Ultimo aggiornamento: 22 ottobre 2024
I risultati di uno studio recente chiariscono i meccanismi con cui la proteina G-alfa13 contribuisce a limitare la progressione dei tumori al seno positivi al recettore per gli estrogeni.
Tra i diversi tipi di tumore al seno ci sono differenze molecolari complesse, in parte ancora sconosciute. Conoscerle dovrebbe permettere di capire meglio come migliorare gli esiti dei trattamenti per queste malattie. È questa l’idea da cui è partito un gruppo di scienziati con laboratori negli Stati Uniti e a Singapore, che ha valutato il ruolo della proteina G-alfa13, finora poco studiata nel tumore del seno. Gli esperimenti condotti dagli scienziati hanno permesso di capire che in alcuni tipi di tumore alla mammella, come quello triplo negativo, la proteina favorisce la crescita dei tumori. In altri invece, come quelli positivi ai recettori per gli estrogeni (ER+), G-alfa13 sembra agire come un freno alla proliferazione del cancro, analogamente ad altri oncosoppressori. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Breast Cancer Research.
Prima di questo studio, la funzione di G-alfa13 nel tumore al seno era nota soprattutto per il tipo triplo negativo, ancora difficile da curare. Il nome, triplo negativo, deriva dal fatto che a questo tipo di cancro mancano tutte e tre le caratteristiche molecolari che permettono trattamenti avanzati e specifici per gli altri tipi di tumore del seno: i recettori degli estrogeni, del progesterone e di HER-2. Questi nelle altre forme di cancro della mammella sono il bersaglio di terapie mirate.
Nel cancro triplo negativo, G-alfa13 sembra promuovere la crescita tumorale. I dati sull’azione di questa proteina su altri tipi di cancro, diversi da quello della mammella, sono però piuttosto discordanti. In alcuni agisce promuovendo la crescita e la diffusione delle cellule neoplastiche: è il caso del cancro della prostata e dell’ovaio. In altri, come alcune forme di linfoma e di cancro al pancreas studiati in laboratorio, sembra invece contrastare la proliferazione tumorale. Considerando le diverse azioni della proteina nei differenti tipi di tumore, gli scienziati hanno ipotizzato che si comportasse in modo alterno anche nelle diverse forme di tumore al seno. Così hanno deciso di approfondirne lo studio nel tipo che esprime i recettori per gli estrogeni, o ER+. Rispetto al triplo negativo, si tratta di un tumore mediamente meno aggressivo, per cui sono già disponibili diverse opzioni terapeutiche. Tuttavia, anche in queste pazienti il tumore può diventare resistente alle terapie o dare ricadute. Sarebbe quindi importante ottimizzare i trattamenti anche per questo tipo di cancro al seno, che, come sottolineano gli autori, rappresenta quasi l’80 per cento di tutti i casi di cancro della mammella.
Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno effettuato una serie di esperimenti. Da un lato hanno verificato se l’espressione della proteina G-alfa13 fosse associata a una maggiore sopravvivenza delle pazienti con diversi tipi di tumore al seno. Dall’altro lato hanno condotto studiato come cambiava il comportamento di cellule tumorali in coltura e di animali di laboratorio con tumore ER+, variando l’espressione del gene responsabile per la proteina G-alfa13.
Gli scienziati hanno osservato che a livelli più elevati della proteina G-alfa13 corrispondeva una maggiore sopravvivenza delle pazienti. Inoltre, in laboratorio hanno riscontrato che inattivando la proteina le cellule tumorali ER+ in coltura crescevano di più. Viceversa, quando l’espressione della proteina era aumentata, le cellule in coltura avevano maggiore difficoltà a crescere. E ancora: cellule in coltura totalmente prive di questa proteina, una volta iniettate negli animali, inducevano la formazione di tumori più grandi.
Peraltro, nelle cellule tumorali ER+, G-alfa13 riesce a inibire sia l’azione legata al gene Myc sia quella legata alla proteina che ne deriva. L’espressione sostenuta del gene Myc è notoriamente uno dei meccanismi associati alla promozione della crescita tumorale e alla resistenza alle terapie anti-estrogeni.
Nell’articolo pubblicato, gli scienziati concludono: “Abbiamo mostrato che G-alfa13 nel tumore al seno può avere effetti diversi a seconda del sottotipo tumorale. Questi risultati suggeriscono che il ruolo della segnalazione tramite G-alfa13 nel cancro è più complesso di quanto si pensasse finora e probabilmente dipende dall’interazione tra G-alfa13 e varie vie di segnalazione”. Si tratta di interazioni meritevoli di essere indagate più a fondo, terminano gli autori, al fine di migliorare il trattamento dei tumori positivi ai recettori per gli estrogeni.
Anna Lisa Bonfranceschi