Ultimo aggiornamento: 9 giugno 2020
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La colonscopia è un esame endoscopico con cui è possibile osservare la superficie interna del colon e del retto e di conseguenza si utilizza per la diagnosi di malattie infiammatorie croniche, diverticoli, polipi e tumori maligni. La colonscopia è importante anche per la prevenzione secondaria del tumore del colon-retto, il secondo tumore più frequentemente diagnosticato nella popolazione italiana. Solitamente si effettua se il paziente risulta positivo all'esame del sangue occulto fecale, che rientra nei programmi di screening regionali per la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto, indirizzati alla popolazione fra i 50 e i 69 anni.
Forma, decorso, calibro e colore delle viscere vengono analizzati grazie al colonscopio, uno strumento composto da un tubo flessibile collegato a una fonte di luce e munito di microcamera (sonda endoscopica), che viene introdotto nel canale anale. A seconda della porzione di intestino che si esamina, si parla di:
Durante la colonscopia è possibile, inserendo nel tubo flessibile gli strumenti necessari, effettuare biopsie e asportare polipi. Questi ultimi sono protuberanze che si formano sulla superficie del colon e che nel tempo possono trasformarsi in un tumore maligno: asportarli quando sono di natura benigna o precancerosa protegge dallo sviluppo del tumore del colon-retto.
A differenza della colonscopia “classica”, quella virtuale non è invasiva e quindi non richiede l’introduzione di una sonda endoscopica. Consiste in una TC (tomografia computerizzata) a bassa dose di radiazioni che permette di ottenere immagini tridimensionali dell’intestino, ma pur essendo un esame accurato, non è affidabile nel rilevare polipi di dimensioni inferiori ai 5 millimetri e neppure nell’individuare lesioni piatte. Ovviamente non permette di asportare immediatamente i polipi e nemmeno di effettuare prelievi utili a una biopsia, operazioni possibili solo con la normale colonscopia.
L’enteroscopia con videocapsula (VCE) non è un’alternativa alla colonscopia, né alla gastroscopia. Permette di visualizzare l’intestino tenue ed è utile in particolare nella diagnosi della malattia di Crohn, dei tumori dell’intestino tenue o di anomalie vascolari che possono essere causa di anemia. Per effettuare l'esame, una videocapsula monouso dotata di una microtelecamera, della dimensione di una compressa, viene fatta ingoiare al paziente in modo che, mentre transita attraverso l’apparato digerente, trasmetta le immagini raccolte.
La colonscopia è una procedura endoscopica invasiva che la maggior parte delle persone teme perché può essere dolorosa e mettere a disagio. Per questo in genere si ricorre a una sedazione leggera (sedazione cosciente) con farmaci ipnotici e antidolorifici, somministrati per via endovenosa, per favorire il rilassamento e ridurre fastidio e dolore. Solo in casi particolari si ricorre a una sedazione profonda che addormenta completamente il paziente.
Durante l’esecuzione dell’esame, il paziente è sdraiato sul fianco sinistro, con le cosce flesse sul bacino e le ginocchia piegate, in posizione fetale . Per garantire una migliore visualizzazione della mucosa, viene insufflata anidride carbonica attraverso il colonscopio, in modo da distendere le pareti intestinali. Il medico esamina le immagini trasmesse dalla microcamera e, se vede una lesione sospetta che potrebbe per esempio essere sintomo di una malattia infiammatoria o tumorale, con apposite pinze introdotte attraverso il colonscopio può prelevare alcuni frammenti di tessuto (biopsia) da sottoporre a esame istologico. Durante l'indagine si possono anche asportare direttamente eventuali polipi (polipectomia).
In linea di massima la colonscopia la possono fare tutti. È consigliata a partire dai 50 anni perché offre la possibilità di individuare un tumore fin dalle fasi più precoci, ben prima che dia segno della propria presenza, nonché di trovare ed eliminare i polipi.
I casi in cui l'esame è controindicato sono pochi e di solito legati a un malessere improvviso e grave che faccia sospettare condizioni quali una dilatazione del colon su base infiammatoria (chiamata megacolon tossico), oppure una diverticolite acuta o una perforazione intestinale. La colonscopia è sconsigliata nelle prime settimane successive a un intervento chirurgico all'addome o nel periodo immediatamente successivo a un infarto, perché c’è il rischio che la procedura inneschi delle aritmie.
I pazienti in terapia anticoagulante o antiaggregante devono rivolgersi al medico curante o al servizio di endoscopia almeno sette giorni prima per definire l’eventuale sospensione della terapia.
Non vanno interrotte di propria iniziativa le cure per abbassare la pressione o per altre malattie croniche: i farmaci presi abitualmente tutti i giorni devono essere assunti anche la mattina dell'esame, a meno di indicazioni contrarie da parte del medico.
È necessario sospendere qualche giorno prima dell’esame l'eventuale assunzione di integratori e medicinali contenenti ferro (perché colorano la mucosa) e di carbone vegetale, che talvolta si usa per assorbire l'aria nell'intestino.
I pazienti portatori di pace-maker devono informare della circostanza il personale al momento della prenotazione.
In previsione di possibili biopsie o asportazione di polipi, possono essere richiesti i referti di recenti esami dell’emocromo e del profilo coagulativo.
La durata dell'esame dipende dalla lunghezza dell’intestino esplorato e dall'eventuale necessità di fare biopsie e asportare polipi. Una semplice rettosigmoidoscopia può durare da 5 a 15 minuti, nel caso ci siano polipi da togliere; per effettuare una pancolonscopia ci vuole un po' più di tempo, da 30 fino a 45 minuti.
Sì, la preparazione alla colonscopia è fondamentale per la qualità dell'esame. È anche uno degli aspetti più fastidiosi dell'indagine perché richiede l’assunzione di un lassativo in modo da pulire completamente l'intestino.
Al momento della prenotazione, ogni centro consegnerà un foglio con precise istruzioni al riguardo. È bene leggerle già al momento della prenotazione, annotando sul calendario la data in cui cominciare la preparazione all’esame, e seguirle scrupolosamente per non dover ripetere la procedura una seconda volta, nel caso la parete dell'intestino non sia sufficientemente libera per essere ben esaminata.
Per quanto riguarda l’alimentazione, generalmente le restrizioni riguardano i due-tre giorni prima dell'esame, nei quali ci si deve astenere da tutti gli alimenti ricchi di scorie, come frutta, verdura, pasta e cereali integrali, mentre è possibile mangiare uova, carne, pesce, brodo, spremute, succhi di frutta, passate, omogeneizzati e, in piccole quantità, pasta e pane di farina raffinata.
Dal giorno o dalla sera prima dell'esame occorre attenersi, di solito, a una dieta totalmente liquida: si potranno quindi assumere solo brodo di dado (non vegetale), acqua, camomilla, tisane, succhi di frutta senza polpa, bevande analcoliche, caffè o tè senza latte, eventualmente con zucchero o miele. Modalità e orari relativi all’assunzione del lassativo possono cambiare se l'appuntamento è al mattino o al pomeriggio.
Le donne in gravidanza o che allattano, le persone allergiche, diabetiche o con grave insufficienza renale, cardiaca o respiratoria, devono segnalarlo all'atto della prenotazione, così che venga loro prescritto un lassativo idoneo.
Sì, il paziente deve farsi accompagnare in clinica e non guidare la macchina per tornare a casa, considerando che l’azione sedativa dei farmaci somministrati prima della colonscopia potrebbe rallentare i riflessi.
Grazie alla sedazione cosciente si possono ridurre fastidio e dolore fino ad azzerarli.
La colonscopia di per sé è un esame considerato sicuro, ma non è mai possibile escludere del tutto qualche rara complicazione, in particolare la perforazione dell'intestino e la comparsa di emorragie quando si asportano grossi polipi.
La perforazione, cioè l'apertura accidentale di un foro nella parete intestinale, è comunque nella maggior parte dei casi trattabile con l’applicazione di clip metalliche, tuttavia si può rendere necessario un immediato intervento chirurgico di riparazione e la somministrazione di una forte cura antibiotica. Eventuali perdite di sangue dovute alla rimozione dei polipi vengono invece cauterizzate immediatamente attraverso lo strumento, in modo indolore.
I sedativi possono talvolta provocare, oltre alla sonnolenza, secchezza della bocca e annebbiamento della vista. Raramente, per lo più in soggetti predisposti, si sono verificate aritmie cardiache o reazioni gravi, tali da richiedere un intervento medico: per evitarle è importante comunicare al personale sanitario eventuali allergie o intolleranze.
No, ma nelle ore successive alla sua conclusione si potranno avvertire crampi e senso di gonfiore provocati dal gas insufflato nel colon per distendere le pareti.
Se però, nelle ore o nei due-tre giorni successivi all'indagine, dovesse comparire un dolore addominale accompagnato da febbre inspiegabile, vomito o perdite di sangue ripetute, eventualmente con vertigini e debolezza, è meglio rivolgersi al pronto soccorso.
Dopo l'asportazione di un polipo è normale che si verifichino, per diversi giorni, piccole perdite di sangue attraverso il retto. Se invece la quantità di sangue dovesse aumentare, è bene contattare il medico curante per verificare la possibilità di una perforazione dell'intestino.
Di solito, in seguito alla sedazione, si viene invitati a restare in clinica per una trentina di minuti, in attesa di recuperare la piena lucidità. Se si ha sete, in questa fase si può bere un po' d'acqua.
Una volta riaccompagnati a casa, è bene restare a riposo tutto il giorno. Per 24 ore non si può guidare né praticare altre attività che richiedano attenzione e riflessi pronti, né maneggiare attrezzi pericolosi, né assumere bevande alcoliche. Già nel giorno in cui si è stati sottoposti all'esame si può riprendere a mangiare normalmente, cominciando da cibi leggeri. Si può poi tornare alle proprie abitudini alimentari consuete, così come all'assunzione dei farmaci che erano stati eventualmente sospesi, secondo i tempi indicati dal medico.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Michela Vuga