Dieta vegetariana: pro e contro

Negli ultimi anni la dieta vegetariana si è consolidata tra le abitudini alimentari di una parte della popolazione residente in Italia. Secondo l’Eurispes (dati 2023), il 6,6 per cento circa adotta un regime vegetariano (4,2 per cento) o vegano (2,4 per cento), corrispondente, in numeri assoluti, a poco più di 3 milioni di persone. Le convinzioni che spingono le persone ad aderire a questi tipi di alimentazione sono quindi numerose. Tra di esse, la consapevolezza che una dieta basata prevalentemente sul consumo di alimenti vegetali può favorire la riduzione del rischio di sviluppare diverse patologie croniche, tra cui alcune forme di cancro, e il desiderio di ridurre l’impatto ambientale determinato dalle produzioni di alimenti di origine animale. A sua volta, questo può avere un beneficio ulteriore, indiretto, per la salute anche umana. Occorre però qualche cautela quando si sceglie di cambiare le proprie abitudini a tavola. Ecco una piccola guida con qualche suggerimento per chi ha fatto la scelta vegetariana, affinché sia più consapevole di alcuni possibili rischi che possono presentarsi quando si elimina un’intera categoria di alimenti dalla propria dieta.

I diversi modi di dire vegetariano

Prima di entrare nel merito di quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di una dieta vegetariana, è importante fare chiarezza sui diversi tipi di alimentazione che possono rientrare in questa definizione. Tutte le diete vegetariane escludono la carne (di manzo, maiale, agnello, pollo e altri volatili, cervo e così via) e i prodotti da essa derivati (come salumi e carne secca, disidratata o in scatola). I possibili problemi e gli adattamenti necessari sono infatti diversi in base ai tipi di alimenti che vengono esclusi.

  • Dieta latto-ovo vegetariana: è a base vegetale, ma include anche latticini, miele e uova;
  • alimentazione latto-vegetariana: come la precedente, con l’esclusione però delle uova;
  • dieta pesco-vegetariana: è a base vegetale, ma include anche pesce e frutti di mare (con o senza uova e latticini);
  • alimentazione vegana: esclusivamente a base vegetale, quindi con l’esclusione di qualsiasi alimento di origine animale, incluso il miele poiché è prodotto dalle api.


Ulteriori stili di alimentazione, per certi aspetti simili alla dieta vegetariana, sono:

  • dieta macrobiotica: si basa sul consumo di cereali integrali e verdure, esclude alimenti trattatati industrialmente (come zucchero bianco, bibite dolcificate, conserve) e limita il consumo di cibi di origine animale;
  • crudismo: stile di alimentazione basato sul consumo di cibi crudi, non lavorati, preferibilmente provenienti da agricoltura biologica. Una regola generalmente seguita da chi consuma questo tipo di alimenti è di consumare cibi che non siano stati sottoposti a temperature superiori a 40-45°C;
  • fruttismo (o fruttarianesimo): dieta basata sul consumo esclusivo o prevalente di frutta. La pratica essenziale del fruttarismo, da cui derivano tutte le altre interpretazioni, prevede il consumo della frutta propriamente detta, degli ortaggi a frutto e dei semi classificati tra la frutta secca.

Numerosi studi epidemiologici, che indagano la distribuzione e la frequenza delle malattie o di altri eventi in una popolazione, hanno mostrato che una dieta basata su un maggiore consumo di alimenti di origine vegetale aiuta fortemente a mantenere un buono stato di salute. In generale, la dieta di tipo mediterraneo (che pur essendo composta da molti alimenti di origine vegetale non prevede l’esclusione degli alimenti di origine animale) a oggi si è dimostrata la più efficace nel contribuire alla prevenzione delle patologie croniche più diffuse in diversi i Paesi, tra cui il nostro. Tra queste vi sono malattie cardiovascolari, neurodegenerative, diabete e diverse forme di cancro. La comunità scientifica ha anche valutato se altri regimi alimentari potessero avere effetti simili. In particolare, hanno considerato, tra le diete più seguite nei Paesi occidentali e asiatici, quelle che comunemente rientrano nella definizione comune di dieta vegetariana: la latto-ovo vegetariana e la vegana.

Quali sono i benefici della dieta vegetariana?

Secondo un documento di posizione (“position paper”) elaborato dalla Società italiana di nutrizione umana (SINU) e pubblicato sulla rivista Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases, le diete vegetariane, se correttamente pianificate e seguite, possono favorire lo stato di salute. In particolare, chi segue una dieta vegetariana ha un rischio ridotto di ammalarsi di determinate condizioni, tra cui cardiopatia ischemica, diabete di tipo 2, ipertensione, obesità e alcune forme tumorali. A contribuire alla riduzione del rischio sono diversi fattori. Innanzitutto, le diete vegetariane comportano un ridotto apporto di alimenti ricchi di grassi saturi e un elevato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, prodotti a base di soia, frutta secca e semi (alimenti ricchi di fibre e fitocomposti). In questo modo favoriscono la riduzione dei livelli ematici di colesterolo totale e a bassa densità (LDL) e un migliore controllo del carico glicemico dopo un pasto. In genere queste diete comportano anche un ridotto apporto di zuccheri e sale. Inoltre, le persone che abitualmente consumano più alimenti di origine vegetale tendono a essere più attente alla salute, seguendo stili di vita più salutari (generalmente non sono fumatori, non consumano alcol e sono attivi fisicamente).

Le raccomandazioni del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, redatte da un gruppo di esperti della scienza della nutrizione e non solo, per la prevenzione delle malattie oncologiche invitano a introdurre nella propria dieta alimenti di origine vegetale e a limitare il consumo di carni rosse e conservate e in generale di alimenti lavorati (spesso ricchi in zuccheri, grassi saturi e sale). Il segreto per un’alimentazione varia ed equilibrata sta poi soprattutto nelle quantità: per diminuire il rischio di ammalarsi non è necessario eliminare del tutto i cibi di origine animale (come latte e uova, ma anche carne). È certamente utile, però, limitarne il consumo, e aumentare l'apporto di frutta, verdura e legumi.

Scelte “veg” e benefici per l’ambiente

Le diete basate prevalentemente sul consumo di alimenti di origine vegetale sono studiate per i loro benefici non solo sulla salute, ma anche per l’ambiente. In generale, infatti, gli allevamenti sembrano utilizzare più risorse idriche e di suolo e produrre più gas serra rispetto alle coltivazioni di alimenti vegetali (come legumi e frutta a guscio). È bene però ricordare che mangiare in modo sostenibile non vuol dire solo prediligere il consumo di alimenti vegetali, ma anche ridurre gli sprechi alimentari. Seguire una dieta vegana, per esempio, permette di consumare circa la metà dell’acqua e produrre un quarto delle emissioni di gas serra rispetto a chi predilige una a elevato consumo di carne. Una simile scelta determina anche una significativa riduzione del consumo di suolo necessario alle coltivazioni, con un impatto sulla biodiversità ridotto di un terzo. Comunque, anche le diete a ridotto consumo di carne permettono di risparmiare stress e risorse all’ambiente, pesando sul pianeta fino a un terzo in meno rispetto a quelle più ricche di questi alimenti. Dunque, anche senza rinunciare del tutto agli alimenti di origine animale, ridurne il consumo è già un’ottima scelta. Per estensione, anche una dieta non troppo estrema è una scelta virtuosa per l’ambiente. La relazione tra impatto ambientale e consumo di alimenti di origine animale è ormai chiara e dovrebbe indurre alla loro riduzione: quanto più (se possibile) questa è marcata, tanto maggiori si riveleranno i benefici per l’ambiente.

Che cosa contengono di così prezioso gli alimenti di origine vegetale?

Pressoché tutte le linee guida per una sana alimentazione e per la prevenzione di gran parte delle malattie croniche raccomandano di seguire diete ricche soprattutto di frutta e verdura. Lo stesso vale per la prevenzione del rischio oncologico: le persone che seguono diete povere di questi alimenti sono più esposte al rischio di sviluppare diversi tipi di tumore. Via libera dunque al consumo di vegetali, possibilmente non amidacei (quindi diversi dai tuberi). L’ideale sarebbe consumare 5 porzioni al giorno di frutta (circa 150 grammi a porzione) e verdura (circa 200 grammi a porzione). Ma quali sono i vegetali da scegliere dall’ampio bancone di un fruttivendolo?

In linea generale non esistono né divieti categorici né super-alimenti. Un primo suggerimento è di favorire la varietà, a partire dal colore dei vegetali. Consumando frutta e verdura fresche, di stagione e diverse tra loro ci si garantisce il massimo apporto possibile delle vitamine e dei sali minerali di cui abbiamo bisogno per proteggere la salute, senza bisogno di ricorrere a integratori, che non hanno quasi mai lo stesso effetto benefico.

I tipi di nutrienti e le loro proprietà nella capacità di ridurre il rischio di cancro sono emerse dai risultati di numerose ricerche. Si tratta perlopiù di dati emersi in indagini di laboratorio e studi epidemiologici. Un ruolo di primo piano nella prevenzione oncologica lo occupano gli agrumi (ricchi di vitamina C) e i frutti di bosco (che contengono un concentrato di sostanze antiossidanti in grado di proteggere il DNA da danni potenzialmente cancerogeni). A questi si aggiungono le verdure a foglia verde (per esempio insalata, erbette e spinaci), molto ricche di folati, che a loro volta sembrano proteggere il DNA dalle mutazioni. Vi sono poi ortaggi quali le carote, la zucca e il pomodoro, che sono ricchi di sostanze antiossidanti possibilmente in grado di ridurre il rischio di insorgenza del tumore della prostata (com’è emerso in studi che sono stati condotti in laboratorio con cellule in coltura). Non sono da dimenticare infine le crucifere (verze, cavolfiori, broccoli, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, rucola, ravanelli e crescione), che nell’insieme sembrano avere un impatto protettivo contro il tumore al seno, al polmone, al colon-retto, alla prostata e alla vescica.

Il contributo della fibra alimentare alla prevenzione oncologica

Le fibre alimentari non sono un nutriente vero e proprio, ma un insieme di composti che svolgono numerose azioni positive per la salute, in particolare nell’ultimo tratto dell’apparato digerente, il colon-retto. Malgrado il nostro organismo non possieda gli enzimi necessari per digerirle, i microrganismi ospiti che popolano il tratto intestinale possono utilizzarle come nutrimento, producendo a loro volta alcuni metaboliti dagli effetti benefici per la nostra salute. Le fibre favoriscono quindi la proliferazione dei microrganismi più utili per noi. Ma i loro benefici non finiscono qui. Una volta giunte nell’intestino, le fibre facilitano il transito degli alimenti e regolano l’assorbimento di altre sostanze nutritive, favorendo un maggiore senso di sazietà, diminuendo i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue e riducendo il carico glicemico dei pasti.

I risultati di diversi studi dimostrano che i soggetti che consumano più di frequente alimenti ricchi di fibre hanno un rischio più basso di sviluppare malattie croniche (in particolare tumore del colon-retto, eventi cardiovascolari e diabete di tipo 2). Per preservare lo stato di salute, è consigliato per la popolazione adulta assumere 25-30 grammi di fibre al giorno. Per raggiungere questa quantità, è necessario non solo consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, ma includere nella dieta anche cereali e derivati, preferibilmente nella versione integrale, oltre a legumi e frutta a guscio.

Il valore dei fitocomposti

I fitocomposti sono molecole bioattive presenti solo negli alimenti di origine vegetale. Le piante li producono per difendersi da stress ambientali (luce, predatori, insetti, patogeni) e per altre funzioni, per esempio per produrre i pigmenti necessari a richiamare gli insetti e gli altri animali responsabili dell’impollinazione, per cui sono indispensabili alla riproduzione della pianta.

Sono sempre più le evidenze che riconoscono il ruolo positivo dei fitocomposti anche per la salute umana, in particolare nella prevenzione di molte malattie croniche. Non sono nutrienti indispensabili per lo sviluppo, ma alcuni risultati di studi di laboratorio mostrano che alcuni di essi influenzano molte attività biologiche, con un possibile effetto benefico di queste sostanze. Un esempio per tutti: il betacarotene (precursore della vitamina A e contenuto prevalentemente nei vegetali arancioni) sembrerebbe rallentare la proliferazione delle cellule tumorali. In effetti, i soggetti che consumano maggiori quantità di alimenti che contengono betacarotene sembrano avere un minor rischio di sviluppare il cancro ai polmoni. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per stabilire se la correlazione osservata sia dovuta effettivamente a questo composto o ad altri fattori.

Si potrebbe ipotizzare che l’assunzione di un integratore di betacarotene o altri fitocomposti possa avere lo stesso effetto protettivo di una dieta ricca di vegetali. In realtà le ricerche hanno dimostrato che non è così. I vegetali contengono infatti una miscela non facilmente replicabile di sostanze, ognuna delle quali sembra contribuire agli effetti salutari sia singolarmente sia in unisono con le altre.

I grassi “buoni” sono alleati della salute

Le diete vegetariane sono caratterizzate dall’introduzione di quantità ridotte di grassi saturi, che si trovano in carne e derivati, latte, formaggi e uova. Consumare in eccesso questi tipi di grassi può favorire l’aumento del peso corporeo e quindi aumentare il rischio di sviluppare malattie croniche associate all’eccesso di peso, tra cui i tumori. Inoltre, può aumentare i livelli di colesterolo nel sangue, compromettendo la salute di cuore e arterie. Viceversa, olio extravergine d’oliva, legumi, semi oleosi e frutta a guscio sono ricchi di grassi insaturi, detti anche grassi “buoni” perché sono alleati della salute dell’organismo. Se assunti in quantità adeguate, aiutano infatti ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue e a mantenere il peso nella norma, riducendo il rischio di sovrappeso, obesità e infiammazione.

In studi recenti in cui i ricercatori hanno confrontato diversi regimi alimentari è emerso che chi segue una dieta vegetariana ha un indice di massa corporea inferiore rispetto a chi segue una dieta onnivora. L’indice di massa corporea è un parametro utilizzato nella scienza della nutrizione per valutare il peso corporeo di un soggetto. Queste e altre ricerche confermano che in un’alimentazione salutare andrebbero privilegiati i grassi insaturi, e quindi gli alimenti vegetali, rispetto ai grassi saturi. Andrebbero in particolare ridotte soprattutto le carni rosse e i condimenti ricchi di grassi saturi (come burro, strutto e margarina). È consigliata, invece, l’assunzione di pesce azzurro, che contiene tipi di grassi particolarmente importanti per la salute, come i cosiddetti omega 3, che includono per esempio l’acido eicosapentaenoico e l’acido docosaesaenoico.

Gli elementi che non possono mancare in una dieta vegetariana

Il gruppo di lavoro della Società italiana di nutrizione umana (SINU) ha dichiarato che la dieta vegetariana non comporta rischi per la salute quando è pianificata in modo equilibrato. In questo caso, infatti, la dieta vegetariana può rispondere al fabbisogno energetico della popolazione adulta e può essere seguita nelle diverse condizioni fisiologiche del ciclo della vita. Tuttavia, nell’infanzia, nell’adolescenza e durante gravidanza e allattamento può essere utile affidarsi a un medico dietologo o a un nutrizionista, che saprà consigliare e valutare le scelte più adeguate da fare in base alle esigenze nutrizionali. In tutti i casi è molto importante consumare una grande varietà di cibi nelle quantità più adeguate.

Vi sono comunque alcuni componenti della dieta ai quali è necessario fare particolare attenzione. Vediamo quali sono.

Le proteine

Le proteine danno forma e struttura a tutti i tessuti del nostro corpo, tra cui in primo luogo i muscoli. Inoltre, proteine tra cui enzimi, ormoni e anticorpi svolgono gran parte delle funzioni e delle reazioni fisiologiche. Insieme a grassi e zuccheri aiutano anche a produrre energia.

In una dieta vegetariana la maggior parte delle proteine dovrebbe provenire dai legumi (come ceci, lenticchie, fagioli, piselli e soia) e da cereali e derivati (tra cui pane, pasta, riso, farro, orzo, avena e grano saraceno). Eppure in tanti credono che chi segue le diete vegetariane, in particolare quella vegana, sia a rischio di carenze proteiche. Questo non è sempre vero, purché la dieta preveda una notevole varietà nel consumo di alimenti, con in particolare una combinazione di legumi e cereali nell’arco della giornata.

Infatti, i legumi contengono molte proteine, anche se di qualità inferiore a quelle di carne, uova e latticini. Nei legumi non si trovano infatti tutti gli aminoacidi essenziali, cioè i mattoncini costitutivi delle proteine che il nostro organismo non è capace di sintetizzare da zero. I cereali, invece, contengono buone quantità di quegli aminoacidi che sono scarsi nei legumi. Per questo l’associazione tra i due tipi di alimenti (come nella pasta e fagioli, nella pasta e lenticchie e nelle insalate di farro e legumi) può essere una valida alternativa alla fettina di carne. Per ottenere lo stesso obiettivo, comunque, non è indispensabile consumare cereali e legumi nello stesso pasto: gli alimenti vegetali fonte di proteine si possono distribuire nei vari momenti della giornata.

Dati scientifici alla mano, le proteine di origine vegetale sono però meno digeribili rispetto a quelle di origine animale, contenute in carne, latte e uova. Per questo per i vegetariani potrebbe essere opportuno consumare una quantità di proteine leggermente superiore rispetto a quanto suggerito per la popolazione generale. Anche se, come ribadito dalla Società italiana di nutrizione umana (SINU), le evidenze scientifiche mostrano che generalmente nelle diete vegetariane l’apporto proteico è adeguato.

Per le persone in condizioni di elevato fabbisogno (come donne in gravidanza e allattamento, bambini in crescita e anziani) si può raggiungere facilmente questo incremento variando giornalmente tutte le fonti vegetali.

La vitamina B12

La vitamina B12 è essenziale per il funzionamento dell’organismo, in particolare del sistema nervoso e del fegato. Si trova principalmente in alimenti di origine animale: per questo la sua possibile carenza è una delle principali criticità da affrontare quando si segue una dieta strettamente vegetariana.

Tra gli alimenti vegetali, le alghe possono contenere quantità molto variabili di vitamina B12 e per questo non rappresentano una garanzia di un’adeguata assunzione. Alcune specie di alghe contengono molecole simili alla vitamina B12 che però sono biologicamente inattive e che possono addirittura ridurre la biodisponibilità delle forme attive. Il cosiddetto tempeh, un alimento fermentato ricavato dai semi di soia gialla, è spesso considerato da molti vegetariani come una buona fonte di vitamina B12, anche se le evidenze scientifiche a oggi non lo dimostrano.

Per questi motivi, si consiglia a tutti coloro che seguono una dieta vegetariana di confrontarsi con uno specialista della scienza della nutrizione (nutrizionista o dietista) o con il medico curante per integrare la propria alimentazione con fonti affidabili di vitamina B12, quali alimenti fortificati o integratori.

Il ferro

Il ferro è un micronutriente fondamentale per il nostro organismo. Per esempio, si trova nell’emoglobina, il pigmento dei globuli rossi, dove contribuisce in maniera essenziale al trasporto dell’ossigeno nei tessuti. Una sua carenza determina sintomi quali stanchezza, pallore e fragilità dei tessuti a rapido ricambio come sangue, capelli e unghie.

Oltre che nella carne, il ferro è presente in molti alimenti di origine vegetale, come legumi, cereali e alcuni tipi di verdure (principalmente a foglia verde, come la rucola e il radicchio) e frutta a guscio (per esempio pistacchi, mandorle e arachidi). A chi segue una dieta latto-ovo-vegetariana o vegana si raccomanda di assumere l’80 per cento di ferro in più rispetto agli onnivori perché l’assorbimento del ferro da una dieta vegetariana si aggira intorno al 5-12 per cento, mentre in quella onnivora al 14-18 per cento. In effetti, il ferro presente nei vegetali si trova nella cosiddetta forma non-eme, meno facile da assorbire. Se ne può tuttavia favorire l’assorbimento trasformandola nella forma eme, maggiormente assimilabile, grazie a piccoli accorgimenti in cucina.

  • L’abbinamento con alimenti che contengono acido ascorbico, o vitamina C, favorisce l’assorbimento di ferro. Quindi, per esempio, si può utilizzare del succo o della scorza di limone per condire un secondo piatto di legumi; accompagnare il piatto con un contorno di peperoni o pomodori crudi; oppure concludere il pasto con frutta ricca di vitamina C, per esempio con fragole, kiwi e arance. Questo suggerimento è comunque da tenere a mente anche per gli alimenti di origine animale fonte di ferro, dato che anch’essi contengono una percentuale non irrilevante di ferro non-eme.
  • Alcune modalità di preparazione degli alimenti (macinazione, ammollo e germinazione di cereali e legumi, lievitazione acida del pane) permettono una rottura parziale dei composti che legano il ferro “intrappolandolo” (fitati e tannini). Questi composti sono generalmente presenti negli alimenti ricchi di fibra, in particolare nei legumi.

 

Quindi, con le diete vegetariane è possibile assumere quantità adeguate di ferro variando l’alimentazione e adattando alcune strategie. L’integrazione di ferro è necessaria solamente in specifiche situazioni che dovranno essere definite dal medico, dopo una valutazione clinica dello stato del ferro.

Il calcio

Il calcio è un elemento fondamentale per il funzionamento delle cellule e per il consolidamento delle ossa e dei denti. Le fonti vegetali di calcio sono principalmente i legumi e i prodotti derivati dalla soia (come tofu e yogurt o bevande vegetali a base di soia), alcuni vegetali a foglia verde (cime di rapa, verze scure, biete), frutta a guscio e alcuni semi oleosi. Tuttavia, la biodisponibilità di questo minerale negli alimenti vegetali è minore rispetto alle più conosciute fonti di calcio (latte e derivati, yogurt e formaggi). All’interno dei vegetali sono infatti spesso presenti dei composti (prevalentemente ossalati e fitati) che possono formare dei complessi insolubili con il calcio, responsabili del ridotto assorbimento.

I soggetti più a rischio di carenza di calcio sono quelli che seguono una dieta vegetariana più restrittiva, con l’esclusione anche di latte e derivati. I vegani, quindi, dovrebbero prestare attenzione nella composizione dei loro pasti, in particolare aumentando il consumo di buone fonti di calcio (verdure a basso contenuto di ossalati e fitati, soia e derivati) e introducendo prodotti fortificati di questo minerale (come le bevande vegetali, nelle quali i sali di calcio presentano una biodisponibilità simile a quella del latte).

Infine, anche l’acqua è un’importante fonte altamente disponibile di questo elemento. Tenere a portata di mano durante i pasti e nell’arco della giornata una borraccia può sicuramente contribuire al fabbisogno giornaliero di calcio.

Lo zinco

Lo zinco è un micronutriente necessario a molte reazioni biochimiche ed è coinvolto nel funzionamento del sistema immunitario. Più della metà del contenuto di zinco nelle diete onnivore proviene da carne e derivati, prodotti lattiero-caseari, prodotti della pesca e uova, mentre circa il 40 per cento deriva da alimenti vegetali. Tra questi, i più ricchi di zinco sono i cereali integrali, i legumi, la frutta a guscio e i semi oleosi. Contemporaneamente, però, questi vegetali contengono una quantità elevata di fitati, ossalati e fibre che possono legarsi allo zinco e limitarne l’assorbimento a livello intestinale. Si stima infatti che nelle diete vegane e latto-ovo-vegetariane l’assorbimento vari tra il 15-26 per cento, mentre in una dieta onnivora tra il 33 e il 35 per cento.

Come per il ferro, alcune modalità di preparazione del cibo possono migliorare la biodisponibilità dello zinco, degradando questi composti. Per esempio, una valida strategia è rispettare i tempi di ammollo e cottura di legumi e cereali. Inoltre, nelle diete vegetariane è consigliato aumentare l’apporto di zinco e di consumare alimenti ricchi di questi minerali accompagnati da vegetali fonte di acidi organici, che si trovano prevalentemente nella frutta e nelle verdure della famiglia delle Brassicaceae (come broccoli e cavoli).

Gli acidi grassi omega-3

Generalmente le diete vegetariane sono più ricche dei cosiddetti grassi buoni rispetto alle diete onnivore. Occorre però prestare attenzione a una particolare classe di grassi insaturi, gli omega-3, che hanno effetti benefici per la prevenzione delle malattie croniche. Infatti, negli alimenti di origine vegetale l’unico acido grasso omega-3 presente è l’acido α-linolenico (ALA). Si tratta del capostipite di questa classe di composti, da cui il nostro organismo è in grado di produrre acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), chiamati anche omega-3 a lunga catena. Nelle diete onnivore, EPA e DHA si ottengono principalmente dal pesce.

Le raccomandazioni per i vegetariani sono di:

  • introdurre regolarmente nella dieta ottime fonti di ALA, come la frutta a guscio, tra cui le noci, e i semi oleosi (semi di lino, di chia e olio derivati da questi). Al fabbisogno giornaliero degli acidi grassi omega-3 a lunga catena possono contribuire anche le alghe;
  • favorire la conversione di ALA in EPA e DHA, prestando attenzione ad assumere adeguate quantità di alcuni nutrienti (proteine, piridossina, biotina, calcio, rame, magnesio e zinco).
  • limitare il consumo di alimenti che presentano sostanze che possono interferire con il processo di conversione, come acidi grassi omega-6, acidi grassi trans e alcol.

Infine, potrebbe essere necessario integrare con fonti di microalghe a contenuto titolato in alcune fasi della vita in cui il fabbisogno di omega-3 fisiologicamente aumenta (per esempio nelle donne in gravidanza, in allattamento e in bambine e bambini fino a 2 anni di vita) o nelle persone che possono presentare una capacità di conversione minore, come anziani e pazienti affetti da malattie croniche.

Una dieta a base vegetale è sempre positiva per la salute?

Non è detto che un prodotto costituito prevalentemente da ingredienti vegetali sia automaticamente salutare. La quantità e la frequenza di consumo dei diversi alimenti sono aspetti fondamentali di ogni regime alimentazione, dieta vegetariana inclusa, per cui in tutti i casi è sempre bene tenere controllati grassi, zuccheri e sale.

Tra gli scaffali del supermercato sono sempre più presenti i cosiddetti “burger” vegetali, che spesso sono ricchi di sale: 100 grammi di prodotto possono apportare anche più di 1 grammo di sale. Occorre quindi fare attenzione: l’Organizzazione Mondiale della sanità suggerisce di non superare i 5 grammi di sale al giorno, perché il consumo eccessivo di sale favorisce gli eventi cardiovascolari, aumenta il rischio di ammalarsi di alcune forme tumorali e può incrementare le perdite urinarie di calcio, un elemento a cui soprattutto chi segue un’alimentazione vegetariana deve prestare attenzione. Leggere le etichette dei prodotti, in particolare la tabella nutrizionale e la lista degli ingredienti, può aiutare a fare scelte consapevoli anche seguendo una dieta vegetariana.

Perché si diventa vegetariani?

In Italia, secondo i dati estrapolati dal dossier Eurispes 2023, tra le motivazioni che inducono a seguire una dieta vegetariana si trovano per lo più quella legata al benessere e alla salute e il rispetto del mondo animale. Anche la motivazione ambientale viene sposata da gran parte delle persone che nel nostro Paese seguono una dieta vegetariana: molti sostengono che un’alimentazione onnivora sarebbe insostenibile per la salvaguardia del pianeta.

Si può intraprendere una dieta vegetariana in autonomia ma, qualunque sia la motivazione per cui si sceglie di seguire un regime alimentare di questo tipo, è importante informarsi correttamente su come bilanciare la propria alimentazione. A volte può essere difficile orientarsi tra le informazioni e interpretare correttamente i dati: anche per questo è raccomandato rivolgersi a un professionista della scienza della nutrizione (nutrizionista, dietista e dietologo). Inoltre, è sempre bene informare della propria alimentazione il medico curante, specialmente se si sta seguendo una particolare cura o se non si è in uno stato fisiologico ottimale.

Come aumentare il consumo di alimenti vegetali?

Quali che siano le motivazioni per cui si desidera aderire a un tipo di dieta ricca di vegetali, ecco alcuni consigli per aumentare il consumo di questi alimenti:

  • riduci la frequenza del consumo di carne, prediligendo i legumi;
  • assumi almeno 400 grammi di frutta e verdura al giorno, includendo questi alimenti in ogni pasto;
  • durante gli spuntini, opta per frutta fresca o a guscio non salata, limitando invece gli alimenti e le bevande ricchi di grassi saturi, zucchero e sale (di cui sono ricchi per esempio snack, patatine, bibite);
  • oltre a pane e pasta integrali, consuma anche cereali in chicco (come orzo, farro e avena), che sono ottimi in particolare con verdure e legumi;
  • per dare sapore ai piatti, preferisci spezie ed erbe aromatiche, limitando invece l’uso di condimenti ricchi di sale e grassi saturi;
  • aggiungi semi oleosi (come quelli di lino e di chia) alle insalate o allo yogurt, per arricchirli di grassi “buoni”;
  • ricorda che tra le bevande vegetali solo quella di soia può considerarsi un valido sostituito al latte dal punto di vista proteico;
  • controlla sempre l’etichetta nutrizionale dei prodotti con ingredienti vegetali per una maggiore consapevolezza.

Alimenti di origine animale e cancro

È molto difficile estrapolare un singolo alimento o addirittura un singolo nutriente e stabilire se si associno al rischio di malattie multifattoriali, come il cancro. Tuttavia, i risultati di studi epidemiologici autorevoli su alimentazione e salute hanno associato da tempo il maggiore consumo di alimenti di origine animale, in particolare di carni rosse e processate, a un aumentato rischio di insorgenza dei tumori. Per questo è consigliato limitarne l’assunzione: l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) raccomanda a questo proposito di evitare per quanto possibile la carne lavorata e di assumere non più di 500 grammi di carne rossa alla settimana per limitare il rischio di cancro.

È importante anche ricordare che il cancro è una malattia che dipende da molti fattori. Per questo non basta intervenire su un singolo elemento per modificare in modo sostanziale il rischio a livello individuale, ma occorre agire su tutte le abitudini meno salutari.

Testo originale pubblicato in data 10 maggio 2021.

Testo aggiornato pubblicato in data 26 settembre 2024.

  • Fabio Di Todaro

    Laureato in scienze biologiche (indirizzo biologia della nutrizione), è giornalista professionista dal 2010. Dopo aver lavorato nella redazione di Altroconsumo e in seguito a una lunga esperienza in Fondazione Umberto Veronesi, ha vinto il concorso nazionale bandito dalla Rai e lavorato per un anno nella redazione della Tgr Basilicata. La passione per il giornalismo medico-scientifico lo ha riportato però alle origini: attualmente è giornalista medico-scientifico della rivista specializzata AboutPharma e collaboratore di Fondazione AIRC. Per oltre dieci anni ha collaborato con i quotidiani La Gazzetta del Mezzogiorno, La Stampa e La Repubblica. È membro dell'Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione (Unamsi) e dell’associazione Science Writers in Italy (Swim).
  • Articolo pubblicato il:

    26 settembre 2024