Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023
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L’Aloe vera è una pianta molto comune anche in Italia: le sue foglie spesse e carnose la fanno assomigliare a un cactus, ma dal punto di vista della classificazione botanica è molto più simile all’aglio e alla cipolla. Nel genere Aloe esistono moltissime specie, di cui la più nota è senza dubbio la vera. I prodotti derivati più comuni sono il gel contenuto nella parte centrale della foglia e una sostanza chiamata lattice che si trova invece immediatamente sotto la parte verde ed esterna della foglia. Il succo che deriva dalla foglia intera contiene quindi entrambe le sostanze.
I derivati di questa pianta sono noti sin dall’antichità come rimedio per piccoli problemi di salute, soprattutto legati alla pelle o alla stipsi. Se ne parlava già in Mesopotamia, circa 2.000 anni prima di Cristo, nell’Egitto dei Faraoni e tra gli antichi greci e romani. La proprietà più apprezzata dai medici del passato era senza dubbio l’effetto cicatrizzante, che rendeva l’Aloe vera adatta a curare piccole ferite, escoriazioni e bruciature. Nel tempo la pianta ha assunto un ruolo importante anche come antibatterico e lassativo. Nel diciassettesimo secolo veniva venduta in tutta Europa dai principali produttori spagnoli e olandesi che sfruttavano le isole caraibiche, come Barbados e Curaçao, per la sua produzione. A partire dagli anni Venti del secolo scorso, la coltivazione della pianta per uso commerciale cominciò anche negli Stati Uniti, in particolare in Florida, per poi diffondersi in molte altre aree del mondo. Più recentemente, attorno agli anni Settanta, i derivati dell’Aloe hanno cominciato a essere utilizzati anche in cibi, bevande e in prodotti cosmetici.
Un rimedio popolare ben noto quindi, ma come nasce l’idea che l'Aloe vera possa curare il cancro? Uno dei principali sostenitori di questa teoria, mai dimostrata da studi scientifici negli esseri umani, è padre Romano Zago. Francescano nato in Brasile nel 1932, descrisse in una sua pubblicazione le proprietà quasi "miracolose" di questa pianta, in particolare della specie arborescens, diversa dalla vera, che secondo lui era capace di curare rapidamente anche i tumori in fase avanzata. La pubblicazione fece scalpore e diede il via a numerosi studi scientifici, che però non permisero di ottenere risultati convincenti e non riuscirono quindi a dimostrare la teoria.
Anche se a oggi non ci sono prove dell’efficacia dell’Aloe vera nella prevenzione o nella cura del cancro, alcuni ricercatori stanno valutando con attenzione gli effetti sull’organismo di alcune delle sostanze contenute in questa pianta e i meccanismi molecolari che li determinano. Prima di descrivere tali molecole è importante però sottolineare che molti degli studi finora effettuati, che hanno fornito in alcuni casi risultati interessanti, sono stati condotti solo in cellule isolate e animali di laboratorio, mai ancora in esseri umani. Questo significa, in pratica, che i dati oggi disponibili non sono sufficienti ad affermare che le sostanze studiate siano efficaci e sicure anche nelle terapie umane.
Di fronte ai numerosi composti attivi presenti nell’Aloe vera, l'attenzione degli esperti si concentra soprattutto su alcune molecole capaci di influenzare il sistema immunitario, come riportato dai ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center.
Tra questi composti ricordiamo l’acemannano, che in esperimenti di laboratorio è in grado di stimolare la produzione di molecole chiamate citochine, o l’aloeride, un forte stimolante del sistema immunitario. L’emodina contenuta nelle foglie di Aloe vera blocca in laboratorio la crescita di cellule tumorali di fegato e ne stimola l’apoptosi, ovvero il processo di "morte programmata", fondamentale nella lotta contro il cancro perché permette all'organismo di eliminare le cellule tumorali. Alcuni studi con cellule in coltura hanno dimostrato in particolare che l’emodina è efficace contro le cellule dei tumori della testa e del collo e inoltre del fegato. Infine il DEHP, sigla che indica il di(2-etilesil)ftalato, contrasta la crescita delle cellule tumorali e ha un effetto modulante sul sistema immunitario.
Uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista BMC Chemistry a fine 2020 ricorda inoltre che oggi solo poche specie di Aloe (in particolare A. vera e A. arborescens) sono utilizzate dall’industria farmaceutica e cosmetica, ma esistono molte altre specie di Aloe, ciascuna ricca di composti bioattivi differenti, tra i quali per esempio sostanze antiossidanti.
Sono molti gli studi condotti per capire se l’Aloe vera e i suoi derivati siano in grado di eliminare o almeno ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti oncologici classici, in particolare chemio- e radioterapia. Nel 2019 sono stati pubblicati sulla rivista Complementary Therapies in Clinical Practice i risultati di una ricerca che ha preso in considerazione gli studi che valutavano la capacità dell’Aloe vera di prevenire i danni della radioterapia a livello della cute. Secondo l’analisi, l’Aloe vera sembra non essere efficace contro gli effetti collaterali della radioterapia usata nel trattamento del tumore del seno, mentre sembra portare beneficio nel caso dell’infiammazione acuta della mucosa del retto (proctite) che si può presentare dopo alte dosi di radiazioni. Insomma, i risultati sull’efficacia dell’Aloe vera per limitare gli effetti collaterali della radioterapia sono ancora contraddittori.
Per quanto riguarda invece la prevenzione della mucosite, un problema della bocca piuttosto comune per chi si sottopone a chemioterapia, una revisione Cochrane datata 2011 include derivati dell’Aloe vera tra le sostanze in grado di prevenire o ridurre il disturbo associato ai trattamenti antitumorali. Questo risultato è stato recentemente confermato da una metanalisi i cui risultati sono stati pubblicati nel 2021 su Clinical Oral Investigations.
In termini di effetti dell’Aloe (e dei composti in essa contenuti) sulla crescita cellulare, al momento non è stato ancora possibile replicare negli esseri umani i dati ottenuti con colture di laboratorio.
In una revisione della letteratura, apparsa nel 2022 sulla rivista Pharmaceutics, gli autori discutono di un possibile utilizzo di nanomateriali di carbonio in associazione con l’Aloe vera (o meglio con alcuni composti ritrovati nella pianta) per i tumori e in particolare nel melanoma. L’articolo mette in risalto come questo campo di ricerca possa essere esplorato negli studi futuri, ma tenendo conto dei numerosi problemi e incertezze, per esempio legati ai tipi di composti dell’Aloe.
Sulla scia delle teorie che vedono l’Aloe vera come trattamento anticancro, nel 1996 un’azienda statunitense ha cominciato a produrre e a immettere sul mercato un concentrato noto con il nome di T-UP. Ingerito per via orale o iniettato per via intravenosa, veniva presentato come terapia per cancro, AIDS, herpes e alcune malattie autoimmuni. Dopo pochi anni le autorità sanitarie hanno bloccato la vendita di questo prodotto e l’azienda è stata accusata di frode, vendita di farmaci non approvati e cospirazione. Le affermazioni diffuse con il prodotto erano infatti false e potevano essere molto fuorvianti per i pazienti. Talvolta le iniezioni del composto hanno avuto effetti fatali, provocando la morte.
Oltre a queste reazioni particolarmente gravi, non bisogna dimenticare che i principi attivi contenuti nell’Aloe vera possono causare disturbi molto fastidiosi. Capsule, compresse e succo in forma liquida possono provocare problemi intestinali come diarrea, dolore addominale, nausea e vomito. Sono dovuti soprattutto alla presenza di antrachinoni, molecole con potente azione lassativa, mentre chi assume già farmaci o altri supplementi a base di erbe deve prestare attenzione alle interazioni. Capita infatti che i derivati dell’Aloe vera interferiscano con altri principi attivi, causando per esempio problemi alla coagulazione del sangue.
Anche se decisamente meno comuni, si possono verificare reazioni allergiche a gel e creme a base di Aloe vera soprattutto se utilizzati per periodi molto lunghi: sono più a rischio coloro che già sanno di essere allergici a cipolla, aglio, tulipani e piante simili. Si ricorda inoltre che per le donne in gravidanza è consigliabile non utilizzare l’Aloe vera, così come numerose altre piante medicinali.
Infine, ma non per questo meno importante, non bisogna dimenticare che in una monografia dedicata a “Farmaci e prodotti di origine vegetale”, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione afferma che ci sono dati sufficienti per dimostrare l’effetto cancerogeno dell’estratto di foglia intera di Aloe vera negli animali. Mancano i dati negli esseri umani, ma l’Agenzia classifica comunque questo estratto nel gruppo 2B, ovvero un possibile cancerogeno per l’uomo.
Ha fatto da spartiacque la decisione della Commissione Europea dell’8 aprile 2021 che ha vietato l’uso di alcuni integratori alimentari a base di Aloe e di altre piante, spesso utilizzati per le proprietà lassative. In particolare il divieto riguarda i derivati dell’idrossiantracene, sostanze presenti naturalmente nelle foglie di alcune specie di Aloe, ma anche nella senna, nel rabarbaro e nella cascara.
Secondo le considerazioni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA): “L’Autorità ha riscontrato che i derivati dell’idrossiantracene aloe-emodina ed emodina e la sostanza strutturalmente analoga dantrone si sono dimostrati genotossici in vitro [cioè in grado di modificare la struttura del DNA]. Anche gli estratti di Aloe si sono dimostrati genotossici in vitro, molto probabilmente a causa della presenza di derivati dell’idrossiantracene. L’aloe-emodina si è inoltre dimostrata genotossica in vivo. L’estratto totale di Aloe e l’analogo strutturale dantrone si sono rivelati cancerogeni”. Da notare come si parli di estratto totale di Aloe, e non solo del gel contenuto nella parte più interna della foglia, e di come la limitazione riguarda una sua eventuale assunzione per via orale. La decisione tuttavia rappresenta il punto di arrivo di un processo durato a lungo.
Già nel 2013 l’EFSA aveva concluso che i derivati dell’idrossiantracene negli alimenti possono migliorare le funzioni intestinali, ma allo stesso tempo ne aveva sconsigliato l’uso e il consumo prolungato a dosi elevate proprio a causa di alcuni potenziali problemi per la sicurezza. Da lì, l’EFSA rispose alle preoccupazioni degli Stati membri dicendo che alcuni derivati dell’idrossiantracene sono genotossici e, sulla base di studi condotti con animali, alcune sostanze possono provocare il cancro all’intestino. “Tali conclusioni sono in linea con precedenti valutazioni delle fonti vegetali di tali sostanze, effettuate da altri organismi europei e internazionali, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Agenzia europea dei medicinali e, più di recente, l’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio” aveva precisato l’EFSA.
A oggi non esiste alcuna dimostrazione scientifica dell’efficacia di questa pianta come terapia anticancro. Sospendere le terapie prescritte dall’oncologo e assumere al loro posto derivati dell’Aloe vera può essere una decisione molto pericolosa per la salute.
Gel e altri derivati dell’Aloe vera sono utilizzati in molte preparazioni cosmetiche e alcuni studi di laboratorio suggeriscono che applicare sulla pelle il gel derivato dalla pianta non sia pericoloso e possa contribuire alla cura di piccole ferite o ustioni leggere.
Molta attenzione va inoltre prestata a capsule e sciroppi contenenti Aloe vera, che possono causare effetti collaterali anche gravi o interferire con le terapie farmacologiche in corso, e agli integratori alimentari a base di Aloe. Infatti alcune sostanze presenti nell’estratto totale di Aloe e in altre piante sono genotossiche e cancerogene e per questo sono state vietate dalla Commissione Europea dal 2021.
Agenzia Zoe