Alimentazione e tumori: le domande più frequenti

Latte e rischio oncologico: che cosa sappiamo?

Come nel caso della carne, il dibattito è molto acceso anche per quel che riguarda l’impatto che una dieta ricca di latte, latticini e formaggi può avere sul rischio di ammalarsi e di morire a causa di una forma di cancro. È bene chiarirlo: non abbiamo a disposizione studi completi e di elevata qualità, per cui al momento non è possibile trarre conclusioni definitive.

Ci sono però diversi indizi che segnalano un probabile effetto protettivo di una dieta ricca in latte e derivati rispetto al rischio di insorgenza di un tumore del colon-retto. I dati derivano quasi tutti da studi epidemiologici, dunque non sono in grado di indagare a fondo le cause di questa possibile correlazione. Soprattutto i latticini avrebbero un ruolo nella prevenzione di questa neoplasia, la terza più diffusa al mondo (dopo quelle al polmone e al seno). La ragione potrebbe risiedere nell’apporto di calcio, ritenuto in grado di legare i fattori infiammatori degli acidi biliari e di ridurre la proliferazione e la differenziazione cellulare. Un aspetto che, se confermato, potrebbe avere un ruolo analogamente protettivo anche contro il tumore dello stomaco.

Sono simili, anche se parziali, i riscontri riguardanti il rapporto tra il consumo di latte e il rischio di insorgenza di un tumore alla vescica.

Per il tumore della prostata, invece, un consumo frequente di latte e derivati aumenterebbe il rischio di ammalarsi. Il dato è però ancora provvisorio, così come lo sono quelli che riguardano una possibile correlazione con il tumore al seno. Al momento non ci sono dati solidi per poter sconsigliarne il consumo alle donne sane, mentre è meglio che le donne reduci dalla malattia assumano con moderazione il latte vaccino e i suoi derivati, poiché si ritiene che questo alimento possa far aumentare i livelli degli estrogeni.

Come indicazioni generali, al momento, le linee guida italiane consigliano un consumo di latte e yogurt nella popolazione adulta di 2-3 porzioni al giorno: pari a 250-375 millilitri (poco meno di due tazze). A queste vanno aggiunte tre porzioni settimanali di formaggio: da 50 o 100 grammi, a seconda che sia stagionato o fresco.

Sul piano del rischio oncologico, a fare la differenza è anche il tipo di latte e di formaggi che si scelgono. Quelli più ricchi in grassi, come tutti gli alimenti che contengono elevate quantità di questi macronutrienti, determinano un aumento delle probabilità di sviluppare condizioni (sovrappeso e obesità, aumento degli estrogeni circolanti e dell’infiammazione) che sono ritenute fattori di rischio per lo sviluppo di diverse forme di cancro.

Ci sono alimenti da eliminare dalla dieta se si è già avuto un tumore?

Ai pazienti oncologici di norma vengono date indicazioni generali sulla dieta che ricalcano in larga parte quelle valide per la popolazione generale. Meglio dunque prediligere il consumo di cereali integrali, legumi, pesce e verdure di stagione. Moderazione viene invece raccomandata nel consumo di alimenti ricchi di carboidrati raffinati, di zuccheri semplici, di carni rosse e lavorate, di formaggi troppo grassi e di bevande alcoliche. In ogni caso è sempre importante confrontarsi sull'argomento con il proprio medico curante.

È utile acquistare alimenti biologici per ridurre il rischio di ammalarsi di cancro?

Disponibili fino a pochi anni fa soltanto in negozi specializzati, oggi i prodotti provenienti da agricoltura o allevamento biologici sono reperibili anche nei più comuni supermercati. I critici nei confronti di questi cibi ne sottolineano spesso i costi maggiori e i dubbi sul fatto che le certificazioni vengano conferite rispettando il controllo e l’adeguatezza di tutti i punti critici della filiera.

Fatta questa premessa, nel tempo diversi gruppi di ricerca hanno cercato di indagare se una dieta in cui viene dato ampio spazio ad alimenti di origine biologica aiuti a ridurre il rischio di ammalarsi di cancro. Le conclusioni, al momento, non sono definitive. Quello che sembra emergere dalla letteratura scientifica è che coloro che consumano più alimenti di questo tipo hanno un rischio leggermente inferiore di sviluppare una malattia oncologica, in particolare per quanto riguarda il linfoma non-Hodgkin e il tumore al seno.

Quali possibili meccanismi determinerebbero questi effetti protettivi? Al momento si può ipotizzare che l’eventuale beneficio possa essere attribuito alla ridotta contaminazione di questi alimenti con pesticidi ritenuti probabilmente (gruppo 2A) o possibilmente (2B) cancerogeni per gli esseri umani. Va comunque considerato che spesso chi è così attento all’alimentazione adotta anche altri comportamenti notoriamente salutari, come praticare molta attività fisica, rinunciare al fumo di sigaretta e limitare al minimo il consumo di dolci e bevande alcoliche. Risulta quindi difficile distinguere gli effetti positivi di queste abitudini da quelli possibili di una dieta basata su cibi biologici.

Al momento il consumo di alimenti di origine biologica non è raccomandato nelle linee guida per la prevenzione oncologica, anche se in linea generale si può affermare che questi prodotti garantiscono comunque una sicurezza maggiore rispetto a quelli convenzionali. Rimane però da considerare che il loro prezzo, spesso elevato, è in molti casi una barriera all’acquisto. In questi casi è ancora più importante saper leggere correttamente le etichette nutrizionali e valutare gli ingredienti presenti in un determinato alimento, prestando attenzione agli additivi, ai conservanti, agli edulcoranti e agli zuccheri aggiunti.

Quanto incidono le abitudini alimentari sul rischio di sviluppare un tumore?

I risultati di un numero crescente di studi dimostrano l’importanza di un’alimentazione varia ed equilibrata nella prevenzione di numerose forme di cancro. In particolare, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) annovera una dieta sana tra le abitudini che concorrono a uno stile di vita utile a mantenersi in salute. Queste abitudini, che comprendono anche non fumare e non bere alcolici, fare esercizio fisico, non esporsi a inquinanti e aderire agli screening per la diagnosi precoce, potrebbero aiutare a prevenire fino a 4 tumori su 10.

Il legame tra abitudini alimentari poco salutari e cancro in alcuni casi dipende dalla presenza in determinati alimenti di sostanze che favoriscono lo sviluppo della malattia. Tra questi vi sono:

  • Nitriti e nitrati. Utilizzati per la conservazione dei salumi, facilitano la comparsa del tumore del colon-retto e dello stomaco.
  • Aflatossine. Si tratta di sostanze tossiche che possono essere liberate da determinate muffe talvolta presenti nel mais, in legumi o altre granaglie mal conservate. Le aflatossine sono comuni specialmente in alcuni Paesi in via di sviluppo, dove norme e controlli sulla conservazione degli alimenti sono ancora limitati. Le aflatossine sono responsabili di una quota rilevante di tumori del fegato.
  • Acrilammide. È una sostanza che si può formare nella cottura di alimenti che contengono amido come patate, biscotti, pane ecc., e nella tostatura dei cereali e del caffè, solo però ad alte temperature. Le concentrazioni preoccupanti sono tuttavia difficilmente raggiungibili nella dieta umana.
  • Grassi e proteine animali. Secondo i risultati di molti studi epidemiologici una dieta particolarmente ricca di queste sostanze favorisce la comparsa della malattia. La preferenza invece per alimenti ricchi di fibre, vitamine e oligoelementi, come cereali integrali, legumi e verdure, sembra avere un effetto protettivo.

Che la dieta possa incidere sul rischio di ammalarsi di cancro è ormai acclarato. Detto ciò, non è possibile stimare un rischio individuale sulla base del proprio regime alimentare. Le evidenze epidemiologiche non possono infatti essere tradotte in raccomandazioni sui livelli di assunzione dei nutrienti per i singoli individui, anche perché sul rischio oncologico incidono contemporaneamente più fattori. Come consiglio generale, si può però dire che una dieta di tipo mediterraneo o comunque ricca di vegetali rappresenta il modello di alimentazione ideale per la prevenzione dei tumori. Ed è tanto più efficace quanto più precoce è la sua adozione. Non è comunque mai troppo tardi per modificare le proprie abitudini, come è stato confermato dai risultati di una ricerca condotta nell’ambito dello European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC), pubblicati sulla rivista BMC Medicine a maggio 2024. L’indagine, condotta coinvolgendo oltre 308.000 adulti tra i 35 e i 70 anni in 9 Paesi europei, tra cui l’Italia, ha confermato che anche l’adozione tardiva di uno stile di vita salutare è associata a una riduzione del rischio di mortalità per tutte le forme di cancro.

Esistono tumori legati più di altri al tipo di alimentazione?

Il rischio di ammalarsi di cancro a causa di un’alimentazione non equilibrata varia a seconda del tipo di tumore, come confermato da alcuni grandi studi epidemiologici, tra cui lo studio EPIC. A questa ricerca, in cui si è indagato l’impatto delle abitudini alimentari dei cittadini europei sulla salute, hanno contribuito anche ricercatori sostenuti da Fondazione AIRC.

Una dieta poco salutare aumenta in particolare il rischio di sviluppare tumori che colpiscono gli organi dell’apparato digerente. Per esempio, quelli del cavo orale (soprattutto tra chi consuma di frequente bevande alcoliche), dell’esofago, dello stomaco e del colon-retto, seguiti dalle neoplasie che possono colpire il fegato, la colecisti, le vie biliari e il pancreas. Secondo alcune stime, oltre 7 casi su 10 di questi tipi di cancro potrebbero essere evitati migliorando la dieta.

Le possibili conseguenze di una dieta poco equilibrata non sono solo a carico degli organi a diretto contatto con gli alimenti. Le conclusioni degli studi pubblicati negli ultimi 15 anni hanno infatti permesso di scoprire che una dieta non salutare può aumentare anche il rischio di ammalarsi di tumori della prostata, del seno, dell’ovaio e del corpo dell’utero. L’incremento è stato riscontrato in particolare in uomini e donne in sovrappeso e obesi, ed è dovuto con ogni probabilità all’aumento dello stato infiammatorio e dei livelli degli ormoni sessuali circolanti.

In che modo gli alimenti favoriscono la formazione e lo sviluppo dei tumori?

Per studiare il rapporto fra alimentazione e salute, i ricercatori conducono studi epidemiologici. Si tratta di ricerche in cui si osserva una determinata popolazione per molti anni (in genere decenni), prendendo nota del tipo di alimentazione assunta e della frequenza con cui le persone sviluppano le diverse malattie oncologiche. È grazie a studi di questo tipo che, per esempio, si è potuto osservare nel tempo che chi mangia più di 500 grammi di carne rossa alla settimana ha un rischio maggiore di sviluppare un tumore del colon-retto. Questo genere di studi non possono però dirci perché un alimento ci difende o meno dal rischio di ammalarsi di cancro.

Per ottenere queste informazioni occorre indagare la composizione di un alimento in laboratorio e studiare gli effetti di ciascuno per esempio negli animali. Le condizioni degli esperimenti di laboratorio sono però molto diverse da quelle della vita reale. La nostra dieta, infatti, non è mai composta da singoli alimenti ed è molto diversa da quella di altri animali. Inoltre, un singolo alimento non è mai l’unico fattore in grado di influenzare il rischio oncologico: sulle probabilità di ammalarsi agiscono, oltre ad altri alimenti, comportamenti, fattori genetici ed elementi legati al caso. Per questo gli scienziati hanno studiato le condizioni che si vengono a creare nel nostro corpo in seguito al consumo regolare di determinate categorie di alimenti. I risultati di questi sforzi hanno, per esempio, mostrato che la proliferazione delle cellule è stimolata da diete che favoriscono l’aumento sia dei livelli di insulina nel sangue sia della massa grassa. Quest’ultima concorre peraltro alla sintesi di ormoni della crescita e sessuali. Allo stesso modo siamo sicuri del beneficio conferito dalla combinazione di antiossidanti e fibre che ci garantiamo attraverso il consumo regolare di frutta e verdura.

Quali sono i cibi da privilegiare e quelli da evitare per cercare di prevenire l’insorgenza di una malattia oncologica?

Un’alimentazione sana, che aiuti a proteggersi non solo dal cancro ma anche dalle malattie cardiovascolari e neurodegenerative, richiede soprattutto di ridurre l’apporto di grassi e proteine animali e di favorire l’assunzione di cibi ricchi di vitamine e fibre. Per questo occorre portare a tavola almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. Inoltre, bisogna dare più spazio ai legumi e privilegiare i cereali integrali. Di fatto si tratta dei dettami della dieta mediterranea, i cui benefici per la salute sono molteplici, inclusa la riduzione del rischio di ammalarsi di cancro. Questo perché questo stile alimentare aiuta la regolazione del peso corporeo, apporta micronutrienti antiossidanti (vitamina C, vitamina E, folati, carotenoidi, selenio, zinco) e favorisce il controllo dell’infiammazione, garantito da un apporto limitato di proteine di origine animale. Per quanto riguarda l’infiammazione, sono da ridurre soprattutto le carni rosse (manzo, vitello, maiale, capra, agnello, montone e cavallo) e in particolare quelle lavorate e trasformate (insaccati, salumi e carni in scatola).

Un eccessivo consumo di carni rosse mette a rischio soprattutto il colon-retto, ma i risultati di varie ricerche mostrano che ad aumentare sarebbe anche la possibilità di sviluppare altre forme di cancro: per esempio allo stomaco, al pancreas e alla prostata. Per garantirsi un adeguato apporto proteico, è consigliabile preferire i legumi. In particolare, un consumo regolare di soia, fin dalla giovane età, è considerato utile alla prevenzione dei tumori sensibili agli ormoni, ovvero principalmente quello al seno nella donna e quello alla prostata nell’uomo. I benefici sono probabilmente da ascrivere all’elevato contenuto di isoflavoni, sostanze molto simili nella struttura agli estrogeni e in grado di occupare gli stessi recettori sulle cellule, senza determinare analoghi effetti biologici.

Come orientarsi nella scelta di frutta e verdura?

Le linee guida sulla sana alimentazione e sulla prevenzione di pressoché tutte le malattie croniche raccomandano di seguire un’alimentazione ricca soprattutto di frutta e verdura (i vegetali come i tuberi non valgono come verdure, perché sono molto ricchi di amidi). Lo stesso vale per la prevenzione del rischio oncologico: le persone che seguono diete povere di questi alimenti sono più esposte al rischio di sviluppare diversi tipi di tumore. L’ideale sarebbe consumare ogni giorno le famose 5 porzioni al giorno di frutta (150 grammi a porzione) e verdura (200 grammi da cuocere oppure 80 grammi cruda). Ma quali sono i vegetali da preferire nell’ampio corridoio di un supermercato? È innanzitutto importante ricordare che in linea generale non esistono divieti categorici né “super-alimenti” e che una primo suggerimento da seguire è la varietà, a partire dal colore. Portando a tavola un “paniere” quanto più assortito di frutta e verdura, ci si garantisce un apporto di tutte le vitamine e i sali minerali di cui abbiamo bisogno per proteggere la nostra salute, senza che sia necessario ricorrere agli integratori, che non hanno lo stesso effetto benefico.

Un ruolo di primo piano nella prevenzione oncologica lo occupano gli agrumi, ricchi di vitamina C, e i frutti di bosco, che sono un concentrato di sostanze antiossidanti in grado di proteggere il DNA da mutazioni potenzialmente cancerogene. A questi si aggiungono le verdure a foglia verde, come l’insalata, le erbette e gli spinaci, molto ricche di folati, che a loro volta proteggono il DNA da mutazioni. Vi sono poi ortaggi quali le carote e la zucca, per l’apporto di antiossidanti, e il pomodoro, per il contenuto di licopene, una sostanza che sembra ridurre il rischio di insorgenza del tumore della prostata. Non sono da dimenticare le crucifere: verze, cavolfiori, broccoli, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, rucola, ravanelli e crescione nell’insieme sembrano avere un impatto protettivo contro il tumore al seno, al polmone, al colon-retto, alla prostata e alla vescica.

Le probabilità di ammalarsi dipendono anche dalla quantità dell’apporto calorico, oltre che dalla scelta del menù?

Numerosi studi hanno evidenziato che chi è obeso ha una maggiore probabilità di sviluppare un tumore. Grazie a studi condotti anche da ricercatori sostenuti da Fondazione AIRC, sappiamo che i tumori attualmente correlati all’obesità sono almeno 15 (seppur con gradi di evidenza differenti). Si tratta di:

Il legame tra obesità e rischio oncologico è oggi particolarmente studiato perché si sospetta che sia alla base dell’aumento delle diagnosi di tumore del colon-retto nei giovani adulti (under 50). Si tratta di un incremento osservato in alcuni Paesi, anche se non ancora in Italia. Tuttavia, l’emergenza legata all’obesità riguarda anche il nostro Paese ed è quindi un fenomeno importante da valutare. Peraltro, le persone obese sviluppano più di frequente malattie maggiormente aggressive e difficili da curare, e hanno significative possibilità di dover affrontare la recidiva di un precedente tumore o di andare incontro a complicanze durante le cure. Questo, con ogni probabilità, dipende dal fatto che le dosi dei farmaci rischiano di essere troppo basse o troppo alte, anche a causa della differente distribuzione del medicinale che si verifica nel grasso corporeo.

Le modalità di cottura dei cibi incidono sul rischio di ammalarsi di tumore?

Grigliate, barbecue e altri tipi di cottura espongono cibi come la carne, il pesce, pollame a temperature molto elevate. Ciò libera sostanze come le amine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici che, in esperimenti di laboratorio, sono risultate mutagene, cioè capaci di provocare cambiamenti nel DNA che possono aumentare il rischio di sviluppare tumori (in particolare dello stomaco e del colon-retto). Per questo è preferibile ricorrere meno a questi metodi di cottura e comunque, quando lo si fa, associare sempre abbondanti verdure al pasto, in modo da limitare l’assorbimento di sostanze nocive nel tratto digerente. Anche con la frittura a temperature troppo elevate si possono produrre sostanze tossiche come l’acroleina. La bollitura è invece un modo di cucinare più salutare, ma va fatta attenzione a non prolungarla troppo, perché si potrebbero inattivare le vitamine del gruppo B e la vitamina C. È da preferirsi la cottura al vapore, perché la temperatura è meno elevata e i nutrienti non si disperdono. Come cottura a secco, invece, non vi sono particolari problemi a usare il forno tradizionale o a microonde, a patto anche in questi casi di limitare la temperatura massima raggiunta.

È vero che anche l’alcol può favorire lo sviluppo dei tumori?

Dopo il tabacco e l’ipertensione, l’alcol è considerato il terzo fattore di rischio per i decessi e le invalidità in Europa e il principale per la salute dei giovani (in quanto aumenta le probabilità di incidenti stradali). I rischi più noti per la salute attribuibili all’etanolo, la principale sostanza attiva delle bevande alcoliche, riguardano le conseguenze a carico del sistema nervoso centrale e del fegato (cirrosi epatica). Inoltre, secondo la classificazione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), l’alcol è anche un agente cancerogeno di tipo 1. Ciò significa che esistono sufficienti prove scientifiche della sua capacità di aumentare il rischio di insorgenza dei tumori.

L’alcol va facilmente in circolo nell’organismo. Numerose ricerche hanno mostrato che il consumo di bevande alcoliche aumenta il rischio di insorgenza delle neoplasie del cavo orale, della faringe e della laringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon-retto, del fegato, del pancreas e del seno. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità (ISS), in Italia il 29% circa dei decessi per cancro è attribuibile all’alcol.

Non è ancora del tutto chiaro in che modo l’etanolo e il suo metabolita acetaldeide alterino il meccanismo di riproduzione di una cellula. Di certo c’è che le bevande alcoliche, apportando energia, aumentano le probabilità di insorgenza di sovrappeso e obesità, fattori di rischio per l’insorgenza di diversi tumori. Inoltre, l’etanolo è tossico, in particolare per le donne, e potenzia l’azione degli estrogeni, considerati il carburante per la crescita della maggior parte dei tumori della mammella.

Ci sono altre bevande che possono avere un ruolo protettivo contro il cancro?

Succhi, spremute, frullati e centrifughe di frutta e verdura, purché privi di zuccheri aggiunti, possono sopperire almeno in parte a uno scarso apporto di alimenti vegetali nella dieta. Nel tè verde sono inoltre contenuti polifenoli dalle note proprietà anticancro, chiamati catechine.  In studi preclinici tali sostanze hanno dimostrato di poter svolgere una funzione protettiva contro i tumori della pelle, del colon-retto, del polmone, del seno e della prostata. Occorrerebbero però studi negli esseri umani per confermare tali effetti.

Si possono sostituire le sostanze benefiche contenute nei cibi con farmaci e integratori?

Le prove raccolte finora sono insufficienti a stabilire se gli integratori possano ridurre il rischio di sviluppare un tumore, anche se a livello popolare sono spesso considerati come degli alleati per la salute. A questa conclusione è arrivata un’ampia metanalisi pubblicata a luglio 2022 sul Journal of the American Medical Association. La posizione è analoga a quella espressa dalla IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità nel Codice europeo contro il cancro. Il documento evidenzia inoltre che non solo “gli studi di intervento che li hanno testati non hanno stabilito alcun beneficio”, ma che, anzi, “in alcuni casi hanno rilevato effetti negativi, soprattutto quando sono stati consumati in dosi elevate”. Per esempio, i risultati di diverse ricerche hanno mostrato che l’assunzione regolare di beta-carotene (precursore della vitamina A) da parte di fumatori o di persone esposte a lungo all’amianto in contesti professionali aumenterebbe il rischio di sviluppare un tumore del polmone. Inoltre, dosi elevate di vitamina A sono potenzialmente tossiche per il fegato e teratogene, in grado cioè di provocare malformazioni nello sviluppo di un feto.

Non è ancora chiaro perché ci sia una simile difformità tra gli effetti degli alimenti di origine vegetale e quelli degli integratori. È possibile che, nel primo caso, l’effetto benefico sia il risultato dell’azione sinergica con altre sostanze. Probabilmente non è trascurabile il ruolo delle fibre e di altri elementi presenti anche soltanto in tracce.

Davvero mangiare troppa carne può farci ammalare di cancro?

Sulla cancerogenicità della carne rossa si è scatenato un ampio dibattito in seguito alla pubblicazione, nel 2015, dei risultati di un’analisi svolta dagli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione. I ricercatori, dopo aver analizzato i dati disponibili nella letteratura scientifica, hanno stabilito che la carne rossa è probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione IARC) e che quella rossa lavorata è sicuramente cancerogena (classe 1 della classificazione IARC). La valutazione, completata tenendo conto di studi condotti solo su una popolazione adulta, ha riguardato soprattutto la comparsa di tumore del colon-retto, ma anche di altre forme di cancro, come quelle che possono interessare il pancreas, il seno, lo stomaco e la prostata. I rischi legati al consumo di carne sembrano dipendere soprattutto dai metodi di lavorazione: agli alimenti possono essere aggiunte sostanze pericolose, come nitrati e nitriti. Inoltre vi sono rischi legati a modalità di cottura che determinano la formazione di sostanze potenzialmente dannose, in particolare quelle ad alta temperatura, per esempio alla griglia o le fritture. Occorre però considerare anche che le ricerche che hanno portato a queste conclusioni sono tutti di tipo epidemiologico, cioè studiano i possibili fattori di rischio di una malattia osservando se questa si manifesta osservando grandi popolazioni e l’associazione ai loro comportamenti e abitudini anche alimentari. Per questo motivo si può parlare di aumento del rischio nelle popolazioni che consumano maggiormente tali alimenti; non è invece possibile stabilire se un individuo si ammalerà sicuramente di un tumore dopo aver consumato carni rosse in determinate quantità o per un determinato periodo di tempo.

In generale, il consumo di carne rossa o lavorata non dovrebbe superare i limiti raccomandati dalle Linee guida per una sana alimentazione redatte dal Centro di ricerca alimenti e nutrizione (CREA). La popolazione adulta non dovrebbe quindi mangiare più di una volta a settimana una porzione di carne rossa (pari a 100 grammi) e consumare soltanto occasionalmente una porzione di carne lavorata (50 grammi).

Latte e rischio oncologico: che cosa sappiamo?

Come nel caso della carne, il dibattito è molto acceso anche per quel che riguarda l’impatto che una dieta ricca di latte, latticini e formaggi può avere sul rischio di ammalarsi e di morire a causa di una forma di cancro. È bene chiarirlo: non abbiamo a disposizione studi completi e di elevata qualità, per cui al momento non è possibile trarre conclusioni affidabili. I dati derivano infatti quasi tutti da studi epidemiologici, che per loro natura non sono in grado di indagare a fondo sulle cause della possibile correlazione. Tali dati mostrano che una dieta ricca in latte e derivati potrebbe avere un effetto protettivo rispetto al rischio di insorgenza di un tumore del colon-retto. È, per esempio, quanto emerge dai dati di uno studio, pubblicati a inizio 2025 sulla rivista Nature Communications. La ragione potrebbe risiedere nell’apporto di calcio, ritenuto in grado di legare i fattori infiammatori degli acidi biliari e di ridurre la proliferazione e la differenziazione cellulare. Tale aspetto, se confermato, potrebbe avere un ruolo analogamente protettivo anche contro il tumore dello stomaco. Sono simili, anche se parziali, i riscontri riguardanti il rapporto tra il consumo di latte e il rischio di insorgenza di un tumore alla vescica. Per il tumore della prostata, invece, un consumo frequente di latte e derivati aumenterebbe il rischio di ammalarsi. Il dato è però ancora provvisorio, così come lo sono quelli che riguardano una possibile correlazione con il tumore al seno.

Al momento non ci sono dati solidi per poter sconsigliarne il consumo alle donne sane, mentre è meglio che le donne che hanno ricevuto una diagnosi di cancro assumano con moderazione il latte vaccino e i suoi derivati, poiché si ritiene che questo alimento possa far aumentare i livelli degli estrogeni. Come indicazioni generali, al momento, le linee guida italiane consigliano un consumo di latte e yogurt nella popolazione adulta di 2-3 porzioni al giorno, pari a 250-375 millilitri (poco meno di 2 tazze). A queste vanno aggiunte 3 porzioni settimanali di formaggio da 50 o 100 grammi, a seconda che sia stagionato o fresco. Sul piano del rischio oncologico, a fare la differenza è anche il tipo di latte e di formaggi che si scelgono. Quelli più ricchi in grassi, come tutti gli alimenti che contengono elevate quantità di questi macronutrienti, determinano un aumento delle probabilità di sviluppare condizioni come sovrappeso e obesità, un aumento degli estrogeni circolanti e dell’infiammazione, che sono ritenute fattori di rischio per lo sviluppo di diverse forme di cancro.

Ci sono alimenti da eliminare dalla dieta se si è già avuto un tumore?

Ai pazienti oncologici di norma vengono date indicazioni generali sulla dieta che ricalcano in larga parte quelle valide per la popolazione generale. Quindi, è meglio prediligere il consumo di cereali integrali, legumi, pesce e verdure di stagione. Moderazione viene invece raccomandata nel consumo di alimenti ricchi di carboidrati raffinati, di zuccheri semplici, di carni rosse e lavorate, di formaggi troppo grassi e di bevande alcoliche (che sarebbe meglio evitare del tutto). In ogni caso è sempre importante confrontarsi sull’argomento con il proprio medico curante.

È utile acquistare alimenti biologici per ridurre il rischio di ammalarsi di cancro?

Disponibili fino a pochi anni fa soltanto in negozi specializzati, oggi i prodotti provenienti da agricoltura o allevamenti biologici sono reperibili anche nei più comuni supermercati. I critici nei confronti di questi cibi ne sottolineano spesso i costi maggiori e i dubbi sul fatto che le certificazioni vengano conferite nel rispetto delle regole e con controlli di filiera. Ma consumare questi alimenti aiuta a ridurre il rischio di ammalarsi di cancro? Al momento le conclusioni degli studi in merito non sono ancora affidabili. Ciò che sembra emergere dalla letteratura scientifica è che coloro che consumano più alimenti di questo tipo hanno un rischio leggermente inferiore di sviluppare una malattia oncologica, in particolare per quanto riguarda il linfoma non-Hodgkin e il tumore al seno. Al momento si può ipotizzare che gli eventuali effetti protettivi possano essere dovuti alla ridotta contaminazione di questi alimenti con pesticidi ritenuti probabilmente (gruppo 2A) o possibilmente (2B) cancerogeni per gli esseri umani. Va comunque considerato che spesso chi è così attento all’alimentazione adotta anche altri comportamenti notoriamente salutari, come praticare molta attività fisica, rinunciare al fumo di sigaretta e limitare al minimo il consumo di dolci e bevande alcoliche. Risulta quindi difficile distinguere gli effetti positivi di queste abitudini da quelli possibili di una dieta basata su cibi biologici.

Al momento il consumo di alimenti di origine biologica non è raccomandato nelle linee guida per la prevenzione oncologica, anche se in linea generale si può affermare che questi prodotti garantiscono comunque una sicurezza maggiore rispetto a quelli convenzionali. Rimane però da considerare che il loro prezzo, spesso elevato, è in molti casi una deterrente all’acquisto. In questi casi è ancora più importante saper leggere correttamente le etichette nutrizionali e valutare gli ingredienti presenti in un determinato alimento, prestando attenzione agli additivi, ai conservanti, agli edulcoranti e agli zuccheri aggiunti.

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Autore originale: Redazione

Revisione di Fabio Di Todaro in data 29/01/2025

  • Redazione

  • Articolo pubblicato il:

    1 febbraio 2025