Ultimo aggiornamento: 21 ottobre 2020
Tempo di lettura: 24 minuti
La radioterapia è una terapia localizzata, non invasiva, indolore, effettuata per lo più in regime ambulatoriale, in grado di provocare la necrosi ovvero la morte delle cellule del tumore attraverso l’utilizzo di radiazioni di elevata energia chiamate radiazioni ionizzanti. Si stima che circa il 60 per cento dei malati di tumore, nel percorso di cura, sia sottoposto ad almeno un ciclo di radioterapia.
È considerata una sorta di “chirurgia virtuale”, visto che in alcuni contesti si propone quale alternativa alla chirurgia tradizionale, come nel caso del tumore della prostata o di quelli del rinofaringe, che per la posizione in cui si trovano sono difficilmente operabili.
Spesso è comunque associata ad altri trattamenti, come la chirurgia vera e propria o la chemioterapia.
In genere la radioterapia utilizza i raggi X, impiegati in medicina da molto tempo: sono stati scoperti più di un secolo fa e da allora sono usati sia a scopo diagnostico, come nel caso delle radiografie, sia a scopo terapeutico, nel caso appunto della radioterapia. Ovviamente le dosi di raggi X e le modalità di somministrazione sono differenti a seconda degli usi:
La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia prodotte da specifiche apparecchiature chiamate acceleratori lineari (linac).
Le radiazioni sono dirette contro la massa tumorale e danneggiano la capacità delle cellule cancerose di moltiplicarsi: il tumore così trattato non è più in grado di crescere e si riduce progressivamente. Quando le cellule cancerose muoiono, il corpo le elimina.
Sebbene la precisione della radioterapia sia aumentata sempre di più nel corso degli anni, può accadere che alcune cellule sane, vicine alla zona malata, siano colpite dalle radiazioni. Rispetto alle cellule tumorali, però, quelle sane sanno riparare meglio il danno inflitto dalle radiazioni, ragione per cui è possibile effettuare trattamenti efficaci di radioterapia con effetti collaterali in genere contenuti. Per valutare la risposta alla terapia bisogna comunque attendere 6-8 settimane dal termine dei trattamenti.
A seconda del tipo di tumore e delle condizioni cliniche del paziente la radioterapia può essere utilizzata con diversi obiettivi:
La radioterapia può essere somministrata in due modi:
A differenza di quanto comunemente si crede, non rientra nell’ambito della radioterapia la cosiddetta terapia radiometabolica, che prevede la somministrazione di un liquido radioattivo che viene captato in maniera specifica dalle cellule tumorali, utilizzata per esempio nella cura del tumore alla tiroide (https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/guida-ai-tumori/tumore-della-tiroide). I medici di riferimento per questo tipo di trattamenti sono gli specialisti in medicina nucleare.
Il trattamento di radioterapia è personalizzato per ciascun paziente a seconda del tipo di tumore, delle sue dimensioni, della localizzazione nell'organismo e delle condizioni del paziente stesso. Quindi non esiste in assoluto una radioterapia migliore o più efficace di un’altra. Per esempio, quando il volume della massa tumorale è ampio, come per alcuni tumori del polmone o della mammella, si utilizza la radioterapia a modulazione di intensità; invece per volumi piccoli, come avviene in caso di un tumore dell’encefalo o un piccolo tumore del polmone o una piccola metastasi, in genere si preferisce la radioterapia stereotassica. L’obiettivo è applicare la migliore tecnica disponibile per ogni singolo caso.
In relazione a diversi fattori, oltre al tipo di radioterapia più indicata e al metodo di somministrazione, viene stabilita la dose di radiazioni complessiva necessaria a distruggere il tumore, in quante frazioni vada somministrata e con quale frequenza, determinando dunque la durata della terapia. A redigere e a realizzare il piano di cura di un paziente che deve sottoporsi a radioterapia è un’equipe di specialisti che agiscono in stretta collaborazione.
In genere il gruppo è formato da:
Nella radioterapia esterna, le radiazioni ionizzanti ad alta energia (raggi X, irradiazioni gamma di cobalto, oppure fasci di particelle come protoni ed elettroni), sono emesse da un apparecchio che si trova all'esterno del corpo del paziente. Questo apparecchio, che non entra in contatto diretto con il corpo e non provoca alcun dolore, fa convergere le radiazioni nel punto preciso dove si trova il tessuto tumorale da distruggere.
L'evoluzione tecnologica ha consentito di mettere a punto molti tipi di dispositivi e di tecniche, con caratteristiche diverse, e l’oncologo radioterapista sceglierà i più appropriati per il singolo paziente a seconda del tipo di tumore e della sua localizzazione.
Oggi praticamente tutta la radioterapia è guidata da imaging: ciò significa che prima della seduta (ma a volte anche durante) si effettua un esame radiologico per verificare il punto esatto su cui verrà somministrata la dose di radiazioni.
Alcuni tipi di radioterapia esterna sono:
Pur con alcune differenze fra una tecnica e l'altra, in sintesi la procedura è generalmente questa: per prima cosa si definisce il "bersaglio", cioè la posizione del tumore, con apposite indagini diagnostiche e ricostruzioni tridimensionali; in seguito, per proteggere le parti sane, si utilizzano apposite schermature personalizzate tramite lamelle (radioterapia 3D-conformazionale) o modulazione della dose (radioterapia a intensità modulata) che si trovano all'interno dell'apparecchio; esse permettono quindi di dirigere il fascio di radiazioni nel modo voluto.
No, di solito la radioterapia esterna non richiede un ricovero. Si effettua in regime ambulatoriale, cioè ci si reca ogni volta in ospedale per il trattamento, terminato il quale si ritorna a casa propria. Il paziente nel periodo in cui si sottopone a radioterapia non è radioattivo, per cui può proseguire normalmente con la propria vita (se non in caso di brachiterapia, quando le sorgenti radioattive sono inserite nel corpo del paziente).
Il personale di radioterapia darà tutte le indicazioni necessarie riguardo i trasporti per raggiungere l’ospedale e, se fosse necessario, potrà organizzare il trasporto con una navetta o con l’ambulanza. Per chi abita molto lontano dall'ospedale, per esempio proviene da un'altra città, l'ospedale può talvolta avere a disposizione degli ostelli, o indicare strutture convenzionate o gruppi di volontariato che possono dare ospitalità.
Il trattamento dura solo pochi minuti ma occorre tempo per la fase di preparazione e per collocare il paziente in una posizione precisa (verificata tramite sistemi guidati dalle immagini). In totale dunque sono necessari 15-20 minuti. In genere si effettua una seduta di radioterapia al giorno dal lunedì al venerdì, con pausa il sabato e la domenica. In qualche caso invece la radioterapia viene somministrata due volte al giorno o a giorni alterni. Il periodo di trattamento complessivo dura in media qualche settimana (intorno alle 20-25 sedute). In casi specifici lo schema di radioterapia prevede un’unica seduta e in questo caso il trattamento si definisce radiochirurgia. Le nuove tecnologie hanno permesso di ridurre il numero delle sedute, utilizzando schemi ipofrazionati dove la dose giornaliera è più alta rispetto agli schemi normofrazionati.
È normale sentirsi agitati o preoccupati quando si deve sottoporsi a radioterapia: chiedere allo staff chiarimenti sulla procedura e la terapia stessa aiuta a sgomberare il campo da dubbi e timori.
La radioterapia esterna non è dolorosa e terminata la terapia quotidiana si può tornare alle proprie attività.
Nonostante si siano ricevute radiazioni, non rimane traccia di radioattività nel corpo del paziente, quindi ci si può avvicinare a chiunque senza temere di arrecare alcun danno, comprese donne in gravidanza e bambini.
Grazie all'evoluzione della tecnologia, in molti dei pazienti sottoposti a radioterapia non compaiono effetti collaterali e molti di loro continuano a svolgere le attività abituali, lavoro compreso. Le persone tuttavia reagiscono in modo diverso alla cura: qualcuno ha maggiore bisogno di riposo e riduce quindi i propri impegni.
In alcuni pazienti possono comparire effetti collaterali (vedi alla voce effetti collaterali), che tuttavia possono essere ridotti e in parte prevenuti con appositi accorgimenti o terapie.
Prima di iniziare il trattamento vero e proprio, è prevista la “fase di simulazione". Si chiama così proprio perché l'apparecchiatura usata è simile a quella utilizzata per la radioterapia esterna e si muove nello stesso modo, mentre il paziente viene fatto collocare sul lettino come se dovesse ricevere il trattamento. In questa fase però la macchina TC, invece che somministrare le radiazioni, raccoglie immagini del paziente (della sua anatomia interna), del tumore e della sua posizione, e le invia al computer in modo che l’oncologo radioterapista possa definire il bersaglio e avere chiaro dove si trovino gli organi circostanti. Su questa base viene successivamente elaborato il piano di cura, che comprende la direzione del fascio di radiazioni, il calcolo della dose e tutti i parametri necessari alla seduta di radioterapia.
È in questa fase che la posizione che il paziente dovrà mantenere durante le sedute di radioterapia viene registrata accuratamente e sulla sua pelle vengono segnati i punti di riferimento utilizzando dei piccoli tatuaggi.
Possono infine essere predisposti appositi "sostegni" su misura, per fare in modo che le parti del corpo interessate siano mantenute immobili durante la radioterapia (per esempio per il collo, o un arto). Per il volto o la testa vengono preparate apposite "maschere" in materiale plastico trasparente, termoresistente.
Avere sul volto questa maschera può risultare fastidioso all'inizio, fare un po' impressione o dare un leggero senso di claustrofobia. È bene avvisare lo staff di radioterapia se ci si sente a disagio. La maggior parte dei pazienti comunque vi si abitua immediatamente. Inoltre, molte di queste maschere sono morbide e flessibili, permettendo un buon comfort e la possibilità di respirare normalmente poiché lasciano liberi sia la bocca sia il naso.
Per alcuni pazienti che devono essere sottoposti a trattamento radiante viene scelta una modalità di radioterapia interna. In questo caso, metalli radioattivi (per lo più iridio, cesio e palladio) vengono collocati all'interno del tumore o molto vicino a esso, rilasciando radiazioni direttamente sulla massa tumorale. Il trattamento si definisce brachiterapia (dal greco brachýs = corto) o anche radioterapia di contatto: in questo caso infatti la sorgente di radiazioni è posta direttamente a contatto con il bersaglio che deve colpire. A sua volta, la brachiterapia può essere distinta in quattro forme:
Anche nella radioterapia interna, come sempre nel piano di trattamento radioterapico, la scelta di uno o dell'altro tipo di trattamento viene attentamente valutata in base alle caratteristiche e dimensioni del tumore, alla sua posizione nel corpo e alle condizioni del paziente: l’oncologo radioterapista stabilisce il trattamento più efficace e più adatto al singolo caso.
Nella brachiterapia interstiziale, si effettua un piccolo intervento chirurgico per inserire nel tumore minuscole sonde di metallo radioattivo (per esempio aghi o "semi", ovvero minuscoli cilindretti). Nella brachiterapia endocavitaria, il materiale radioattivo può essere anche immesso tramite un dispositivo a forma di sottile tubicino di plastica, chiamato catetere o applicatore, che viene inserito all'interno di una cavità naturale. Per la cura del melanoma uveale, la placca radioattiva viene inserita in corrispondenza del tumore con un intervento chirurgico, e lasciata in loco per il tempo necessario all’emissione della dose di radiazioni stabilita.
In base al trattamento varia la durata del ricovero ospedaliero. Può essere somministrata una leggera anestesia locale o anche un'anestesia generale, a seconda del tipo di sorgente radioattiva da posizionare e della sede da trattare. La sorgente viene lasciata all'interno del corpo per un certo periodo di tempo: in alcune terapie solo per alcuni minuti, in altre per alcuni giorni (dipende dall’attività della sorgente e dalla dose necessaria per lo specifico tumore), dopodiché viene rimossa. Nel caso di brachiterapia per un carcinoma prostatico, i “semi” esauriscono la radioattività nell’arco di alcuni mesi, non vengono rimossi e rimangono inattivi all’interno della prostata per tutta la vita.
Anche per la radioterapia interna è prevista una fase di "simulazione", in cui l’oncologo radioterapista stabilisce la posizione in cui dovranno essere collocate le sorgenti radioattive: spesso viene effettuata mediante una seduta ambulatoriale, ma a volte occorre la somministrazione di un'anestesia e quindi un breve ricovero.
Un paziente sottoposto a radioterapia interna può emettere una piccola dose di radiazioni fino a quando la sorgente è posizionata nel corpo. Si tratta di un periodo breve, durante il quale bisogna evitare il contatto con altre persone ed è necessario il ricovero in una stanza singola e schermata.
Nel caso della brachiterapia per carcinoma prostatico, viene rilasciata una elevata dose di radiazioni nella zona tumorale, ma la radioattività si estende solo per pochi millimetri nei dintorni, quindi non viene propagata all'esterno del corpo. Il paziente, cioè, non emette radioattività e non rappresenta un pericolo per le altre persone. In genere comunque, per prudenza, si consiglia di non avere stretti contatti con bambini e donne in gravidanza per un periodo di tempo variabile in base alla sostanza radioattiva utilizzata fino a 6 mesi dal trattamento.
Per questo motivo è opportuno seguire alcuni accorgimenti che vengono definiti “norme di protezione” e che vengono prescritti esclusivamente dallo specialista:
È importante tenere presente che in genere la permanenza in queste condizioni di ricovero "protetto" è molto breve, spesso solo uno o due giorni, e che le misure di sicurezza sono necessarie, come abbiamo già scritto, solo finché la sorgente radioattiva è posizionata nell'organismo.
Gli effetti collaterali che il trattamento può provocare sono legati alla possibilità che le radiazioni colpiscano – sebbene in misura minore – i tessuti sani vicini al tumore, provocando quindi alcuni disturbi (fenomeni infiammatori della zona radiotrattata). Il modo in cui questi si manifestano è molto variabile da un paziente all'altro: alcuni avvertono solo lievi fastidi, altri più intensi, e ciò dipende sia dalle condizioni di salute generali, sia dalla sede del tumore e dal tipo di trattamento cui si è sottoposti. Possono inoltre comparire sia durante il trattamento, in genere verso la fine del periodo previsto, e sono definiti effetti a breve termine, sia dopo qualche tempo, e sono dunque considerati effetti a lungo termine.
È bene chiedere in anticipo al medico quali saranno i disturbi più probabili nel proprio caso, e gli accorgimenti e le precauzioni da assumere per minimizzare i sintomi. Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi gli effetti collaterali, sebbene fastidiosi, sono di lieve o modesta entità, e scompaiono in genere dopo qualche settimana, una volta terminato il trattamento. Solo in alcuni pazienti durano più a lungo, o richiedono terapie specifiche.
Vediamo quali sono gli effetti collaterali più frequenti e i loro possibili rimedi.
Molti pazienti si sentono più stanchi del solito nel periodo in cui sono sottoposti a radioterapia, specie dopo le prime settimane, e a volte questo disturbo può durare anche per qualche tempo dopo la fine del trattamento.
Perché ci si sente più stanchi?
Il corpo è intento a riparare le cellule sane eventualmente colpite dai raggi: un processo che richiede energia ed è faticoso. Più raramente la stanchezza potrebbe dipendere da un transitorio abbassamento del numero di globuli rossi (anemia), specie nei pazienti in cui le zone del corpo irradiate sono più estese: per questo motivo il medico prescriverà periodici esami del sangue e, se necessario, consiglierà una cura per l'anemia.
Cosa fare?
Si consiglia di riposare quanto necessario, in base a come ci si sente, e di muoversi per quanto possibile, per esempio facendo brevi passeggiate o un'altra attività fisica leggera a piacere, scegliendo il momento della giornata in cui ci si sente meno affaticati, e senza esagerare. È dimostrato da ricerche scientifiche che ciò è utile a ridurre la sensazione di stanchezza.
Le reazioni della pelle alla radioterapia dipendono dal tipo di pelle e dall'estensione dell'area trattata: in generale diviene più “delicata”, e gradualmente, dopo alcune sedute, possono comparire arrossamenti e irritazione, come un eritema solare. L’oncologo radioterapista di norma controlla la situazione ma in ogni caso è bene informarlo qualora ci si accorga che qualcosa alla propria pelle non va: in caso di reazioni importanti, infatti, il medico può decidere di sospendere il trattamento.
Come avere una buona cura della pelle durante la radioterapia?
Innanzitutto è importante attenersi scrupolosamente alle indicazioni date in proposito dall'oncologo radioterapista.
In generale, è bene tenere presente questi consigli:
Questi consigli valgono per l'area di pelle esposta alla radioterapia e per quella nelle immediate vicinanze, mentre il resto della cute può essere trattata normalmente.
Inoltre, è opportuno tener presente che nella maggior parte dei casi gli effetti sulla pelle sono transitori. In alcuni casi possono però comparire effetti duraturi, quali un colorito più scuro, oppure piccole chiazze rosse dovute a dilatazioni dei capillari (teleangectasie): non sono effetti preoccupanti, anche se possono dare fastidio dal punto di vista estetico; vi si potrà comunque porre rimedio con uno speciale trucco (camouflage).
La radioterapia può far cadere peli e capelli, ma esclusivamente nell'area trattata. La peluria delle aree corporee non sottoposte a trattamento non viene in alcun modo danneggiata. In ogni caso, nella maggior parte dei pazienti i capelli e i peli ricrescono dopo alcune settimane dal termine del trattamento.
A molte persone che si sottopongono alla radioterapia capita di avvertire un cambiamento delle proprie condizioni emotive. Alcuni si sentono più ansiosi e nervosi, altri più tristi e depressi. Si può provare ansia, perdita di speranza, rabbia, depressione, voglia di piangere per un nonnulla. Non si tratta di emozioni causate direttamente dalla radioterapia, ma di stati d'animo comuni a chi deve affrontare la malattia, in particolare un tumore, favoriti dal necessario cambiamento delle abitudini di vita quotidiana e dalla preoccupazione per la malattia e le cure cui bisogna sottoporsi. Parlarne con il medico del team di radioterapia può essere molto utile per affrontare meglio la situazione.
Altri effetti collaterali possono comparire a seconda delle zone corporee trattate, sia a breve sia a lungo termine. Per esempio, in caso di radioterapia allo stomaco possono comparire disturbi dell'appetito e della digestione, oppure in caso di irradiazione al cavo orale può manifestarsi secchezza alla bocca, e così via, a seconda della sede corporea interessata. È importante parlare con l’oncologo radioterapista di riferimento degli eventuali effetti collaterali per prevenirne la comparsa e attenuarne i sintomi.
Proseguire o meno l'attività lavorativa durante la radioterapia è una scelta che varia da caso a caso. Innanzitutto dipende dalle condizioni generali del paziente, poi dalla sua risposta al trattamento e infine dal tipo di attività lavorativa svolta. Non vi è in altre parole una controindicazione assoluta a continuare a svolgere il proprio lavoro, purché non si tratti di un'attività faticosa dal punto di vista fisico.
Se si è in buone condizioni e il tumore non provoca disturbi, se gli effetti collaterali dovuti alla radioterapia non compaiono o sono di modesta entità, e soprattutto se si desidera farlo, si può proseguire il proprio lavoro, magari riducendo l'orario. Altrimenti si può usufruire del previsto congedo per malattia. Nella decisione conta ovviamente il parere del medico, che darà al paziente il consiglio più adeguato nel singolo caso.
Nel periodo in cui si è sottoposti a un trattamento di radioterapia è importante seguire una sana alimentazione e bere molti liquidi. In queste condizioni l'organismo ha bisogno di proteine e di un buon apporto di energia, cioè di calorie. È quindi importante scegliere cibi quali carne, pesce, uova, formaggio, latte intero, legumi, frutta secca. Il medico comunque prima di iniziare il trattamento fornisce indicazioni precise su come mangiare e, a volte, c’è anche la possibilità di fare un colloquio con un dietista.
Normalmente l’oncologo radioterapista e i membri dell'équipe forniscono tutte le informazioni e le spiegazioni necessarie ma, prima di iniziare il trattamento, è bene sgomberare il campo da ogni possibile dubbio o timore, rivolgendo al medico alcune domande a proposito della radioterapia, su come viene fatta e sui possibili effetti collaterali. Ciò permetterà da un lato di affrontare il trattamento più serenamente e di pianificare meglio le proprie attività, e dall'altro di essere più preparati a riconoscere prontamente eventuali effetti collaterali qualora dovessero comparire, a sapere come comportarsi e a mettere in atto tutte le strategie utili a prevenirli.
Ecco tre diverse liste di domande utili: una sulla radioterapia in generale, una sulle modalità e una sui possibili effetti collaterali.
Domande generali sulla radioterapia
Domande sulle modalità del trattamento
Domande sugli effetti collaterali
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Michela Vuga