Ultimo aggiornamento: 11 novembre 2024
Secondo un recente studio, lo schema TIP resta il trattamento più efficace per le forme più avanzate di cancro del testicolo. Ma anche anni dopo la guarigione, l’autopalpazione del testicolo è una pratica essenziale per cogliere eventuali recidive.
Il tumore del testicolo è una malattia “altamente trattabile e spesso curabile” anche in stadio avanzato, come hanno confermato alcuni ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, alla guida di uno studio in cui i pazienti sono stati seguiti a lungo termine dopo le cure. Anche in caso di malattia metastatica, la gestione della più diffusa forma di cancro maschile tra i 15 e i 34 anni si conferma come uno dei maggiori successi registrati nell’ambito della cura dei tumori. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology a luglio 2024.
Anche se le terapie sono molto efficaci, è comunque fondamentale mantenere alta l’attenzione sulla diagnosi precoce, che rende la maggior parte dei tumori e delle recidive più curabili. Per questa malattia ciò richiede l’autopalpazione dei testicoli.
I risultati riportati dai ricercatori mostrano l’efficacia a lungo termine della chemioterapia di salvataggio, basata sul cosiddetto schema TIP, contro il tumore al testicolo metastatico. Tale schema consiste in una combinazione dei chemioterapici paclitaxel, ifosfamide e cisplatino. L’approccio era già stato validato in pazienti con un cancro metastatico delle cellule germinali in cui un altro trattamento, conosciuto come BEP (prevede l’utilizzo dei chemioterapici bleomicina, etoposide e cisplatino), non aveva avuto lo stesso successo. I dati, pubblicati nel 2005 sul British Journal of Cancer, provenivano da uno studio di fase II. Ora tali risultati sono stati confermati con dati più solidi, ottenuti seguendo più a lungo un gruppo di pazienti in follow-up e tenendo anche conto dei diversi livelli di rischio con cui i pazienti sono classificati da poco più di un decennio.
I ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York hanno confermato la validità dell’approccio in 104 giovani uomini con una recidiva di un tumore a cellule germinali, una malattia che nel 90 per cento dei casi riguarda il testicolo. Quasi 9 anni dopo le cure, in media il 66 per cento dei pazienti era libero da malattia, ovvero senza più alcuna evidenza del tumore e verosimilmente guarito. Per quanto riguarda la sopravvivenza, i dati medi oscillavano tra il 56 e il 72 per cento a seconda che i pazienti avessero o meno fattori di rischio sfavorevoli per la prognosi della malattia. In particolare, gli esperti hanno osservato che tra i pazienti con malattia a prognosi a rischio basso o intermedio si registrava un tasso di sopravvivenza del 73 per cento circa. Il risultato è molto positivo per una malattia in progressione, dato che contro il tumore del testicolo sono disponibili solo trattamenti a base di chemioterapia.
Come interpretare questi dati per quanto riguarda i pazienti? “Parliamo di un approccio già utilizzato da qualche decennio nei centri qualificati per questa malattia, che oggi può contare sui risultati di un follow-up quasi decennale” ha commentato Ugo De Giorgi, professore associato di oncologia medica all’Università del Salento e presidente dell’Italian Germ Cell Cancer Group, gruppo di clinici specializzati nel trattamento di queste malattie. “Questo schema si conferma la prima scelta nelle forme a rischio basso, anche se la sua gestione nelle persone alle prese con un tumore del testicolo è più complessa rispetto a quanto si rileva in altri ambiti. Parliamo infatti di una terapia che prevede dosi elevate dei tre principi attivi, a cui vanno associati fattori di crescita midollari e terapia antibiotica di profilassi per sostenere i pazienti, dato che causa una significativa riduzione del numero di globuli bianchi per alcuni giorni. Per questo va effettuata sempre con il paziente ricoverato, per un periodo di norma compreso tra 10 e i 14 giorni.”
Nelle forme a rischio intermedio e alto, l’efficacia della chemioterapia di salvataggio basata sullo schema TIP necessita di ulteriori conferme per raggiungere risultati statisticamente significativi, dato che i pazienti coinvolti nello studio erano soltanto 17. Il prossimo passo sarà la valutazione del confronto tra la strategia descritta e la chemioterapia ad alte dosi seguita dal trapianto di cellule staminali emopoietiche. A questo scopo è già in corso uno studio negli Stati Uniti e in Europa per definire l’approccio più efficace di seconda linea nella malattia metastatica.
Questo approccio, utilizzato principalmente nella malattia metastatica, è impiegato anche in una piccola quota di casi (1-2 per cento) di giovani colpiti da un tumore localizzato. “Purtroppo, alcuni pazienti a cui è stato asportato un tumore del testicolo possono avere una seconda neoplasia a carico dell’altro testicolo” aggiunge De Giorgi. “L’autopalpazione, tra i principali metodi per la diagnosi precoce di questo tipo di tumore, è importante non soltanto come forma di prevenzione secondaria, ma anche terziaria, ovvero per cogliere al più presto un’eventuale recidiva. Questo vale sia nelle prime fasi di follow-up, in cui i pazienti sono in genere sottoposti a un’ecografia testicolare annuale di controllo, sia dopo i 5 anni liberi da malattia, quando sono tecnicamente considerati fuori pericolo. Un secondo tumore, seppur poco frequente, può infatti comparire anche a distanza di tempo dalla guarigione.”
I consigli per l’autopalpazione sono gli stessi che vengono rivolti a tutti i ragazzi a partire dai 14-15 anni, da mettere in pratica con cadenza mensile. Ogni testicolo andrebbe esaminato facendolo ruotare tra pollice e indice alla ricerca di noduli anomali, da sottoporre eventualmente al proprio medico. Come ricordano gli esperti della Società italiana di urologia (SIU), “se si riscontra una forma irregolare aderente alla superficie del testicolo, bisogna fare attenzione e continuare con l’esplorazione, esercitando una pressione più modesta, in modo da analizzare la consistenza interna del testicolo e percepire un eventuale nodulo con consistenza più dura del tessuto circostante. Questa abitudine può consentire una diagnosi precoce ed è utile anche nel follow-up della malattia” per cogliere eventuali recidive.
Fabio Di Todaro