L'uso dei cellulari può causare un tumore al cervello?

No, le prove disponibili non sono sufficienti per affermare che vi sia un nesso, in particolare per i cellulari di nuova generazione.

Ultimo aggiornamento: 22 ottobre 2024

Tempo di lettura: 12 minuti

In sintesi

  • Le onde a radiofrequenza non sono in grado di indurre mutazioni ma possono provocare il riscaldamento dei tessuti a diretto contatto con le apparecchiature che le emettono, come i cellulari.
  • Studi sperimentali in colture cellulari e in animali di laboratorio hanno prodotto risultati discordanti. Quando hanno mostrato un nesso tra esposizione e tumori, le intensità e frequenze a cui sono stati esposti sia gli animali sia le cellule in coltura in laboratorio sono difficilmente riproducibili con un utilizzo normale del cellulare.
  • Gli studi epidemiologici retrospettivi e prospettici non hanno finora mostrato legami significativi tra uso del cellulare e tumori cerebrali nella maggioranza delle persone seguite, tranne che per il 10 per cento circa dei soggetti coinvolti, che facevano un uso del telefono molto intensivo. Alcuni studi epidemiologici hanno mostrato un possibile incremento di rischio per il neurinoma del nervo acustico.
  • Alla luce delle conoscenze attuali, i cellulari sono ritenuti dagli esperti e dalle agenzie internazionali come sufficientemente sicuri, con la raccomandazione però di utilizzare gli auricolari e di tenere l’apparecchio quando è inattivo lontano dal corpo.

I telefoni cellulari sono entrati in commercio alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ma si sono diffusi in modo esponenziale negli ultimi vent’anni, al punto che è sempre più raro trovare persone che non ne fanno uso. Non solo è aumentato il numero di individui che utilizzano i cellulari (sia adulti, sia bambini) ma anche il tempo che ciascuno passa a contatto con l’apparecchio. Lo smartphone, che ha ormai praticamente soppiantato il telefono cellulare tradizionale, è senza dubbio lo strumento tecnologico maggiormente usato dalla stragrande maggioranza della popolazione nel mondo.

I telefoni cellulari sono entrati in commercio alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ma si sono diffusi in modo esponenziale negli ultimi vent’anni, al punto che è sempre più raro trovare persone che non ne fanno uso. Non solo è aumentato il numero di individui che utilizzano i cellulari (sia adulti, sia bambini) ma anche il tempo che ciascuno passa a contatto con l’apparecchio. Lo smartphone, che ha ormai praticamente soppiantato il telefono cellulare tradizionale, è senza dubbio lo strumento tecnologico maggiormente usato dalla stragrande maggioranza della popolazione.

Cosa dicono le autorità?

Dal 2011 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato le onde a radiofrequenza tra i “possibili cancerogeni umani” sulla base delle prove ancora limitate di una relazione con i tumori cerebrali e della mancanza di prove di un legame con altri tipi di tumori. Altre agenzie, come le statunitensi Environmental Protection Agency (EPA) e il National Toxicology Program (NTP), hanno scelto di non classificare i cellulari tra i cancerogeni potenziali. Allo stesso modo si sono comportati finora la Food and Drug Administration (FDA) e i Centers for Disease Control di Atlanta (CDC). Il National Cancer Institute statunitense (NCI) e la Cancer Research UK (CRUK) ritengono che ulteriori ricerche siano necessarie per valutare complessivamente gli effetti dei cambiamenti tecnologici; in attesa di sviluppi si considerano i cellulari sicuri se utilizzati con gli auricolari.

Perché sono nate le preoccupazioni per l'uso dei cellulari?

Vi sono tre motivi principali per cui è nata la preoccupazione che i telefoni cellulari possano avere effetti nocivi per la salute:

  • sono apparecchi che funzionano utilizzando onde radio (energia a radiofrequenza), un tipo di radiazione non ionizzante, diversa da quella emessa dalle radiazioni ionizzanti come i raggi X e gamma, di cui è noto l’effetto mutageno sul DNA. Ciò nonostante, i tessuti a contatto con i cellulari possono assorbire l’energia emessa dagli apparecchi;
  • vi sono sempre più persone che usano i cellulari, inclusi i bambini molto piccoli;
  • il numero di chiamate al cellulare effettuato al giorno e la loro durata sono aumentati. In parallelo è però migliorata la tecnologia: i cellulari più recenti emettono energie molto più deboli di quelle dei primi modelli, anche grazie ad antenne e ripetitori maggiormente diffusi nel territorio. Questo è un aspetto che, come vedremo, è importante per valutare l’eventuale pericolosità di questa tecnologia.

La parola all'esperto

Come funzionano i cellulari?

I telefoni cellulari funzionano ricevendo e inviando segnali ai ripetitori di segnale più vicini. Per questo utilizzano onde a radiofrequenza (RF), una forma di energia elettromagnetica che si situa tra le onde radio a media frequenza e le microonde. Si tratta di una forma di radiazione non ionizzante, quindi incapace di indurre mutazioni cancerogene in maniera diretta.

Le onde a radiofrequenza, però, se intense, possono scaldare i tessuti, come accade con le microonde utilizzate per cucinare. Le onde a RF sono ricevute dall’antenna del cellulare, dove sono più intense e concentrate, mentre la loro energia decresce man mano che ci si allontana dall’apparecchio. Più l’antenna è vicina alla testa della persona, maggiori sono l’esposizione alle onde RF e l’assorbimento di energia da parte dei tessuti. Il fenomeno si può facilmente verificare utilizzando il cellulare per qualche minuto vicino all’orecchio, senza però appoggiarlo, e valutando come i tessuti si scaldano anche in assenza di un contatto diretto.

Alcuni scienziati hanno ipotizzato che le onde a radiofrequenza possano interferire con il metabolismo del glucosio. Sono stati condotti due piccoli studi sul metabolismo cerebrale del glucosio negli utilizzatori di cellulare e i risultati sono stati contradditori: gli uni hanno mostrato un aumentato consumo di glucosio nella parte di cervello più vicina all’antenna, mentre gli altri hanno indicato una riduzione. Gli stessi autori degli studi hanno segnalato la necessità di ulteriori approfondimenti.

Alcuni fattori possono diminuire la quantità di onde RF assorbite dal corpo, per esempio l’uso di auricolari e la vicinanza a un ripetitore nel momento in cui si usa l’apparecchio. La massima emissione di onde RF avviene infatti quando il cellulare cerca la linea, per esempio durante una chiamata effettuata dal treno o dall’auto, in cui il cellulare deve agganciare diversi ripetitori man mano che il mezzo di trasporto si sposta.

La quantità di onde RF assorbite da un’unità di tessuto biologico per unità di tempo è detta, in gergo, tasso specifico di assorbimento o SAR (acronimo dell’inglese “specific absorption rate”). I diversi modelli di cellulare hanno diversi SAR: il limite massimo autorizzato in Europa è di 2 Watt per chilogrammo corporeo misurati su 10 grammi di tessuto. Il valore di SAR è in genere indicato sull’apparecchio o sul sito del produttore e tra i modelli più recenti non mancano quelli che si collocano a livelli di SAR inferiori a 0,5 Watt per kg.

Per saperne di più sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici generati dai ripetitori e da altri strumenti che funzionano in modalità wireless si rimanda all’articolo sui campi elettromagnetici sul sito di AIRC.

Leggi anche

Cosa dicono gli studi epidemiologici negli esseri umani?

Nel corso degli anni sono state condotte decine di indagini sulla relazione tra cellulari e cancro, in particolare sui tumori cerebrali. Vediamo quali sono le conclusioni generali:

  • nella maggior parte degli studi i pazienti che si sono ammalati di tumori al cervello non hanno dichiarato un uso del cellulare più intenso di coloro che non si sono ammalati, in particolare se si considerano tutti i tumori cerebrali come un unico gruppo e non si distinguono i diversi tipi di cancro al cervello;
  • i risultati della maggior parte degli studi non hanno mostrato una relazione di dose ed effetto, ovvero un aumento del rischio legato all’aumento dell’utilizzo del cellulare, il che sarebbe atteso se questi fossero davvero cancerogeni;
  • la maggior parte degli studi non ha mostrato un aumento dei tumori dal lato in cui si usano i cellulari;
  • i dati raccolti in alcuni studi, in particolare quelli pubblicati da un gruppo di ricerca svedese, hanno invece mostrato un aumento dei tumori dal lato di utilizzo del cellulare soprattutto dopo circa dieci anni di esposizione. Non è chiaro quanto gli studi svedesi debbano essere considerati, dal momento che l’effetto non compare nelle altre ricerche;
  •  quasi tutti gli studi hanno un problema di controllo, dato che è sempre più difficile trovare persone che non possiedono o non usano un telefono cellulare. Non potendo dunque confrontare un gruppo che non utilizza il telefono con uno che ne fa uso, la maggior parte degli studi effettua paragoni tra le differenze d’intensità d’uso tra le persone nelle popolazioni oggetto di studio.
  • A settembre 2024 è stata pubblicata sulla rivista Environmental International la prima parte di una importante e completa metanalisi, commissionata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Nello studio è stata in particolare valutata la solidità delle evidenze scientifiche relative al rischio di neoplasie in rapporto all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF). L’Australian Radiation Protection and Nuclear Safety Agency (ARPANSA), che ha condotto questa importante analisi, ha esaminato 5.000 studi scientifici, selezionandone 63 tra quelli di più alta qualità pubblicati tra il 1994 e il 2022. La revisione si è concentrata su sei tipi di neoplasie: alcuni tumori del sistema nervoso centrale (cervello, meningi, ghiandola pituitaria e nervo acustico) negli adulti, tumori cerebrali pediatrici, e cancro delle ghiandole salivari. È emerso che non esiste alcuna associazione tra l’uso regolare del telefono cellulare (anche in ambito professionale) e i diversi tipi di tumore presi in considerazione. Non è stato neppure osservato un aumento del rischio relativo al tempo di utilizzo, o al tipo di dispositivo (telefoni cordless, telefoni mobili). I ricercatori hanno osservato inoltre che non risulta alcuna associazione significativa tra esposizione a trasmettitori fissi (antenne, stazioni radio) e l’aumento del rischio di leucemie infantili e tumori pediatrici. A oggi l’analisi sta proseguendo sulla leucemia e il linfoma non-Hodgkin.

Tra gli studi precedenti a questa metanalisi, ve ne sono stati alcuni particolarmente grandi che meritano di essere menzionati.

Lo studio INTERPHONE ha coinvolto, dal 2000 al 2006, 13 Paesi e oltre 5.000 persone che hanno sviluppato gliomi o meningiomi. Un nesso con l’uso del cellulare è stato rilevato soltanto nel 10 per cento circa dei pazienti che facevano un uso davvero intensivo del telefono mobile (molte ore al giorno), con tecnologie precedenti alle attuali. Un secondo ramo dello studio INTERPHONE si è concentrato sul neurinoma del nervo acustico, dimostrando un possibile aumento del rischio nel 10 per cento di utilizzatori intensivi del cellulare. Gli stessi ricercatori a capo di INTERPHONE hanno ammesso la difficoltà di interpretare dati raccolti a molti anni di distanza dall’effettivo uso del cellulare.

Il Danish Cohort Study ha valutato l’incidenza dei tumori in 400.000 possessori di telefonino dal 1982 al 1995 e altrettante persone che non lo possedevano. Come il precedente, anche questo studio è importante perché fornisce un’indicazione riguardo ai modelli più vecchi, oggi considerati i più a rischio, mentre i modelli più moderni espongono a dosi molto più basse di onde a RF. Lo studio danese non ha trovato correlazioni tra l’uso del cellulare e la comparsa di tumori cerebrali. Il maggiore problema di questo studio sta nel fatto che l’uso del cellulare è stato valutato sulla base del puro possesso e non dell’utilizzo effettivo.

Il Million Women Study è uno studio prospettico, cioè uno studio in cui è stato analizzato ciò che accadeva da un dato momento in poi, più precisamente dal 2001, e non quello che era accaduto nel passato. Ha coinvolto circa 800.000 donne britanniche e ha valutato il rischio di sviluppare un tumore cerebrale in un periodo di sette anni di utilizzo del cellulare. Anche questo studio non ha trovato relazioni di causa ed effetto tra tumori e cellulari, tranne che per un possibile legame con il neurinoma del nervo acustico. Verosimilmente le tecnologie del tempo di osservazione sono oggi superate.

Lo studio MOBI-KIDS ha coinvolto 14 Paesi con l’obiettivo di valutare la relazione tra esposizione a radiofrequenze che derivano da tecnologie di comunicazione – inclusi i telefoni cellulari – e il rischio di tumori cerebrali in bambini e giovani adulti (10-24 anni), per comprendere meglio i meccanismi alla base di queste neoplasie nei più giovani. Sono stati presi in esame 899 pazienti con tumore e 1.910 controlli. Gli autori hanno concluso che non vi sono prove di una relazione di causa ed effetto tra l’uso del telefono cellulare e l’insorgenza di tumori cerebrali. Tuttavia precisano che alcuni limiti intrinseci dello studio impediscono di escludere con assoluta certezza un possibile piccolo aumento di rischio.

Dagli studi citati sono emersi dubbi riguardo ai pochi risultati certi per il caso dei neurinomi acustici. Tuttavia i risultati dello studio prospettico COSMOS, che ha preso il via in Europa nel marzo 2010 ed è ormai giunto al termine, hanno permesso di concludere che non ci sono evidenze di aumento del rischio di sviluppare neurinomi acustici, gliomi o meningiomi. Lo studio ha coinvolto circa 250.000 utilizzatori adulti di telefono cellulare, con l’obiettivo di valutare gli effetti a lungo termine di questi strumenti di comunicazione. Una delle sfide maggiori affrontate è stata riuscire a monitorare i partecipanti per un periodo molto lungo, tra i 20 e i 30 anni.

Su che base alcuni tribunali italiani hanno riconosciuto un nesso di causa ed effetto tra l’esposizione ai cellulari e la comparsa di tumori cerebrali?

In anni passati, alcuni tribunali italiani hanno riconosciuto un indennizzo a pazienti che si sono ammalati di neurinoma del nervo acustico dopo aver usato per molti anni, in modo intensivo, cellulari di vecchia generazione. In uno dei casi la perizia a favore del paziente è stata compilata da Paolo Crosignani, per molti anni direttore dell’Unità operativa complessa Registro tumori ed epidemiologia ambientale dell’Istituto nazionale tumori di Milano. Come l’esperto ha più volte ribadito pubblicamente, le perizie riguardano un caso singolo e non sono in alcun modo indicative di un rischio generalizzato. Nel caso specifico si trattava di una persona che ha utilizzato i cellulari di prima generazione (che emettevano molte più onde a RF) per ragioni professionali e per molti anni di seguito. Non solo: ha soprattutto utilizzato il cellulare nell’abitacolo della propria automobile, dove le onde si disperdono poco, e in movimento, in un periodo storico in cui i ripetitori erano ancora rari. Come abbiamo detto, più numerosi sono i ripetitori, minore è la quantità di energia emessa dal cellulare e più sicura risulta la tecnologia.

Il perito aveva ritenuto, alla luce della letteratura che dimostra un possibile nesso tra neurinoma dell’acustico e uso intensivo di vecchi cellulari, di poter ravvisare un nesso di causa ed effetto. Di conseguenza il giudice ha stabilito un indennizzo per malattia professionale. È bene ricordare che il neurinoma dell’acustico è un tumore benigno, ma può comunque indurre sordità dal lato in cui insorge. Queste sentenze, quindi, non dicono in alcun modo che i cellulari sono cancerogeni in tutti i casi, ma solo che in un individuo e in particolari circostanze è ragionevole ipotizzare che il neurinoma dell’acustico possa essere stato provocato dall’uso di cellulari di vecchia generazione.

Le reti 5G sono pericolose?

Gli studi condotti finora per esaminare i possibili legami tra l’uso dei telefoni cellulari e il cancro si sono concentrati sui segnali di vecchia generazione, principalmente di tipo 2G e 3G. Al momento sono state condotte ancora pochissime ricerche sulle reti 5G, ma sulla base di studi con animali di laboratorio e sulle conoscenze biologiche disponibili gli esperti non ritengono che debbano suscitare particolari preoccupazioni.

Le reti cellulari di quinta generazione (5G) sono ormai disponibili in molti Paesi inclusa l’Italia. Sono in grado di trasmettere quantità di dati molto maggiori in tempi più brevi rispetto alle generazioni precedenti (come 4G e 3G). Le reti 5G e i telefoni che le utilizzano operano su alcune lunghezze d’onda a più alta frequenza e maggiore energia rispetto alle reti di vecchia generazione. I telefoni più recenti possono comunque continuare a utilizzare anche le reti più vecchie. I segnali 5G utilizzano ancora la radiofrequenza, quindi forme di radiazioni non ionizzanti che non hanno la capacità di danneggiare direttamente il DNA.

Come bisogna comportarsi per minimizzare i rischi?

I cellulari di moderna concezione sono generalmente più sicuri di quelli più vecchi e inoltre l’aumento dei ripetitori sul territorio rende la tecnologia meno rischiosa. Nonostante ciò, è bene prendere qualche precauzione, come evitare di utilizzare il cellulare per molte ore di seguito a diretto contatto con l’orecchio e preferire l’uso di auricolari. Inoltre, è bene non tenere l’apparecchio sul corpo (per esempio nella tasca dei pantaloni) ma riporlo nella borsa o nella giacca.

Sarebbe anche meglio evitare di usare il cellulare senza auricolari mentre ci si sposta, per esempio in treno, o quando lo si usa in aree ad alta densità di persone con cellulare, perché la massima emissione di onde a radiofrequenza avviene quando l’apparecchio cerca la linea e si collega a un nuovo ripetitore oppure quando deve mantenere il collegamento in un’area affollata.

  • Agenzia Zoe

    Agenzia di informazione medica e scientifica