Guido ha deciso di finanziare i giovani ricercatori del Progetto Start-Up in memoria della moglie Gloria, scomparsa a causa di un cancro al seno. Donare gli fa sentire Gloria al suo fianco mentre fa qualcosa di costruttivo per il futuro delle prossime generazioni.
Guido è dirigente d’azienda con una grande passione per le automobili e un passato da pilota di buon livello. Il giorno del nostro incontro era di ritorno da un piccolo viaggio sull’Appennino modenese dove era andato a recapitare il frutto di una raccolta fondi.
Questa coincidenza gli ha dato l’occasione per spiegare che significa per lui l’attenzione per il prossimo.
«Ecco: secondo me la filantropia ha due facce. La prima è dare sollievo ai bisogni immediati di persone meno fortunate. Ci sono innumerevoli situazioni che necessitano di aiuto. Al punto che quando ci si confronta si avverte un senso di colpa terribile per le sofferenze altrui e perché non facciamo mai abbastanza per gli altri», spiega Guido. «Ma c’è anche un’altra faccia, forse meno urgente ma non meno importante della filantropia. È quella in cui si sostengono cause pensando ai nostri figli e i nostri nipoti; quella che mette le basi per un futuro migliore».
Con in testa questo obiettivo Guido qualche anno fa ha cominciato a sostenere Fondazione AIRC. Prima con donazioni ripetute, poi, dallo scorso anno, in risposta a un appello di AIRC collegato alle difficoltà legate alla pandemia, con un impegno più importante in favore del Progetto Start-Up, il finanziamento che consente a giovani ricercatori che si stanno facendo valere all’estero di tornare in Italia e avviare un gruppo di ricerca tutto loro.
La donazione sarà intitolata alla moglie Gloria, deceduta 10 anni fa a causa di un tumore.
«Ho amato mia moglie da morire», racconta. «Era una donna piena di vita. E attenta alla salute: faceva tutti i controlli necessari, aderiva regolarmente alle campagne di screening. Nonostante ciò, nel 2011 è morta per un cancro al seno molto aggressivo, aggravato probabilmente da un ritardo diagnostico. Ha combattuto cinque anni la malattia, vivendo questa fase della sua vita in maniera eroica».
Il racconto di Guido si fa molto intimo: per esempio narra di come il suo rapporto con la morte si sia intrecciato con la vicenda della malattia della moglie. «Parlavamo spesso della morte», dice. «Ho perso mia madre per un incidente stradale e questo forse ha condizionato il mio modo di vedere le cose. Dicevo sempre a mia moglie Gloria che, per quel che mi riguarda, preferirei morire a causa di una malattia che mi dia il senso dell’avvicinarsi della fine e allo stesso tempo abitui quelli che rimangono all’idea della perdita. Lei avrebbe preferito invece una fine improvvisa; ma una morte di questo tipo, per chi rimane, è qualcosa di massacrante», continua. «Alla luce della sua esperienza, però, parlavamo anche di quanto fosse importante che ci fossero screening più efficaci e maggiore ricerca sul cancro. Così quando è mancata non ci ho pensato un attimo. Ho ritenuto che AIRC fosse un riferimento serio e quindi ho cominciato a donare in memoria di mia moglie».
Un gesto - la donazione in memoria - che per Guido aggiunge un ulteriore e profondo valore all’atto del donare: «Sento che Gloria è al mio fianco mentre faccio qualcosa di costruttivo per i nostri figli e i nostri nipoti».