Ultimo aggiornamento: 20 gennaio 2025
Titolo originale dell'articolo: Body composition derangements in lung cancer patients treated with first-line pembrolizumab: A multicentre observational study
Titolo della rivista: Journal of Cachexia, Sarcopenia and Muscle
Data di pubblicazione originale: 22 ottobre 2024
Una massa ridotta di muscoli e di grasso intramuscolare riduce la risposta al pembrolizumab e la sopravvivenza dei pazienti con tumore al polmone. Conoscere e misurare in anticipo questi problemi potrebbe aiutare a ottimizzare il percorso di cura.
La risposta all’immunoterapia dei pazienti con tumore al polmone può cambiare a seconda di fattori legati alla composizione corporea, quali la quantità di massa muscolare e di grasso intramuscolare. In modo pratico ed efficace, questi parametri potrebbero aiutare a prevedere l’efficacia degli inibitori del check-point immunitario, come il pembrolizumab, usati nella cura del tumore al polmone. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicati sul Journal of Cachexia, Sarcopenia and Muscle da un gruppo di ricerca coordinato da Sara Pilotto, presso l’Università degli studi di Verona, in collaborazione con Emilio Bria, dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma. I dati sono stati ottenuti grazie al sostegno da parte di AIRC di un progetto di ricerca guidato da Emilio Bria e hanno contribuito alla presentazione da parte di Sara Pilotto del progetto AIRC NextGen Clinicial Scientist, approvato nel 2024.
Gli inibitori dei check-point immunitari sono un esempio di immunoterapia che ha cambiato profondamente il trattamento del tumore del polmone negli ultimi anni. Questi farmaci hanno infatti offerto opzioni terapeutiche inedite e inaspettate ai pazienti che rispondono a questi trattamenti e che in precedenza avrebbero avuto scarse probabilità di superare i 2 anni dalla diagnosi. Questi tipi di immunoterapici tolgono per così dire i “freni” a cellule e molecole del sistema immunitario che le cellule neoplastiche tendono a inibire. Non tutti i pazienti però rispondono a queste cure e anche per coloro che inizialmente hanno un beneficio l’effetto spesso si riduce nel tempo. Il tumore può infatti mettere in atto meccanismi di resistenza nei confronti del sistema immunitario, che rendono inefficace l’azione degli agenti immunoterapici e promuovono la progressione della malattia. Identificare in anticipo i malati per cui il pembrolizumab sarà più efficace significa quindi poter selezionare la strategia di cura più adatta per ciascun paziente, per esempio scegliendo se sia consigliabile abbinare la chemioterapia all’immunoterapia.
Tuttavia, “oggi sappiamo che l’attività del sistema immunitario contro il tumore non dipende soltanto dalle caratteristiche della malattia, ma hanno un peso rilevante anche i comportamenti dei pazienti: le scelte alimentari, l’abitudine o meno al fumo e all’esercizio fisico, e lo stato psicologico” commenta Bria. Altri fattori che possono avere un ruolo da questo punto di vista sono il peso e la massa muscolare, su cui si è concentrato il gruppo di ricerca. “La letteratura scientifica di riferimento dice che la composizione corporea può modulare l’efficacia e la tollerabilità delle terapie oncologiche” spiega Pilotto. La scelta è ricaduta su questi fattori anche perché i pazienti possono intervenire su di essi, cambiando le proprie abitudini quotidiane. Aggiunge la ricercatrice: “Oltretutto questi parametri sono semplici e veloci da monitorare nella pratica clinica, per esempio con le immagini ottenute con le TC che vengono svolte normalmente nel percorso diagnostico e di follow-up”. Inoltre, come afferma Bria, dal punto delle opzioni terapeutiche mancano valide alternative: “A parte la proteina PD-L1, il principale bersaglio delle immunoterapie, non esistono altri marcatori in grado di predire con un buon grado di probabilità il successo dei trattamenti con inibitori dei checkpoint immunitari”.
Nello studio sono stati coinvolti 134 pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule, la forma più frequente di questa patologia. I malati sono stati curati in prima linea con il pembrolizumab tra il 2017 e il 2023 presso diversi centri ospedalieri in Italia. I loro parametri di composizione corporea prima dell’inizio dell’immunoterapia sono stati confrontati con quelli durante e dopo le cure. “Dai risultati è emerso che la sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare, e una bassa quantità di grasso intramuscolare hanno influenzato in modo negativo la prognosi delle persone coinvolte nello studio” riporta Pilotto. I pazienti con queste caratteristiche hanno infatti avuto una probabilità di sopravvivere più bassa di chi presentava valori opposti, e viceversa, anche qualora la malattia non sia progredita.
Dallo studio è quindi emerso che la valutazione della composizione corporea, in termini di sarcopenia e di quantità di grasso intramuscolare, può aiutare a prevedere la risposta al pembrolizumab in pazienti con tumore del polmone. “Perché questi parametri possano entrare nella pratica clinica è importante dimostrare il loro impatto anche sull’efficacia e la tollerabilità delle terapie e sulla qualità di vita con ulteriori studi” sottolinea Pilotto. Soltanto con dati raccolti anche su questi aspetti si potranno stabilire comportamenti mirati con cui i pazienti, durante il percorso di cura, possano raggiungere la composizione corporea che predispone a una maggiore efficacia dell’immunoterapia.
Camilla Fiz