Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Il tumore al seno, considerato malattia dell'età adulta e matura, si presenta sempre più spesso in età giovanile. La ricerca si interroga sull'approccio più corretto a questa patologia
Ci sono età in cui curarsi, soprattutto se si deve far fronte a un tumore, pesa più che in altre. È quanto accade nel mondo dei tumori del seno quando questi colpiscono donne in giovane età. Gli esperti lamentano una scarsa adesione alle cure e quindi risultati inferiori a quelli che si potrebbero ottenere. Eppure negli ultimi sei anni l'incidenza dei tumori al seno in Italia tra le giovani tra i 25 e i 44 anni è cresciuta del 29 per cento. E se una parte di queste nuove diagnosi è da annoverare ai casi di tumore al seno non invasivo (i cosiddetti carcinomi in situ) che fino a qualche anno fa non sarebbero mai stati identificati in quanto regrediscono da soli o comunque non progrediscono verso la malignità, si assiste anche a una crescita reale di forme più preoccupanti. Per fortuna si tratta ancora di un'eventualità rara, ma poiché le campagne di screening con mammografia ed ecografia non offrono, sotto i 45 anni, un profilo rischio-beneficio sufficiente, gli esperti invitano le più giovani a prendere almeno consapevolezza dell'esistenza della malattia nelle fasce di età meno "classiche", per non trascurare a cuor leggero eventuali sintomi.
La malattia, dunque, sembra in crescita tra le giovani, cioè in quella fascia di età non coperta dai programmi di screening pubblici (perché non sono sufficientemente efficaci, come abbiamo detto) e quindi, oltretutto, più a rischio di scoprire la neoplasia quando questa è già relativamente avanzata, nel malaugurato caso in cui non si riveli una delle forme più benigne. E non si tratta di tumori solo ereditari o legati alle alterazioni dei geni BRCA 1 e 2 ma, nella stragrande maggioranza dei casi (circa il 95 per cento), di tumori per così dire normali, che non si sviluppano in donne considerate particolarmente a rischio.
Le giovani, però, da tanti punti di vista, non sono donne come le altre. Spiega Fedro Peccatori, responsabile del Dipartimento di ginecologia dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, che negli ultimi anni ha dedicato molto tempo alla cura e alla ricerca proprio dei tumori mammari che insorgono nelle giovani: "Quando una ragazza viene colpita da un tumore al seno entrano in gioco molti elementi da tenere in considerazione, perché i suoi progetti di vita, la sua identità di donna, la percezione che ella ha di sé possono essere influenzati. È quindi ancora più importante, in queste pazienti, instaurare da subito un dialogo a tutto campo, affrontare tutti i dubbi, le angosce, le speranze, per aiutare la donna a compiere le scelte più adeguate".
Le giovani vivono una condizione peculiare rispetto alle donne più anziane anche dal punto di vista della malattia, che può richiedere approcci terapeutici diversi da quelli codificati per le donne più mature, capaci di integrare la giusta intensità di trattamento con la necessità di non compromettere i progetti per il futuro. Ancora Peccatori: "Benché nella maggior parte dei casi si assista a una guarigione, ci sono ancora casi in cui le cure non sono sufficientemente efficaci. Ciò è legato a due fattori: il primo è la generale peggiore adesione alle cure delle giovani, soprattutto negli anni in cui possono essere consigliate terapie ormonali che hanno indubbiamente effetti collaterali più difficili da accettare in giovane età. La seconda è di natura biologica, perché non è ancora chiaro se questi tumori, per molti aspetti indistinguibili li da quelli della donna più adulta, contengano in realtà differenze tali da determinare una maggiore resistenza alle cure".
La ricerca di queste differenze, oggetto anche di progetti AIRC, sta puntando su uno degli elementi che potrebbe contribuire a influenzare negativamente l'esito delle terapie: la prossimità con la gravidanza. Spiega l'esperto: "Una donna giovane molto spesso ha avuto nei mesi precedenti alla diagnosi una gravidanza cui spesso ha fatto seguito un periodo di allattamento. Le trasformazioni macroscopiche cui va incontro la mammella in questo periodo così particolare sono per molti aspetti paragonabili a un'infiammazione, un fattore di rischio per i tumori. Ci potrebbe quindi essere un nesso tra i due eventi, anche se la gravidanza esercita a mediolungo termine un ruolo opposto, cioè protettivo". Dal punto di vista delle terapie, i protocolli stabiliti per le donne più mature spesso vengono adattati al profilo della paziente più giovane, per esempio cercando, nei cinque anni di terapia con il tamoxifene previsti dopo l'intervento per chi ha un tumore sensibile agli estrogeni, una finestra di tempo nella quale permettere alla donna di concepire un figlio.
Inoltre la ricerca sta puntando su farmaci più specifici, che dovrebbero avere come obiettivo circuiti biologici particolarmente rappresentati nel seno più giovane. La speranza, quindi, è che in futuro la curabilità aumenti e diminuiscano gli effetti collaterali delle terapie. Nello stesso tempo proseguono gli studi sugli screening, per cercare di capire se è utile anticipare i controlli e con quale strumento diagnostico.
Gli Stati Uniti, che prima di altri Paesi si accorgono delle nuove emergenze sanitarie, hanno visto nascere in anni recenti un'associazione dedicata esclusivamente alle donne giovani colpite da cancro al seno. Si tratta di Young Survival Coalition, un gruppo che riunisce le "sopravvissute" (termine che in italiano suona molto male ma che in inglese indica semplicemente coloro che superano la fase acuta di malattia) per favorire lo scambio di informazioni. Il loro sito internet fornisce informazioni pratiche e offre la possibilità di conoscere altre giovani che hanno dovuto affrontare lo stesso percorso travagliato. Il sito è esclusivamente in lingua inglese.
Agnese Codignola