Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023
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Gli additivi sono sostanze aggiunte agli alimenti per prolungarne la conservazione, preservarli da contaminazioni microbiche e decomposizione, e migliorarne il sapore, il colore e la consistenza, in particolare nei cibi industriali.
Gli additivi si classificano in base allo scopo per cui si utilizzano. I conservanti rallentano la proliferazione di microbi, gli antiossidanti l’irrancidimento. Vi sono poi additivi utilizzati per migliorare le caratteristiche sensoriali e la consistenza degli alimenti: coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità. Infine, alcuni additivi, come gli antiagglomeranti, facilitano la lavorazione degli alimenti ma non hanno una funzione nel prodotto finale.
Esistono numerose sostanze che vengono impiegate come additivi alimentari; la Food and Drug Administration (FDA) americana ha approvato l’uso alimentare di oltre 3.000 molecole, molte delle quali sono utilizzate anche come additivi. Tante si trovano in natura e sono sfruttate proprio per le loro caratteristiche, altre sono di origine naturale e sono modificate in laboratorio per ottimizzare le proprietà, altre ancora sono additivi di sintesi.
Tra gli additivi di origine naturale troviamo alcune vitamine e nutrienti importanti per la salute: la vitamina C, o ascorbato (E300), e i derivati (E301, E302, E303) sono utilizzati come antiossidanti; il licopene (E160d), presente nel pomodoro, le antocianine (E163), abbondanti nei frutti di bosco, la vitamina B2, o riboflavina (E101), e la curcumina (E100) sono invece usati come coloranti. Glutammato (E620) e glicina (E640), due amminoacidi presenti normalmente nelle proteine, vengono impiegati come esaltatori di sapidità, mentre l’acido citrico (E330), contenuto nei limoni, è un comune regolatore di acidità. Tra gli addensanti troviamo la pectina (E440), che viene comunemente utilizzata anche nella cucina domestica, per esempio per fare le marmellate.
Tutti gli additivi a uso alimentare subiscono un lungo processo di valutazione della loro sicurezza. In Europa, la valutazione viene effettuata dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e gli additivi autorizzati sono identificati dalla lettera E seguita da un numero. Altri organi di controllo internazionali sono il Joint Expert Committee on Food Additives (JECFA) dell'Organizzazione per l’alimentazione e per l'agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
La lista degli additivi alimentari consentiti nei vari Paesi è costantemente aggiornata sulla base delle nuove evidenze scientifiche. Per esempio, il biossido di titanio (E171), un pigmento usato per aggiungere o ravvivare il colore degli alimenti, è stato cancellato dalla lista degli additivi alimentari utilizzabili in Europa dopo che una valutazione dell’EFSA del 2021 aveva stabilito che non è sicuro. Gli esperti dell’EFSA hanno esaminato tutti gli studi fatti su questa sostanza e hanno concluso che, sulla base delle informazioni disponibili, non è possibile escludere che le particelle di biossido di titanio più piccole si accumulino nell’organismo e siano genotossiche (ossia causino danni al DNA). Non essendo possibile stabilire una dose giornaliera accettabile (DGA), l’EFSA non considera più l’E171 sicuro come additivo alimentare. Il regolamento dell’Unione europea 2022/63 ha pertanto bandito il biossido di titanio a scopo alimentare, anche se questa molecola è ancora utilizzabile nelle vernici, nei farmaci e nei cosmetici.
A oggi le ricerche non hanno mostrato, in generale, una correlazione tra lo sviluppo di tumori e il consumo di additivi in quantità limitate. Fanno eccezione i nitriti e i nitrati, usati come conservanti in particolare in carne e insaccati, a causa delle modificazioni che possono subire all’interno dell’organismo e che possono convertirli in sostanze cancerogene.
I nitrati e i nitriti vengono utilizzati come conservanti e aggiungono sapore e colore alle carni lavorate. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), organo dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha classificato i nitrati e i nitriti ingeriti come probabilmente cancerogeni per gli esseri umani (Gruppo 2A).
I nitrati e i nitriti di per sé non sono cancerogeni, ma possono andare incontro, sia a causa dell’azione del metabolismo sia attraverso la cottura, a una serie di trasformazioni chimiche che li convertono in N-nitrosammine, composti che sono invece considerati cancerogeni.
I nitrati si trovano naturalmente in diversi alimenti, tra cui le verdure (bietole, sedano, rape, spinaci), e nell'acqua potabile. Di per sé, i nitrati sono innocui. Possono però essere convertiti in nitriti dall’azione delle ghiandole salivari nella bocca. I nitriti, a loro volta, possono combinarsi con altre molecole, le ammine, presenti negli alimenti ricchi di proteine come carne, salumi, formaggi, a formare le N-nitrosammine, che sono invece cancerogene.
La formazione di nitrosammine avviene spontaneamente nell’organismo umano: nell’ambiente fortemente acido dello stomaco i nitriti si convertono in acido nitroso, che a sua volta si combina facilmente con le ammine a dare le nitrosammine. Anche la cottura ad alte temperature, come la frittura, favoriscono la conversione di nitriti in nitrosammine.
I nitriti sono utilizzati come conservanti perché sono essenziali a impedire lo sviluppo di microorganismi patogeni potenzialmente molto pericolosi, tra cui il Clostridium botulinum che causa il botulismo.
Le attuali norme che regolano l’uso dei nitriti come additivi alimentari sono basate sul principio che consente il loro utilizzo in piccole quantità per i cibi in cui il rischio per la salute di una possibile contaminazione da botulino è molto maggiore del rischio di aumentare la probabilità di tumore. In ogni caso, la quantità massima di nitriti ammissibile per la legge italiana è di 150 milligrammi per chilogrammo di prodotto alimentare.
L’assunzione alimentare prolungata di grandi quantità di nitriti è associata a un aumento del rischio di sviluppo del cancro allo stomaco e all'esofago. Andrebbero quindi evitati o fortemente ridotti i cibi contenenti nitrito di potassio (E249), nitrito di sodio (E250), nitrato di sodio (E251) e nitrato di potassio (E252), presenti soprattutto nella carne in scatola, negli insaccati e nelle carni lavorate. Da notare che alcuni antiossidanti, come la vitamina C (E300) e suoi derivati, l’ascorbato di sodio (E301) e l’ascorbato di potassio (E303), inibiscono la formazione di nitrosammine da nitrati e nitriti e per questo vengono spesso sfruttati in abbinamento nell’industria alimentare.
La stragrande maggioranza degli additivi utilizzati nella preparazione dei cibi nell'industria alimentare non costituisce un pericolo per la salute umana e per il rischio di cancro. Fanno eccezioni i nitrati e i nitriti, utilizzati soprattutto nella conservazione di carni e insaccati: di per sé non sono pericolosi, ma possono essere convertiti dal metabolismo in nitrosammine, composti cancerogeni che, se in eccesso, possono aumentare il rischio di tumori gastrici e all’esofago. È consigliabile quindi evitare alimenti che contengono nitriti e nitrati, preferendo carni fresche, o riducendone il consumo a favore di una dieta più ricca di frutta e verdura che contengono antiossidanti e vitamine, inibitori della formazione delle nitrosammine.
Agenzia Zoe