Ultimo aggiornamento: 20 settembre 2018
Da un grande studio internazionale arriva la conferma: l'inquinamento atmosferico aumenta la mortalità anche quando resta sotto i livelli consentiti.
Titolo originale dell'articolo: Effects of long-term exposure to air pollution on natural-cause mortality: an analysis of 22 European cohorts within the multicentre ESCAPE project
Titolo della rivista: Lancet
Data di pubblicazione originale: 1 marzo 2014
Respirare aria inquinata per molti anni aumenta i decessi per tutte le cause naturali di morte, tra cui il cancro. Quel che era un fondato sospetto trova conferma dall'analisi dei dati condotta da un gruppo internazionale cui partecipano anche ricercatori sostenuti da AIRC, nell'ambito del progetto ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects).
"In Europa non sono molti gli studi che correlano l'esposizione all'inquinamento atmosferico con la mortalità" spiega uno di loro, Vittorio Krogh, dell'Istituto nazionale tumori di Milano. "Abbiamo analizzato una ventina di questi studi, ognuno dei quali seguiva nel tempo un ampio gruppo di persone estratte dalla popolazione generale, cioè una coorte, come si dice nel linguaggio tecnico. In totale le ricerche raccoglievano i dati di oltre 367.000 cittadini, 29.000 circa dei quali sono morti nel periodo di valutazione, che è stato in media di oltre 13 anni. Le informazioni sull'area di residenza dei partecipanti hanno permesso di risalire alla loro esposizione all'inquinamento, definito dalla concentrazione media annuale di particolato di diverso diametro, nell'aria di quella zona, e dalle concentrazioni medie annuali di ossidi di azoto". Inoltre si è tenuto conto di due variabili relative al traffico: il numero di veicoli che in media passavano ogni giorno sulla strada in cui abitavano le persone e il carico totale su tutte le arterie di traffico più importanti in un raggio di 100 metri dall'indirizzo di residenza.
Dal lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, è emerso che la mortalità aumenta in maniera statisticamente significativa tra chi è più esposto al particolato più fine, cioè alle particelle inquinanti di diametro inferiore ai 2,5 micron, che per le loro dimensioni raggiungono più facilmente le ultime diramazioni dell'albero respiratorio.
"Non solo" conclude il ricercatore. "Il rischio resta aumentato, rispetto a chi respira aria pulita, anche per chi è esposto a livelli di queste sostanze entro la soglia annuale media di 25 microgrammi/m3, stabilita come limite massimo in Europa, e perfino per chi vive in zone in cui questi livelli sono ancora più bassi, sotto i 20 microgrammi/m3".
Agenzia Zadig