Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2024
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L’ipotesi deriva dal fatto che i nitrati (NO3-) possono essere convertiti in nitriti (NO2-) all’interno del nostro organismo e possono agire da precursori di composti considerati cancerogeni.
Il nitrato è un sale stabile e poco tossico, presente in tutte le acque potabili e in diversi alimenti di origine sia animale sia vegetale. Quando il nitrato è ingerito, circa il 20 per cento può essere trasformato in nitrito. Il nitrito, a sua volta, quando raggiunge stomaco e intestino, può dare origine ad alcuni composti N-nitrosi, le cosiddette nitrosammine, che sono considerate cancerogene: se introdotte direttamente e a dosi elevate, possono infatti indurre alcuni tipi di tumore.
La loro cancerogenicità è stata descritta per la prima volta nel 1956, quando John Barnes and Peter Magee, due scienziati inglesi, dimostrarono che una di queste sostanze, la dimetilnitrosammina, provocava tumori del fegato nei ratti. Tuttavia non bisogna confondere i nitrati con i loro derivati cancerogeni. Infatti, la relazione tra la formazione di tumori e l’introduzione di nitrati attraverso l’acqua e il cibo non è stata dimostrata. Inoltre, bisogna considerare le concentrazioni: quelle di nitrati e nitriti nell’acqua potabile sono molto basse, quasi inesistenti.
In Italia le concentrazioni massime delle sostanze disciolte nelle acque per uso potabile, inizialmente regolamentate dal decreto legislativo 31/2001, sono oggi regolamentate dal decreto legislativo del 23/02/2023 (“Attuazione della direttiva UE 2020/2184 del parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”). Le autorità hanno stabilito che i nitriti debbano avere una concentrazione inferiore a 0,5 mg/L, mentre per i nitrati la massima concentrazione consentita è 50 mg/L. Si ritiene che entro questi limiti le acque potabili possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita. I controlli sanitari che sono svolti regolarmente sugli acquedotti riportano che, nella maggior parte delle città italiane, la concentrazione di nitrati e nitriti è ben al di sotto dei limiti legali.
Questi dati sono coerenti con quelli raccolti da Altroconsumo, l’associazione dei consumatori che analizza regolarmente la qualità dell’acqua potabile: secondo queste analisi, l’acqua prelevata dalle fontanelle di diverse città italiane è di ottima qualità, paragonabile a quella delle acque in bottiglia. Inoltre va ricordato che il motivo per cui è stato fissato un valore massimo per i nitrati nell’acqua potabile non dipende dalla loro possibile cancerogenicità, ma piuttosto da una forma di tossicità acuta che può colpire i neonati di pochi mesi se l’acqua è utilizzata per ricostituire il latte in polvere o preparare le pappe. In questo caso alte concentrazioni di nitrati possono causare metaemoglobinemia, ossia l’accumulo nel sangue di una forma alterata di emoglobina che non è in grado di legare l’ossigeno e di trasportarlo ai tessuti (si parla di “sindrome del bambino azzurro”).
Le principali fonti dell’inquinamento idrico da nitrati e nitriti includono le attività agricole (fertilizzanti inorganici e concimi naturali), le acque reflue e gli scarichi industriali. Il primo studio con cui si tentò, senza successo, di dimostrare un nesso tra i nitrati e i tumori cerebrali nei bambini risale alla fine degli anni Settanta. Da allora sono state condotte numerose ricerche, tra cui studi epidemiologici in popolazioni che si nutrono di cibi e acque ad alto contenuto di nitrati e nitriti, per capire se ci sia una correlazione tra queste sostanze e l'incidenza dei tumori. I risultati di un’analisi riassuntiva di una cinquantina di studi effettuata dall’Università di Zurigo (Svizzera) hanno dimostrato che non vi è relazione tra nitrati e nitriti nell’acqua e tumori dello stomaco, cervello, esofago e nasofaringe. Non è stata trovata nessuna associazione neppure tra nitrati e tumore della tiroide.
Nella relazione del 2010 dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, basata sulle ricerche scientifiche disponibili, un comitato di esperti ha concluso che “i nitrati o nitriti introdotti con la dieta, in condizioni che favoriscono la formazione dei composti N-nitrosi, potrebbero essere cancerogeni per l’uomo”. Non si tratta di una discrepanza con le altre ricerche, ma solo di un’ipotesi che riguarda una situazione che si potrebbe verificare in condizioni particolari e per cui è difficile raccogliere prove. Per esempio, se in un’area geografica in cui viene distribuita acqua ad alto contenuto di nitrati la popolazione si ammala di tumore più spesso rispetto ad altre zone, allora si può ipotizzare che i nitrati contribuiscano ad accrescere il rischio. È però praticamente impossibile dimostrare il nesso di causa ed effetto, perché le stesse sostanze possono essere introdotte (peraltro a concentrazioni ben più elevate) attraverso vegetali e cibi conservati.
In generale i risultati di molti studi sono equivoci perché contengono alcuni elementi che possono creare confusione. Per esempio, in alcuni casi la qualità dell’acqua è stata valutata nello stesso periodo d’insorgenza di un tumore, anche se le modificazioni del DNA all’origine del cancro avvengono anche decine di anni prima della sua manifestazione. In molti studi, inoltre, non si è considerato l’effetto di altri fattori che possono stimolare la trasformazione dei nitrati in derivati tossici, come la presenza di infezioni batteriche o la concomitante assunzione di farmaci o alimenti.
È bene inoltre ricordare che ricerche di laboratorio indicano che l’esposizione cronica, cioè continua, ai nitrati non provoca tumori, nemmeno a livello gastrointestinale.
A oggi non ci sono evidenze sufficienti che i nitrati, nelle basse concentrazioni presenti nell’acqua, siano cancerogeni. Anche se alcuni studi hanno suggerito un’associazione tra l’ingestione di nitrati e nitriti in gran quantità e alcuni tipi di tumori, non si possono trarre conclusioni certe, soprattutto a causa dei limiti sperimentali. Proprio per l’ambiguità dei risultati che non consentono di avere prove attendibili, la IARC ha applicato il principio di precauzione. Ha quindi incluso i nitrati e i nitriti nel gruppo dei possibili cancerogeni, insieme a moltissime altre sostanze su cui c’è qualche sospetto e nessuna certezza.
È importante comunque sottolineare che l’acqua che esce dai rubinetti in Italia è sicura: i numerosi e frequenti controlli sugli impianti garantiscono infatti qualità e sicurezza da un punto di vista sia chimico sia microbiologico. Per questo l’uso di filtri che eliminino, tra gli altri sali, anche i nitrati, non è necessario. Da sottolineare infine che alcuni filtri possono addirittura aumentare il rischio di contaminazioni batteriche se non sono sostituiti di frequente e che talvolta, se funzionano troppo bene, impoveriscono l’acqua dei minerali di cui il nostro corpo ha bisogno.
Testo originale pubblicato in data 31 luglio 2018
Testo aggiornato pubblicato in data 18 luglio 2024
Agenzia Zoe