Ultimo aggiornamento: 16 ottobre 2024
Migliora la sopravvivenza delle donne con tumore al seno triplo negativo al secondo e terzo stadio, grazie alla combinazione dell’immunoterapico pembrolizumab con la chemioterapia. Cosa emerge dagli ultimi risultati dello studio clinico KEYNOTE-522.
Somministrare l’immunoterapico pembrolizumab prima e dopo l’intervento chirurgico può far arrivare fino a quasi l’87 per cento la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per le donne con tumore al seno triplo negativo al secondo e terzo stadio. Questo è l’ultimo promettente risultato dello studio clinico KEYNOTE-522 di fase 3, i cui dati sono stati pubblicati a settembre 2024 sul New England Journal of Medicine da un gruppo di ricerca internazionale. Sponsor dello studio è l’azienda farmaceutica Merck Sharp & Dohme, produttrice del farmaco.
“I risultati mostrano un significativo miglioramento della sopravvivenza generale nelle pazienti con tumore al seno triplo negativo” commenta Giuseppe Curigliano, che dirige la Divisione di sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative presso l’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano. Il tumore al seno triplo negativo è infatti notoriamente difficile da curare. Per trattarlo, infatti, sono disponibili la chirurgia e la chemioterapia, la cui efficacia è attorno all’81 per cento, ma non le terapie mirate, ormonali e a bersaglio molecolare, utilizzate con successo negli altri tipi di neoplasie mammarie. Infatti, sulle cellule di questo tipo di tumore mancano i recettori specifici necessari perché tali cure siano efficaci. Il tumore al seno triplo negativo è inoltre una patologia aggressiva che tende a ripresentarsi a distanza di tempo dopo le cure.
Da qualche anno il farmaco pembrolizumab è commercializzato con il nome di Keytruda per la cura di diverse neoplasie, comprese alcune forme di melanoma e di tumore ai polmoni. Alle pazienti con il cancro al seno triplo negativo, questo farmaco viene somministrato insieme alla chemioterapia come trattamento neoadiuvante e adiuvante, che rispettivamente precede e segue la rimozione chirurgica della neoplasia.
Tra il 2017 e il 2018, lo studio clinico KEYNOTE-522 ha coinvolto e monitorato nel tempo quasi 1.200 donne con tumore al seno triplo negativo al secondo e terzo stadio, in 21 Paesi sparsi tra Europa, Nord America, Asia e America Latina. Una parte delle pazienti è stata trattata con pembrolizumab e chemioterapia, mentre il gruppo di controllo ha assunto la chemioterapia con un placebo. Nel 2020, i primi risultati dello studio clinico hanno mostrato che la combinazione con l’immunoterapico aumentava le probabilità di raggiungere una risposta patologica completa, ovvero l’assenza di malattia tumorale nella mammella e nei linfonodi all’esame istologico dopo l’intervento. In seguito, nel 2022 si è compreso che l’immunoterapia poteva anche aumentare la probabilità delle pazienti di sopravvivere senza che si presentassero recidive locali o a distanza. Mancava però ancora il dato sulla sopravvivenza generale (in inglese, la cosiddetta “Overall Survival”, abbreviata con OS) a 5 anni dalla diagnosi, che in genere è considerato il ‘gold standard’ per stabilire l’efficacia di una terapia. Per misurarlo occorreva un tempo più lungo di osservazione.
Oltre a confermare i risultati precedenti, gli ultimi dati hanno mostrato che le pazienti trattate con la combinazione con il pembrolizumab hanno una probabilità di sopravvivere a 5 anni dalla diagnosi di circa 5 punti percentuali maggiore rispetto a coloro a cui è stata somministrata la sola chemioterapia con il placebo. “Il risultato è incoraggiante, perché il miglioramento della sopravvivenza include anche le donne con tumori localmente avanzati” afferma Curigliano. “Per coloro che hanno ricevuto una risposta patologica completa, gli eventi di sopravvivenza sono ancora maggiori.”
Questo farmaco è in uso già da due anni e mezzo nei centri oncologici specializzati per la cura del tumore al seno in Italia come all’estero, incluso lo IEO, dove lavora Curigliano, anche se rimangono alcune eccezioni. “Ogni donna con tumore mammario ha il diritto di sapere se il suo tumore è triplo negativo. Se la biopsia risulta positiva è obbligatorio eseguire l’esame per determinare se sono presenti i recettori per estrogeni, progestinici ed HER2”, spiega Curigliano. “Coloro che si trovano nel secondo o terzo stadio della malattia devono avere la possibilità di accedere all’immunoterapia preoperatoria. Ancora oggi, tuttavia, alcuni medici operano prima di effettuare tali esami, ma ciò significa privare le pazienti della possibilità di guarire.”
Camilla Fiz