Ultimo aggiornamento: 17 maggio 2023
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Max Gerson, l’inventore della cosiddetta terapia che porta il suo nome, esercitò la medicina in Germania nei primi anni del XX secolo, mettendo a punto alcune strategie dietetiche per la cura dell’emicrania. Nel 1936 emigrò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni tedesche contro gli ebrei, e lì nel 1938 ottenne nuovamente la licenza di medico. Nel 1945 pubblicò un articolo in cui descriveva una dieta di sua ideazione. Alla dieta ad alto contenuto di potassio e basso contenuto di sodio, prevalentemente vegetale, andavano aggiunti integratori a base di minerali, vitamine, estratto di fegato, soluzione iodica, estratti tiroidei, enzimi pancreatici e vitamina C. Considerava inoltre necessaria la pratica frequente del clistere a scopo depurativo. Secondo Gerson, il cancro sarebbe provocato da uno squilibrio metabolico e da una intossicazione che tale regime dietetico potrebbe eliminare.
Dopo aver prescritto il suo metodo per alcuni anni, Gerson sostenne di aver ottenuto ottimi risultati, ma già nel 1949 l’American Medical Association dichiarò che non vi erano prove che ciò fosse vero. Nonostante ciò, Gerson continuò a prescriverlo e pubblicizzarlo e, nel 1958, pubblicò un libro che raccoglieva 50 casi clinici, in cui non venivano forniti però né elementi oggettivi di miglioramento (come esami e dati) né informazioni sul metodo usato per selezionare i pazienti e seguirli nel tempo. Nello stesso anno la sua licenza di medico fu sospesa e lui fu radiato dall’ordine dei medici. Morì nel 1959.
Di Gerson e della sua bislacca terapia si sarebbe probabilmente perduta traccia se la figlia Charlotte non avesse fondato, nel 1979, il Gerson Institute, che porta avanti le teorie del padre presso un istituto in Messico. La pratica del metodo è fuorilegge negli Stati Uniti, ciononostante alcuni medici (e non medici) continuano a proporla a pazienti in vari Paesi, Italia compresa. La cosiddetta terapia Gerson è apparsa tragicamente sui media quando una giovane donna è morta per un tumore del sistema linfatico dopo avere abbandonato la chemioterapia per seguire questa pseudo-cura.
Secondo Gerson (e secondo altre teorie pseudo-scientifiche sull’origine dei tumori), il cancro sarebbe un disturbo dell’intero organismo di cui il tumore è solo un sintomo, provocato dall’accumulo di sostanze tossiche. Da qui la proposta di eliminare alcune tossine non meglio specificate, restituendo all’organismo il proprio stato metabolico corretto.
Gerson aveva osservato in alcuni malati una marcata degenerazione del fegato, che peggiorava in genere dopo la chemioterapia. In effetti i problemi al fegato sono comuni nei pazienti oncologici, in quanto molti tumori metastatizzano proprio in quest’organo; inoltre, le terapie anticancro hanno un impatto sulle cellule epatiche, la cui funzione è proprio di eliminare le tossine. Sulla base di questa osservazione, Gerson suggerì una dieta in grado di depurare il fegato dalle tossine prodotte dalle cure e dalle cellule cancerose stesse. La pratica di clisteri di caffè, l’uso di enzimi pancreatici come supplemento e di estratti di fegato crudo (oggi sostituiti da integratori di vitamine del gruppo B e dal coenzima Q10) avrebbero dovuto aiutare la guarigione dell’organo, sempre secondo la teoria.
La cosiddetta terapia Gerson si basa, tra l’altro, su un controllo ossessivo di tutto ciò che viene introdotto nell’organismo. La dieta è vegana per almeno sei settimane, ma solo alcuni vegetali sono consentiti poiché così si controllerebbe l’apporto di sodio (che deve essere basso) e di potassio (che deve essere alto). Non si possono consumare proteine animali, ma sono consentiti alcuni tipi di cereali e l’olio di lino che dovrebbe aiutare il corpo ad assimilare la vitamina A. Nessun altro grasso, nemmeno l’olio di cottura, è ammesso in questa prima fase. Il paziente dovrebbe bere ogni ora, per 13 ore al giorno, un centrifugato di verdure preparato al momento. Non si possono usare pentole o strumenti di alluminio per la preparazione del cibo, che deve avvenire solo in recipienti di ferro. Col tempo vengono reintrodotte alcune proteine animali, in quantità molto limitata e selezionata.
I supplementi nutrizionali (vitamine, minerali, enzimi) sono il secondo pilastro di questa pseudo-cura. Le soluzioni di potassio vengono prescritte con l’idea di aumentare la concentrazione intracellulare di questo minerale, mentre la soluzione di Lugol, che contiene iodio, viene somministrata per aumentare il metabolismo generale, poiché la tiroide, da cui dipende appunto un buon funzionamento del metabolismo, ha bisogno di iodio (il che è vero, ma in genere basta quello contenuto negli alimenti).
Nella formulazione originale Gerson prescriveva anche estratti di fegato di vitello iniettabili, fuori legge dal 1989, in quanto la Food and Drug Administration, ente regolatorio statunitense, ne ha vietato l’uso poiché spesso contaminati da batteri. Questi estratti sono stati sostituiti prima da compresse di fegato essiccato e poi da supplementi di vitamina B12 ed enzima Q10.
I clisteri di caffè o camomilla dovrebbero, secondo Gerson, dilatare i dotti biliari e favorire l’eliminazione della bile, un effetto non dimostrato. La fase iniziale della terapia prevede fino a quattro clisteri al giorno. Secondo alcuni studi, i clisteri di caffè avrebbero un lieve effetto anestetico sul dolore da cancro addominale, il che spiegherebbe perché alcuni pazienti dicano di sentirsi meglio, mentre non ci sono dati che provino la dilatazione dei dotti biliari.
La scelta di una dieta povera di sodio e ricca di potassio era basata sull’osservazione che i pazienti, non appena iniziavano la terapia, eliminavano grandi quantità di sodio con le urine. Gerson, che aveva una formazione come biologo cellulare, aveva notato che le cellule tumorali hanno una concentrazione di sodio intracellulare più elevato rispetto alle cellule sane, e una più bassa di potassio. Ristabilire le concentrazioni normali era, secondo lui, una strategia per curare la malattia.
I sostenitori della pseudo-terapia Gerson fanno inoltre continuo riferimento a “veleni alimentari” che intossicano l’organismo, utilizzando un termine collettivo generico. Non identificano però mai singoli componenti nei cibi o nella bile che, secondo loro, la pseudo-cura dovrebbe trasportare, consentendo l’eliminazione grazie ai clisteri.
Oltre all’ovvio pericolo che si corre abbandonando le terapie scientificamente convalidate per affidarsi a cure prive di efficacia dimostrata, la natura stessa della pseudo-terapia Gerson può essere pericolosa per i malati di cancro.
I clisteri di caffè, per esempio, eliminano grandi quantità di potassio dall’organismo (esattamente il contrario di quanto teoricamente diceva Gerson), col rischio di provocare infezioni, disidratazione, disturbi dell’equilibrio idro-salino (particolarmente pericolosi per chi soffre di cuore, poiché possono portare ad arresto cardiaco e morte). Il ricorso prolungato a clisteri può inoltre indurre la perdita di tonicità della muscolatura intestinale, con conseguente incontinenza o, viceversa, stitichezza, con comparsa di infiammazione e colite.
La dieta può indurre stanchezza e vertigini, crampi addominali, febbre e sudorazione.
Se alcuni elementi di questo regime alimentare (come un aumento nel consumo di frutta e vegetali e la riduzione delle proteine animali e dei grassi) potrebbero avere qualche effetto positivo, tutti gli altri elementi non possono che produrre effetti deleteri e certamente non anticancro, dato che l’efficacia non è dimostrata. In più, la dieta proposta è molto sbilanciata e può col tempo portare a gravi squilibri e carenze che, invece di rafforzare le difese dell’organismo, così come affermava Gerson, le indeboliscono rendendo il corpo inerme nei confronti della malattia.
Non solo la terapia Gerson non è in grado di curare il cancro, ma sottoporsi alle pratiche previste da questo metodo può causare effetti collaterali anche gravi. Max Gerson è stato radiato dalla professione medica per avere promosso questo metodo scientificamente non valido.
Agenzia Zoe