Ultimo aggiornamento: 28 aprile 2025
All’interno dei nuovi Livelli essenziali di assistenza sono inserite anche diverse prestazioni usate abitualmente per trattare il cancro, come la radioterapia stereotassica e l’adroterapia.
La radioterapia è uno dei pilastri delle cure oncologiche. Secondo alcune stime, viene utilizzata in circa il 60-70% dei pazienti con diagnosi di tumore, e in alcuni casi è in grado da sola di guarire la malattia, senza ricorrere a chirurgia o terapie sistemiche. Può succedere per esempio nel caso di alcuni tumori in stadio iniziale della prostata o della tonsilla.
Nell’ottica di garantire a tutti i cittadini il diritto alla salute, i nuovi LEA, i livelli essenziali di assistenza, varati alla fine del 2024, hanno aggiornato anche le prestazioni di radioterapia, “assicurando a tutti gli assistiti l’erogazione di prestazioni altamente innovative, come la radioterapia stereotassica, adroterapia e radioterapia con braccio robotico”, come si legge sul sito del Ministero della salute.
Cosa cambia dunque? In realtà, questi trattamenti a cui si fa riferimento sono utilizzati già da anni, ma con differenze tra Regione e Regione, soprattutto per quanto riguarda le tariffe, ovvero le remunerazioni spettanti a chi effettua le prestazioni (ospedali e ambulatori). Queste differenze sono ora azzerate dai nuovi LEA, a garanzia di una omogeneità su tutto il territorio nazionale.
I livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket, e vengono definiti in due passaggi: il primo è il nomenclatore, che è l’elenco delle prestazioni – visite, esami e trattamenti – che il SSN ci “passa”, come usiamo dire abitualmente; il secondo passaggio è l’aggiornamento delle tariffe di riferimento. “Nel caso della radioterapia, il nomenclatore del 2017, l’ultimo approvato, faceva riferimento al lavoro e al confronto avuto con il Ministero della salute negli anni precedenti, quindi nel 2015-2016” chiarisce Marco Krengli, presidente di AIRO, l’Associazione italiana radioterapia e oncologia clinica, e ordinario di radioterapia all’Università di Padova. “Il tariffario è stato definito con decreto a fine 2024, 7 anni dopo: quindi i nuovi LEA mostrano una fotografia di com’era la radioterapia una decina di anni fa. Sono tempistiche che non riescono a tener conto fino in fondo dell’innovazione tecnologica e non aiutano nella valorizzazione di questa tipologia di prestazioni.” Quindi ai pazienti verranno preclusi i trattamenti di ultima generazione? “No, diciamo che le tecniche più avanzate sono un po’ in ‘sofferenza’ rispetto a quello che può offrire il nuovo tariffario, ma comunque ci sono delle voci che consentono di includere le radioterapie più innovative nonostante non vengano previste in maniera specifica, come nel caso della radioterapia adattativa con RM-linac e dell’imaging di superficie per il controllo del posizionamento dei pazienti” prosegue Marco Krengli. “Nel tariffario, lo ricordo, sono elencate varie voci e ogni trattamento erogato ne accorpa diverse, anche una quindicina nel caso della radioterapia. Una situazione che può prestarsi a interpretazioni differenti. Per ovviare a questa eventualità, e dunque per aiutare i centri di radioterapia e le amministrazioni, AIRO sta preparando un documento con delle raccomandazioni su come interpretare le varie voci che vanno a comporre il singolo trattamento radioterapico.”
In Italia negli ultimi anni c’è stato un notevole miglioramento della dotazione tecnologica grazie agli investimenti del PNRR, che ha previsto l’installazione di oltre 80 nuovi acceleratori lineari, le apparecchiature per la radioterapia. “È importante chiarire che anche la radioterapia classica ha avuto un’evoluzione. Non ci sono trattamenti di serie A e di serie B, ogni paziente viene curato in base alla sua diagnosi e in modo personalizzato” sottolinea Stefania Volpe, medico oncologo radioterapista allo IEO, Istituto europeo di oncologia IRCCS di Milano, e ricercatrice all’Università degli studi di Milano. “È importante comunicarlo ai pazienti perché è ancora diffusa l’idea di una radioterapia con elevate tossicità, effetti collaterali e trattamenti molto lunghi. Non è più così.”
Vediamo in breve le caratteristiche delle 3 tipologie citate come esempio dal Ministero della salute, a partire dalla radioterapia stereotassica: “Ci permette di trattare tumori anche molto piccoli usando elevate dosi di radiazioni con estrema precisione e accuratezza” spiega Stefania Volpe. “Le sedute sono al massimo 5, ma ci sono casi in cui ne è prevista una sola: si parla allora di ‘radiochirurgia’, perché mima gli effetti radicali dell’intervento chirurgico. La stereotassi può essere impiegata in tante situazioni cliniche, da quelle encefaliche a quelle pelviche.” È radioterapia stereotassica anche quella somministrata con braccio robotico, che, muovendosi intorno al paziente, permette di erogare il trattamento da tantissime posizioni. “Questo consente di avere una distribuzione di dose estremamente precisa, noi diciamo conformata, che segue la forma del nostro bersaglio di trattamento con estrema accuratezza.”
L’adroterapia si differenzia perché utilizza protoni e ioni carbonio che, rispetto ai raggi X comunemente usati in radioterapia, hanno un effetto tumoricida maggiore. “La protonterapia viene impiegata in alcune circostanze cliniche particolari che comprendono i tumori solidi pediatrici, quelli situati in sedi considerate solitamente difficili, come le cavità orbitarie, e alcune tipologie che rispondo meno alla radioterapia convenzionale, come alcuni sarcomi.”
Questi sono alcuni esempi di tecniche in costante evoluzione che, anche nell’ambito dei LEA, aprono al futuro di una radioterapia oncologica di precisione più accurata, efficace e accessibile ai pazienti.
Michela Vuga