersi stabili per più di 10 anni, mentre altri possono andare incontro a un rapido aggravamento.
Esistono diversi sistemi di stadiazione, che assegnano cioè uno stadio alla malattia in base a parametri predefiniti. I più comuni sono:
Questi sistemi di classificazione sono molto utili nella pratica clinica, in quanto possono definire la prognosi del paziente in base a semplici caratteristiche cliniche quali la presenza di anemia, piastrinopenia, splenomegalia e/o linfadenopatie.
Vi sono in aggiunta molteplici fattori biologici che sono in grado di definire meglio la prognosi e la risposta ai trattamenti, integrandosi con la stadiazione clinica:
Come accennato in precedenza, i fattori predittivi di risposta alla chemioterapia sono soprattutto la delezione 17p e la mutazione p53.
La leucemia linfatica cronica è una malattia a crescita lenta e di conseguenza, una volta effettuata la stadiazione, non è detto che tutti i pazienti debbano essere subito sottoposti alle terapie. In molti casi il trattamento inizia solo quando la malattia diventa sintomatica, adottando la tecnica del "wait and watch" (cioè si aspetta e nel frattempo si effettuano controlli periodici dell'andamento della malattia).
I criteri per decidere se iniziare la terapia oppure no sono i seguenti:
Si sottolinea che il valore assoluto dei linfociti non rappresenta da solo un criterio sufficiente per iniziare la terapia, anche quando i linfociti raggiungono valori molto alti. Ciò che conta è la rapidità con cui i linfociti aumentano.
Una volta deciso che occorre trattare la malattia, oggi vi è un ampio spettro di terapie per la LLC. La scelta viene fatta in base all’età del paziente, alle malattie concomitanti e alle caratteristiche della LLC. La prima linea di trattamento consiste in un anticorpo monoclonale anti CD20 associato a chemioterapia (ovvero la cosiddetta chemioimmunoterapia). Il rituximab è l’anticorpo monoclonale più utilizzato, ma oggi vi sono anche altri anticorpi antiCD20, quali ofatumomab e obinotuzumab, che si possono utilizzare in combinazione alla chemioterapia.
Se vi è la presenza di delezione 17p o mutazione p53, ovvero in caso di LLC solitamente resistente alla chemioterapia, oggi esistono nuovi farmaci molecolari efficaci. È importante pertanto definire la presenza o meno dei fattori di rischio biologici prima di iniziare qualsiasi trattamento.
I nuovi farmaci approvati in prima linea di trattamento sono l’ibrutinib e il venetoclax (quest’ultimo in caso di controindicazioni o non risposta a ibrutinib). Per le linee di terapie successive è possibile utilizzare anche idelalisib. Infatti, questi farmaci possono essere anche utilizzati nei casi di LLC in recidiva in assenza di delezione 17p o mutazione p53, in particolare in caso di recidiva precoce dopo chemio-immunoterapia. I nuovi farmaci, agendo su un bersaglio preciso ed essendo quindi più efficaci e meno tossici, hanno completamente cambiato la prognosi e la fattibilità delle terapie nei pazienti con LLC e si attende un loro più ampio e precoce utilizzo nel decorso della malattia. Il loro potenziale svantaggio risiede nel dover essere presi continuativamente, come una terapia cronica, e la mancanza di dati numerosi nel lungo termine.
Oggi il trapianto di cellule staminali allogeniche è indicato in casi selezionati di pazienti giovani con recidiva di LLC e con caratteristiche biologiche sfavorevoli.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe