Ultimo aggiornamento: 12 ottobre 2024
Nuove evidenze scientifiche confermano l’importanza di una dieta salutare per la prevenzione dei tumori al colon-retto. Inoltre, offrono possibili spunti per sviluppare test utili per valutare il rischio individuale di sviluppare questo tipo di cancro.
Nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), l’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha classificato la carne rossa come probabilmente cancerogena per gli esseri umani. Inoltre, ha valutato la carne processata, ossia gli insaccati, i salumi e simili, come sicuramente cancerogeni per diversi tipi di cancro, tra cui quelli del colon-retto. La valutazione da parte della IARC si basava sull’analisi della letteratura scientifica nota fino a quel momento. Alla valutazione era seguita la raccomandazione di non consumare per quanto possibile carne processata e di non superare i 500 grammi alla settimana di carne rossa per limitare il rischio di cancro.
Negli anni passati da allora la ricerca è andata avanti e sempre più evidenze mostrano che la valutazione della IARC andava nella giusta direzione, anche per quanto riguarda i tumori che insorgono in età giovanile. Tra queste vi sono alcuni studi sul ruolo del microbiota, l’insieme di microrganismi che vivono su alcune superfici esterne e interne del corpo, in particolare a livello intestinale.
Oggi sappiamo che l’esposizione a fattori ambientali, la dieta e altre abitudini modificano sia la composizione del microbiota intestinale, sia le reazioni che avvengono nel corpo umano anche grazie al contributo dei piccoli organismi ospiti. Questi cambiamenti possono a loro volta influire su processi patologici come la carcinogenesi. Per questa ragione sia i microbi più sensibili, sia le molecole implicate in questi meccanismi potrebbero essere utilizzati come marcatori, per esempio per identificare gli individui a maggior rischio di sviluppare alcune neoplasie.
Di recente un gruppo di ricercatori della Cleveland Clinic, in Ohio (USA), è riuscito a identificare alcuni metaboliti che sembrano essere tra i principali fattori di rischio di cancro colorettale in giovane età. I metaboliti sono, in questo caso, molecole derivate da sostanze introdotte con la dieta e trasformate all’interno dell’organismo grazie alle reazioni e ai processi metabolici. Tra le molecole che i ricercatori hanno individuato ve ne sono alcune associate al metabolismo di carne rossa e lavorata. Nello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Precision Oncology, i ricercatori hanno in particolare analizzato una notevole mole di dati sui metaboliti e sul microbiota sfruttando metodi di intelligenza artificiale (IA). A questo scopo i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo di apprendimento automatico per combinare e analizzare dati di altri studi sul tema già pubblicati. Hanno così cercato di chiarire quali sono i fattori di rischio oncologico più rilevanti nell’associazione tra ospite e microbiota. L’analisi ha rivelato che alcune differenze nella dieta, individuate tramite l’analisi dei metaboliti, potevano spiegare una percentuale significativa delle differenze tra i fattori di rischio tra i pazienti a esordio giovanile e quelli a esordio in persone più mature.
I risultati della ricerca sembrano dunque confermare che la dieta è un fattore di rischio rilevante per il tumore del colon-retto per tutte le età e in particolare per le persone più giovani. Gli autori ritengono per questo che uno dei modi più efficaci con cui questi adulti, sotto i 60 anni, possono ridurre la probabilità di sviluppare un cancro colorettale è fare attenzione alla propria dieta. In particolare, rispetto ai pazienti più anziani con cancro al colon, i pazienti più giovani avevano livelli più elevati di metaboliti associati alla produzione e al metabolismo di un amminoacido, chiamato arginina, e al ciclo dell’urea. Quest’ultimo è il processo con cui l’organismo trasforma l’ammoniaca nell’urea, la sostanza che viene infine espulsa con l’urina.
Il gruppo di scienziati sta ora analizzando insiemi di dati più ampi, raccolti negli Stati Uniti, per capire se rafforzano o indeboliscono i risultati che hanno ottenuto. Inoltre, stanno valutando se sia opportuno raccomandare tipi di diete o farmaci disponibili in commercio, in grado di influire sulla produzione di arginina e sul ciclo dell’urea.
Con i risultati di uno studio precedente, pubblicati sulla rivista Scientific Reports a febbraio 2024, i ricercatori della Cleveland Clinic avevano già identificato alcune differenze nei metaboliti del cancro colorettale a esordio giovanile rispetto al cancro a esordio in età adulta. Nello stesso periodo, sulla rivista EBioMedicine i ricercatori hanno pubblicato i risultati altri risultati sul tema, individuando differenze nel microbiota intestinale tra adulti più giovani e più anziani con cancro colorettale.
Nell’insieme i dati raccolti confermano che la dieta sarebbe tra i fattori di rischio più importanti nel rischio di cancro del colon-retto e che essa può entro certi limiti influenzare la composizione più o meno salutare del microbiota intestinale. Si tratta di una buona notizia, dato che l’alimentazione è un fattore di rischio modificabile.
Queste scoperte sono importanti anche per un altro motivo. Negli ultimi anni l’incidenza dei tumori del colon-retto è in aumento tra le persone giovani: quando la malattia si manifesta prima dei 50 anni si parla di cancro colorettale a esordio precoce (early-onset colorectal cancer, EOCRC). Le ragioni dell’insorgenza di questi tumori nei più giovani non sono però ancora ben comprese.
Oltre alle predisposizioni ereditarie, i fattori di rischio che sono risultati più associati all’aumento dei tassi di incidenza e mortalità per tumore al colon-retto tra le fasce d’età più giovani sono obesità o sovrappeso, alti livelli di glucosio nel sangue e diabete, il consumo di alcol e una scarsa attività fisica. L’obesità è un elemento particolarmente importante. In una revisione della letteratura, pubblicata nel 2021 sull’American Journal of Gastroenterology, gli autori avevano chiaramente evidenziato che l’obesità è un forte fattore di rischio per l’EOCRC. La crescente prevalenza di sovrappeso e obesità tra le generazioni più giovani potrebbe probabilmente contribuire in modo sostanziale all’aumento delle diagnosi.
Attualmente, i programmi di screening di popolazione per la diagnosi precoce del cancro del colon-retto consistono in un semplice esame delle feci, a cui può seguire un approfondimento tramite colonscopia in caso di risultato positivo. Sono offerti gratuitamente in vari Paesi, alle persone tra i 50 e i 69 anni (in alcuni casi fino ai 74 anni), la fascia d’età che fino a poco tempo fa risultava essere più a rischio. Per la mancanza di screening nelle fasce d’età più giovanili, i tumori in queste persone si tendono a scoprire in fase più avanzata.
Gli esperti si interrogano sulle misure da adottare affinché le diagnosi anche nei giovani possano essere più tempestive, evitando allo stesso tempo il rischio di sovradiagnosi. Da più parti si pensa che si potrebbe estendere lo screening di popolazione anche alle persone tra i 45 e i 49 anni, che risultano in effetti essere quelle più a rischio tra i più giovani. Si tratterebbe però di un aumento di costi impegnativo per i servizi sanitari nazionali. Risultati come quelli emersi in questi studi su alimentazione e microbiota potrebbero aiutare a individuare possibili molecole associate a questo tipo di tumore, al fine di mettere a punto nuovi test per valutare fattori di rischio specifici per il cancro al colon-retto, possibilmente utili per indirizzare almeno i giovani più a rischio a successivi esami di screening.
Cristina Da Rold