La fase della diagnosi: le reazioni più comuni

“In un secondo, tutto quello che ero la professionista, la figlia, la mamma è sparito e io sono diventata una cosa sola: una paziente oncologica. È stato come essere catapultata in un buco nero, come prendermi una serie di pugni in faccia che non avevo visto arrivare.”

 

“Il giorno della diagnosi mi sono sentita come risucchiata al centro della Terra. Sola, indifesa, smarrita come un neonato il primo giorno di vita.”

 

“Ho sempre condotto una vita sana e mai mi sarei aspettata una diagnosi di tumore. È stato uno shock che mi ha mandata nel panico, come fossi precipitata in un abisso che non sapevo come affrontare e che mi spaventava molto.”

Come per ogni evento difficile della vita, la risposta psicologica e in particolare emotiva alla comunicazione di una diagnosi di tumore è soggettiva. Ci sono, però, reazioni molto frequenti, comuni a gran parte dei pazienti, come raccontano le testimonianze di Valentina, Cristina, Carolyn: tre donne colpite dal tumore al seno che hanno dato voce alla loro esperienza nel podcast Tits up.

 

Non ci sono modi giusti o sbagliati di reagire a una diagnosi di tumore. Esistono però strategie per gestire al meglio pensieri ed emozioni durante il percorso della malattia e delle terapie, come raccontiamo in questa sezione del sito.

I primi pensieri

Inutile negarlo: nell’immaginario collettivo, il tema del tumore è sempre strettamente collegato a quello della morte, anche se per molte forme di cancro esistono oggi ottime possibilità di trattamento e cura. Quando arriva la diagnosi, l’idea di una possibile, imminente fine della propria vita è la prima ad affacciarsi nella mente dei pazienti. Con il passare dei giorni, però, possono farsi strada altri pensieri e preoccupazioni, come quella di provare dolore o sofferenza, di non riuscire più a prendersi cura dei propri cari o a mantenere lo status professionale, o addirittura di perdere il lavoro. E ancora: altri timori riguardano i possibili cambiamenti del proprio aspetto in seguito alla malattia e alle terapie. Dimagrirò? Perderò i capelli? Dovrò subire un intervento al seno? Non sono affatto preoccupazioni superficiali, perché da un lato questi mutamenti possono influire sull’idea che abbiamo di noi stessi, dall’altro rendono evidente il proprio stato di paziente oncologico, imponendo di condividere la notizia a livello sociale.

Le prime emozioni e le reazioni successive

Shock, incredulità, spaesamento, sensazione di aver perso completamente il controllo: molto spesso sono queste le prime reazioni emotive a una diagnosi di tumore. In una seconda fase subentrano invece rabbia (verso la malattia stessa, con la classica domanda “Perché proprio a me?”, ma anche verso i medici, i familiari, talvolta verso Dio, se si è credenti), ansia, depressione. La reazione può anche essere di chiusura, di isolamento: non avere più voglia di uscire, di andare al lavoro, di vedere gli amici. La terza fase è quando si comincia a elaborare la situazione, con una riflessione più razionale sui cambiamenti intervenuti nella propria vita, e a mettere in atto strategie per affrontare tali mutamenti. Queste strategie non saranno per forza positive e funzionali: in alcuni casi potrebbero di fatto peggiorare la situazione (per esempio estremizzando l’isolamento), ma sono aspetti sui quali si può lavorare con un adeguato sostegno psicologico.

I fattori che contribuiscono a influenzare le reazioni alla diagnosi

La reazione alla diagnosi di tumore è soggettiva, perché dipende dalla combinazione di vari fattori. Vediamoli insieme:

  • Personalità dei pazienti. Ciascuno di noi, per temperamento, reagisce diversamente agli eventi stressanti. Ci sono persone che per natura sono meglio predisposte ad affrontarle e superarle e altre che, al contrario, sono meno pronte a mettere in atto meccanismi adattativi e di difesa.
  • Situazione personale. Le condizioni di vita al momento della diagnosi che possono influenzare il modo in cui viene vissuta. Tra queste: poter contare o meno su una famiglia solida e accogliente e su amici fidati; avere una situazione lavorativa accogliente, indifferente o addirittura ostile; avere o meno un’adeguata stabilità psicologica. Conta inoltre il momento della vita in cui si viene colpiti dalla malattia. Particolarmente fragili da questo punto di vista sono i genitori con figli piccoli, che hanno dato per scontato di poter sempre accompagnare il cammino dei propri bambini, ma si trovano improvvisamente di fronte un futuro in cui, invece, potrebbero non esserci o esserci con difficoltà.
  • Storia individuale. La reazione alla diagnosi può essere diversa per chi non ha mai avuto contatti diretti con un tumore rispetto a chi ha invece avuto casi di malattia in famiglia, e magari ha visto congiunti soffrire per la stessa patologia oncologica.
  • Caratteristiche della malattia. Il cancro non è un’unica malattia: ne esistono centinaia di forme anche molto differenti, pure quando la sede in cui hanno origine è la stessa. Possono variare la gravità, i sintomi, i tipi di trattamento. Alcuni tumori sono noti per essere più facilmente trattabili, mentre per altri si sa che le opzioni terapeutiche efficaci a disposizione sono ancora limitate. Tutti questi elementi propri della malattia possono naturalmente influenzare il modo in cui viene accolta la diagnosi.
  • Eventuale significato attribuito alla malattia. È piuttosto frequente cercare un significato recondito nelle esperienze che viviamo e lo stesso può accadere con una diagnosi di tumore. La malattia può essere intesa da alcuni come una sorta di punizione per comportamenti passati vissuti come colpe. Può essere sentita come una perdita di identità (personale, professionale, sociale) o come l’espressione dell’indebolimento del proprio corpo. Può essere presa come una sfida da vincere o un’occasione di crescita personale. Non sempre queste percezioni corrispondono al vero. Per esempio, un tumore non è mai né una punizione né una colpa, e superare o meno un tumore non è né una vincita né una perdita. Tuttavia, la reazione psicologica ed emotiva può essere differente, a seconda del significato che diamo al tumore.

In conclusione, sentirsi dire di avere un tumore è spesso uno “tsunami” psicologico e in particolare emotivo, ma la buona notizia è che molti pazienti riescono a trovare in sé le risorse per affrontare questo sconvolgimento, anche grazie a una serie di strategie che approfondiamo in questa sezione del sito.

  • Valentina Murelli

    Dopo una laurea e un dottorato di ricerca in biologia, ha deciso di mettersi a raccontare la scienza diventando giornalista e science writer freelance. Si occupa in particolare di ricerca oncologica e nell'ambito delle malattie genetiche rare e di salute riproduttiva. Per lo più scrive, ma si diverte molto con la conduzione di webinar e dirette social.
  • Articolo pubblicato il:

    11 dicembre 2023