È possibile curare il cancro con rimedi omeopatici?

No, l’omeopatia è considerata dalla scienza una pratica senza fondamento. Tutti gli studi effettuati sull’uso di rimedi omeopatici nella cura del cancro non hanno dimostrato alcuna efficacia.

Ultimo aggiornamento: 5 agosto 2024

Tempo di lettura: 11 minuti

In sintesi

  • L’omeopatia è una teoria pseudo-scientifica basata su principi incompatibili con le attuali conoscenze della medicina, della chimica e della fisica.
  • Nei rimedi omeopatici non si trova traccia di alcuna sostanza attiva, ma soltanto acqua, alcol o zucchero a seconda della preparazione.
  • Diversi studi, revisioni e metanalisi hanno cercato di dimostrare un’efficacia dell’omeopatia nella cura del cancro, senza riuscirci.
  • L’uso dell’omeopatia come medicina complementare, cioè a fianco delle cure convenzionali di provata efficacia, è apparentemente priva di rischi. Tuttavia, gli studi dimostrano che spesso i pazienti che si rivolgono a un medico che prescrive rimedi alternativi hanno una minore adesione ai trattamenti efficaci e quindi, non curandosi, corrono il rischio di avere una prognosi peggiore.

Cos'è l'omeopatia

  • L'omeopatia è una pratica terapeutica pseudo-scientifica formulata dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà dell’Ottocento. Si basa su 2 principi che la scienza medica moderna non è mai riuscita a dimostrare come validi: il primo è il principio dei simili, che presuppone che un sintomo o una malattia possano essere curati da sostanze, di origine animale o vegetale, in grado di indurre, in una persona sana, lo stesso sintomo o lo stesso disturbo;
  • il secondo principio dell’omeopatia è la diluizione: le sostanze individuate in base al primo principio vengono somministrate dopo esser state abbondantemente diluite. Il più delle volte la diluizione è tale che anche le sofisticate macchine moderne per l’analisi chimica non sono più in grado di rilevare alcuna traccia delle sostanze inizialmente presenti.

L'omeopatia è quindi una teoria senza fondamento i cui preparati, in base a quanto sappiamo sul funzionamento della materia e del corpo umano, non possono aver alcun effetto terapeutico sull’organismo. Se funzionasse dovremmo pensare che le attuali conoscenze fisiche, chimiche e mediche sono essenzialmente sbagliate.

E se si trattasse di un meccanismo ancora sconosciuto?

Diversi scienziati hanno tentato di dimostrare che esistono in natura meccanismi tutt’ora sconosciuti in grado di spiegare come una soluzione (a base di acqua o alcol) possa modificare le proprie proprietà solo per essere stata in contatto con quantità infinitesime di un soluto (il principio attivo). Sono state ipotizzate diverse teorie, tra le quali la cosiddetta “memoria dell’acqua”, un’idea avanzata nel 1988 dal medico e immunologo francese Jacques Benveniste e pubblicata (con riserva del direttore) sulla prestigiosa rivista Nature. L’esperimento di Benveniste non è mai stato replicato, neppure dal suo stesso laboratorio, e l’articolo è stato poi ritrattato per frode.

In anni più recenti alcuni fisici hanno tentato di dimostrare che una particolare modalità di preparazione dei prodotti omeopatici sarebbe in grado di “conservare” le proprietà della sostanza attiva anche se chimicamente di questa non vi è più traccia. Tale modalità prevede, oltre alla diluizione, anche la cosiddetta succussione o agitazione del rimedio, in grado di produrre nanobolle di gas. Anche questa teoria non è mai stata scientificamente dimostrata.

Sono stati fatti studi sull'omeopatia con gli stessi criteri con cui si studiano i farmaci?

Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati condotti molti studi clinici nel tentativo di dimostrare che l’omeopatia può prevenire o curare le malattie, compreso il cancro. Per nessuno dei preparati omeopatici studiati è stato possibile dimostrare un’efficacia superiore al placebo, ovvero a un miglioramento indotto dal semplice fatto che i pazienti sono stati presi in cura e che sono stati loro prescritti dei prodotti, anche se inefficaci. L’effetto placebo è presente in ogni terapia, è noto da molto tempo e si somma, anche nel caso di farmaci convenzionali, agli effetti della sostanza attiva. Nel caso di prodotti omeopatici, non esistono sostanze attive ma la somministrazione agisce soltanto come effetto placebo.

A marzo 2015, alcuni esperti del National Health and Medical Research Council australiano (NHMRC), l’equivalente del nostro ministero della salute e della ricerca messi assieme, hanno pubblicato un ampio rapporto in cui hanno analizzato i principali studi scientifici sull’omeopatia per tutte le possibili malattie. Gli esperti hanno identificato 57 revisioni sistematiche (cioè ricerche che hanno fatto il punto su un determinato argomento analizzando lo stato dell’arte al momento della pubblicazione) per un totale di 176 studi singoli. Per correttezza metodologica, l’NHMRC ha scelto solo studi che mettevano a confronto il destino di un gruppo di pazienti trattati con rimedi omeopatici con quello di pazienti ai quali non era stato dato alcun trattamento oppure un trattamento medico standard. Si tratta di studi che si definiscono “controllati” perché gli effetti di ciò che si sta studiando sono confrontati con gli effetti che compaiono in un gruppo di controllo trattato diversamente.

La conclusione del rapporto è che non ci sono prove di efficacia dell’omeopatia per nessuna delle malattie o condizioni prese in esame. La raccomandazione finale è che l’omeopatia non debba essere usata per curare malattie croniche o gravi, oppure che possono diventare croniche o gravi se non trattate adeguatamente.

In mancanza di singoli studi convincenti, coloro che sono favorevoli all’omeopatia a volte ricorrono alle metanalisi per sostenere la propria tesi. Una metanalisi permette di “sommare” statisticamente i dati ottenuti da più studi pubblicati in precedenza su un argomento: se questi sono di buona qualità, una metanalisi può fornire una visione generale del problema, più ampia di quella che si può ottenere da un singolo studio. Il risultato delle metanalisi può però essere influenzato da distorsioni, come dimostrano i risultati di una ricerca, recentemente pubblicata su BMJ Evidence-Based Medicine, una rivista scientifica dedicata alla medicina basata sulle evidenze. In questa ricerca sono state prese in esame 20 metanalisi di studi sull’omeopatia ed è emerso che gli autori di 13 di esse avevano conflitti di interessi, essendo legati a un’azienda omeopatica o a centri in cui si pratica l’omeopatia, oppure gli studi erano sponsorizzati o finanziati da un’azienda omeopatica. Confrontando le metanalisi con conflitto di interessi con quelle prive di conflitto si può osservare che le prime hanno maggiori probabilità di avere risultati favorevoli delle seconde. Ciò probabilmente è dovuto alla scelta degli studi che vengono inclusi: se si adottano criteri arbitrari per includere principalmente studi con risultati positivi, si “spinge” il risultato della metanalisi in quella direzione. I risultati pubblicati su BMJ Evidence-Based Medicine mostrano anche che le metanalisi con conflitto di interesse includono più spesso delle altre studi pubblicati su riviste non indicizzate dal più grande database della letteratura biomedica (Pubmed), facenti parte di quella che viene chiamata “letteratura grigia”, non sottoposta alla valutazione critica di esperti che ne garantiscono la qualità.

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Esistono studi specifici sul cancro?

Si stima che circa un terzo dei malati di cancro faccia ricorso, in un momento o l’altro della propria vicenda, a forme di medicina alternativa. Tra queste l’omeopatia gode di una posizione privilegiata perché è ritenuta essere innocua e priva di effetti collaterali. D’altronde una sostanza che non ha effetto alcuno sull’organismo non può nemmeno indurre effetti negativi.

Nel 2005 sulla rivista medica The Lancet è stata pubblicata una metanalisi di tutte le ricerche sugli effetti dell’omeopatia sul cancro. Questa metanalisi ha considerato anche la possibilità che gli effetti benefici riportati dai malati curati con omeopatia potessero essere dovuti all’effetto placebo. In effetti essa ha dimostrato che, una volta eliminati alcuni errori metodologici, gli studi sull’omeopatia mostravano solo un generico miglioramento del benessere della persona, assimilabile, per tipo e intensità, all’effetto placebo. I malati trattati invece con farmaci convenzionali (chemioterapici o simili) mostravano effetti specifici e intensi.

Nel 2006, sulla rivista European Journal of Cancer è apparsa una revisione della letteratura sul rapporto tra omeopatia e cancro, che ha rilevato nuovamente l’assenza di efficacia dimostrata.

È possibile usare l'omeopatia per lenire gli effetti collaterali dei trattamenti?

In teoria, date le premesse che rendono l’omeopatia incompatibile con le attuali conoscenze scientifiche, non c’è ragione per cui un rimedio omeopatico sia in grado di mitigare gli effetti collaterali delle cure anticancro. Nonostante ciò, nel 2009 è stata condotta una revisione di 8 studi farmacologici (gli unici di qualità scientifica sufficiente). Tra questi, 2 sembravano mostrare una qualche efficacia. In un caso si dimostrava che una pomata di calendula (non diluita ma a dosaggio pieno, come quello usato in fitoterapia) è più efficace di una comune crema antinfiammatoria nel prevenire gli arrossamenti della pelle durante la radioterapia. Data la non diluizione, si tratterebbe però di un prodotto fitoterapico e non omeopatico. L’omeopatia può utilizzare infatti sia rimedi diluiti sia fitoterapici, ovvero con composti derivati dalle piante, la cui efficacia è spesso nota da secoli e che costituiscono la base di terapie utilizzate anche nella medicina convenzionale.

La distinzione tra prodotto omeopatico diluito (nel quale non si trova traccia di principi attivi) e prodotto fitoterapico (contenente erbe) è essenziale per non farsi ingannare: i medici omeopatici utilizzano ambedue i tipi, ma nel caso della fitoterapia vi sono principi attivi chimicamente rilevabili e spesso già noti in medicina da secoli, mentre nel prodotto omeopatico non vi è nulla di tutto ciò.

I risultati di un secondo studio con soli 32 pazienti hanno mostrato che un prodotto omeopatico contenente estratti di diverse erbe era efficace nel prevenire l’infiammazione delle mucose, tipica della chemioterapia. Anche in questo caso si tratta di un prodotto in cui i principi attivi non sono diluiti, ma basati su estratti di piante. Nonostante ciò, lo scarso numero di pazienti coinvolti non permette di giungere a conclusioni certe.

I dati ottenuti da 2 piccoli studi avrebbero poi dimostrato un effetto dell’omeopatia nel ridurre i sintomi della menopausa in donne colpite da cancro del seno. Nel 2010, tuttavia, una grande revisione di tutti gli studi sulla relazione tra omeopatia e menopausa ha negato che vi possa essere un effetto positivo.

Infine, i risultati ottenuti da uno studio tedesco del 2011 dimostrerebbero che i pazienti trattati con omeopatia hanno una qualità di vita migliore e meno sintomi di stanchezza dei pazienti che non ricevono cure omeopatiche. Lo studio è stato però condotto solo con 22 pazienti, un numero insufficiente per giungere a conclusioni statisticamente valide.

Quali rischi sono associati all’omeopatia?

Nel 2017 l’European Academies’ Science Advisory Council (EASAC), un comitato che riunisce rappresentanti delle accademie nazionali delle scienze dei vari stati europei, ha espresso chiaramente la propria posizione in materia, dichiarando che “le affermazioni riguardo all’efficacia dell’omeopatia sono implausibili e incompatibili con i concetti scientifici assodati”. Nel documento di sintesi, il gruppo di lavoro dell’EASAC ha anche espresso timori riguardo alla sicurezza di questa pratica e preoccupazione per le sue implicazioni.

Non appartenendo alla categoria dei farmaci, i rimedi omeopatici non devono rispettare le buone pratiche di fabbricazione (Good Manifacturing Practices, GMP), che garantiscono che il prodotto finito sia sicuro ed efficace. I prodotti omeopatici dovrebbero essere diluiti al punto da non contenere sostanze attive, il che teoricamente li renderebbe innocui, ma ciò potrebbe non essere sempre vero nella pratica. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA), l’autorità regolatoria dei farmaci, ha registrato alcuni decessi tra bambini piccoli a cui erano state somministrate pillole omeopatiche per allievare il dolore da dentizione. In queste pillole erano presenti concentrazioni variabili di belladonna, una pianta tossica.

La promozione e l’uso dei prodotti omeopatici rischiano di produrre danni significativi”, secondo il parere dell’EASAC, in quanto possono ritardare il momento in cui i pazienti cercano assistenza medica appropriata o, peggio, possono scoraggiarli dal farlo; inoltre, possono minare la fiducia dei pazienti nel valore delle evidenze scientifiche.

In effetti, i pazienti che ricorrono alla medicina alternativa tendono a sottrarsi ai percorsi di cura convenzionali. Lo dimostrano i risultati di uno studio del 2018, pubblicati sulla rivista JAMA Oncology. Nello studio, il destino di oltre 250 pazienti con tumori curabili che avevano utilizzato terapie alternative e complementari è stato paragonato a quello di oltre 1.000 pazienti, con caratteristiche simili agli altri malati (età, sesso, tipo di tumore), che non ne avevano fatto uso. La percentuale di pazienti che aveva rifiutato approcci terapeutici standard era enormemente più alta nel primo gruppo e questo valeva non solo per radioterapia (53 per cento contro 2,3 per cento), chemioterapia (34,1 per cento contro 3,3 per cento) e terapia ormonale (33,7 per cento contro 2,8 per cento), ma anche per la chirurgia (7 per cento contro 0,1 per cento). La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di tumore dei pazienti che avevano usato terapie non convenzionali era più bassa e il rischio di morire era 2 volte più alto rispetto ai pazienti che si erano affidati solamente a cure di provata efficacia.

In conclusione

Negli studi effettuati secondo i criteri minimi richiesti dalla medicina scientifica, i rimedi omeopatici non hanno dimostrato di avere effetti positivi sulla salute, e tantomeno sull’evoluzione del cancro. Alcuni studi su rimedi utilizzati da medici omeopati (ma in realtà basati su estratti fitoterapici a concentrazioni chimicamente rilevabili) hanno dimostrato, in studi molto piccoli, qualche beneficio contro gli effetti collaterali delle cure, ma sono necessari ulteriori studi, con campioni più numerosi, per arrivare a una conclusione attendibile.

In linea generale, le maggiori istituzioni internazionali sconsigliano di ricorrere all’omeopatia nella terapia del cancro poiché utilizza rimedi spesso dispendiosi e di efficacia non dimostrata. Il problema maggiore è che non tutti gli omeopati accettano di usare tali rimedi come medicina complementare, cioè a fianco delle cure convenzionali di provata efficacia, ma chiedono ai malati di utilizzarli in alternativa e in modo esclusivo, o almeno di ridurre i dosaggi delle chemioterapie, con gravi rischi. Tale problema è stato segnalato, per esempio, anche in una storica presa di posizione del Comitato per la scienza e la tecnologia della Camera dei comuni britannica nel 2010 contro il Sistema sanitario nazionale (NHS), che garantiva le cure omeopatiche a carico dello Stato. Nel 2017 l’NHS ha deciso di non sostenere più i costi di tali cure, ingiustificati data l’assenza di prove di efficacia. La decisione è stata sostenuta dalla Corte suprema che, nel 2018, ha respinto il ricorso dell’Associazione britannica per l’omeopatia.

Infine, gli studi dimostrano che in molti casi i pazienti che si rivolgono alle medicine alternative hanno anche una minore adesione alle cure tradizionali, col rischio di peggiorare la propria prognosi.

Testo originale pubblicato in data 6 luglio 2021

Testo aggiornato pubblicato in data 5 agosto 2024

  • Agenzia Zoe